Milano – Rosate – Cascina Paù IL BARBIERE DI SIVIGLIA – Giovanni Paisiello
Anche noi, milanesi D.O.C. o piuttosto acquisiti, ed ospiti di passaggio, da qualche anno possiamo vantarci di avere la nostra Glyndebourne. L’East Sussex ha trovato il suo equivalente in terra lombarda, presso la Cascina Paù, nelle ridenti campagne che circondano Gaggiano, nei pressi del comune di Rosate. La dottoressa Maria Candida Morosini – guai a chiamarla col titolo di contessa – essendo la gentile e generosa padrona di casa, né più e nemmeno di quanto lo siano dal 1934 Sir John Christie ed i suoi discendenti. E quando si dice che va fatta “Santa subito”, non si esagera: tant’è che lo hanno ben compreso le autorità locali, i sindaci di Rosate, Gaggiano e Corana che le hanno conferito la maggior onorificenza: La Rosa d’Oro, per il suo disinteressato impegno in campo culturale e, specificamente, musicale.
Fata Madrina della compagnia VoceAllOpera, nel ricordo del compianto figlio Francesco scomparso tragicamente e prematuramente, la Dottoressa ne sostiene sin dagli albori la causa e gli sforzi contribuendo generosamente e con l’entusiasmo dell’eterna ragazzina, al giovanile evolversi di una compagnia formata in gran parte da under 30 e che la ricambia con altrettanta passione ed affetto. L’appuntamento è ormai giunto alla quarta edizione e dopo la Traviata è stata la volta del Barbiere di Rossini, poi L’elisir d’amore ed ora, una autentica rarità, Il barbiere di Siviglia, sì, ma di Giovanni Paisiello. Si tratta, in realtà, della ripresa dello spettacolo ideato da Gianmaria Aliverta lo scorso autunno e qui proposto in una versione ridotta, ma perfetta per le esigenze di un’opera sull’aia, coi costumi di Sara Mannucci e l’aiuto dei sue due assistenti “storici”, Vittorio Dante Ceragioli e Luisa Travaglini. L’orchestra da camera è stata sostituita dalla tastiera affidata al bravissimo Maestro Fabio Maggio ed il cast è stato praticamente lo stesso, ove si escluda il protagonista che in quest’occasione ha visto sulla rustica scena esibirsi il bravissimo basso-baritono Jaime Pialli, di cui si sono tessute già le lodi per il recente Dulcamara al Teatro Coccia di Novara e che, sebbene inserito last-minute nel team di questa brillante e giocosa versione, ha dimostrato di essere un autentico animale di palcoscenico, accaparrandosi immediatamente le simpatie del pubblico, accorso in gran quantità e superando di gran lunga le presenze previste. Alcune persone sono salite pure sul granaio, trasformandolo in una sorta d’improvvisato loggione. E fortuna che si è trattato di una festa privata, sebbene aperta a tutti e senza sbigliettamento, poiché altrimenti di sicuro qualche solerte funzionario ne avrebbe negato l’agibilità. Detto ciò, il numero di trecento persone – quante si contarono all’inaugurazione del Festival di Glyndebourne nel 1934 – è stato, ad occhio e croce, abbondantemente superato.
Oltre a Pialli, abbiamo ritrovato il fascino e seducente, anche e soprattutto vocale, del Conte di Almaviva del tenore valenciano Nestor Losan, la pepata Rosina del soprano Graziana Palazzo, il perfetto Don Bartolo, che in questo Barbiere assurge ad un ruolo di totale protagonismo, dell’ottimo baritono Luca Simonetti ed il non meno centrato Don Basilio del basso Luca Vianello. Spiritosissimi si sono confermati tanto lo Svegliato, in preda alla stranutiglia e poi, pure, Notaro impersonato dal tenore Gabriele Faccialà quanto lo sbadigliante Giovanotto e quindi Alcalde di Maurizio De Valerio. Tra il pubblico, oltre ad una delegazione di critici in trasferta tra cui l’impiccione, Paolo Ruta direttore del Festival Paisiello di Taranto, dove verrà ripreso proprio questo Barbiere, nell’allestimento di VoceAllOpera, i prossimi 25 e 26 settembre.
Finita l’opera con scroscianti applausi, ripetute chiamate al proscenio tra grida di “bravi!”, la festa è continuata – e lì sta il suo “bello e buono” – nel bellissimo giardino, sotto le fresche frasche al fresco, dove sotto la pergola è stato approntato un buffet ricco e generoso di ottime specialità genuine e locali, sia di manicaretti e dolci, che di formaggi e salumi, abbondantemente innaffiati da vini di tutti i colori. E lì, sinceramente, si è perso il conto dei partecipanti… Glyndebourne? Ma mi faccia il piacere! Molto meglio la Cascina Paù.
Andrea Merli
fotografia: Gianpaolo Parodi