Festival Castell Peralada 2016 CONCERTO CONTROTENORE XAVIER SABATA

Festival Castell Peralada 2016 CONCERTO CONTROTENORE XAVIER SABATA

Festival Castell Peralada 2016

CONCERTO CONTROTENORE XAVIER SABATA

Cappella Cracoviensis, diretta da Jan Tomasz Adamus.

Chiesa del Carmine, 7 agosto.

 

Ultimo appuntamento “classico” al Festival Castell Peralada – gli appuntamenti continuano con manifestazioni musicali e di danza d’altro genere – alla Chiesa del Carmine con il controtenore Xavier Sabata, gloria locale che negli anni si è guadagnato fama nel mondo del barocco.

Personalmente, non mi nascondo certo dietro un dito, non amo particolarmente il genere e lo frequento con prudenza e parsimonia, poiché considero che in mezzo ad indubbi valori musicali ed artistici si spacci la mediocrità, scambiando sferragliamento e stonature di strumenti “originali” e vocalità modeste, fisse, calanti, senza proiezione alcuna, per la chimera di un canto che vive nella fantasia di molti “studiosi”, ma di cui, nella pratica, è assai arduo dimostrarne l’autenticità.

Sabata, in Catalogna e nello specifico a Peralada, ha tanti seguaci: ha ottenuto un successo con punte di entusiasmo e di ciò gliene va dato atto.

Ciò nonostante durante il concerto, dedicato alla figura di Alessandro Magno “l’uomo che ha conquistato il mondo” si specifica sul programma di sala, è serpeggiata la noia, quando non lo sbadiglio. Voce non particolarmente dotata nè bella la sua, costruita e scarsa di proiezione, non essendo quella di un sopranista – non è questa la sede per scendere in dettagli tecnici – è pure limitata nell’estensione, risultando prossime al grido le ascese all’acuto, dove il timbro tende ulteriormente a perdere qualità.

Ci si attenderebbe un’agilità sfavillante, poichè il canto barocco dovrebbe quanto meno stupire: senza tirare in ballo il “mostro” Cecilia Bartoli, Franco Fagioli, giusto per fare un esempio “umano”, docet. Senza invocare paragoni impossibili, la scelta del repertorio, tolte due arie di “agitate” a chiusura delle due parti del concerto, è stata indirizzata a brani “spianati” nel canto, in tempo prevalentemente adagio, quando non lento; nemmeno animate da quella tensione che la striminzita Cappella Cracoviensis, ridotta a soli a cinque strumenti a cui si è sommato il cembalo piuttosto prevaricante suonato dal direttore Jan Tomasz Adamus, non è stata in grado di garantire.

Altro ostacolo insormontabile, almeno per noi italiani in un repertorio dove la parola cantata dovrebbe farla da padrona e dove si dovrebbe intendere ogni singola sillaba, la dizione ingarbugliata e slentata nella ricerca dei suoni.

I brani eseguiti, alcuni solo orchestrali, erano degli autori Agostini Steffani, Giovan Battista Bononicini, Francesco Mancini, Giovan Battista Pescetti, Carl Heinrich Graun, Leonardo Vinci, Leonardo Leo, risultando i più vivaci, ovviamente, quelli di Haendel tratti dalle opere Poro, Alessandro e Scipione. Ma proprio in questi brani più noti i limiti di Xavier Sabata son parsi più evidenti. Detto ciò, sia chiaro: nel mondo dei ciechi beato chi ha un occhio. Piaciuto è piaciuto, successo lo ha avuto e quindi tutti a casa felici e contenti.

Andrea Merli

 

 

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