BERGAMO: Zoraida di Granata – Gaetano Donizetti, 16 novembre 2024

BERGAMO: Zoraida di Granata – Gaetano Donizetti, 16 novembre 2024

Festival Donizetti 

ZORAIDA DI GRANATA

Gaetano Donizetti

Melodramma eroico di Bartolomeo Merelli e  Jacopo Ferretti (versione rinnovata)
Musica di Gaetano Donizetti
Prima rappresentazione: Teatro Argentina, Roma, 7 gennaio 1824 (versione rinnovata)
Edizione critica a cura di Edoardo Cavalli © Fondazione Teatro Donizetti
Progetto #Donizetti200


Direttore d’orchestra  Alberto Zanardi
Regia Bruno Ravella

personaggi e Interpreti:

  • Almuzir Konu Kim
  • Zoraida Zuzana Marková
  • Abenamet Cecilia Molinari
  • Almanzor Tuty Hernàndez *
  • Ines Lilla Takács *
  • Alì Zegri Valerio Morelli *

* Studenti della Bottega Donizetti

Interpreti Giorgio Maffeis, Samuele Migone, Nadia Mentasti, Matilde Piantoni

Scene e costumi Gary McCann
Disegno luci Daniele Naldi
Assistente costumi Gabriella Ingram
Assistente regia Filippo Rotondo
Assistente di scena Gloria Bolchini
Assistente luci Paolo Bonapace
Maestro d’armi Carmine De Amicis

Orchestra Gli Originali
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del coro Salvo Sgrò

Nuova produzione della Fondazione Teatro Donizetti in coproduzione con Wexford Festival Opera

 

Teatro Sociale, 16 novembre 2024


photo © Gianfranco Rota

Zoraida di Granata è la prima incursione di Donizetti nel genere “serio”, non avendo ancora compiuto 25 anni. Opera giovanile in forte debito nei confronti dei compositori che lo circondavano, a partire dal suo maestro Simone Mayr e dal più acclamato all’epoca, un certo… Rossini! Eppure Donizetti mostrò fin dall’inizio una forte personalità: non “copiava”, emulava la lezione dell’uno e lo stile dell’altro. È così, tra due titoli così rappresentativi come sono Roberto Devereux e Don Pasquale proposti in questo Donizetti Festival 2014, Zoraida fatica ad avere un’identità ben precisa, anche se, per le due ore e mezza di durata, le melodie, le arie di puro “belcanto”, si susseguono in gradevole successione.

photo © Gianfranco Rota

Certo, non tutte le oltre settanta opere del Bergamasco possono essere considerate dei capolavori ed è obbligo istituzionale del Festival presentare l’intero catalogo donizettiano. A complicare le cose di Zoraida di Granata, la cui azione è ambientata a Granada nel 1480 prima della “Reconquista”, in un clima di lotte intestine tra Abencerrages e Zegries, esistono due versioni: la prima del 1822 su libretto di Bartolomeo Merelli e la seconda del 1824, ampliata da Donizetti adattando la parte di Abenamet, inizialmente per tenore, alla voce di contralto, con la revisione del libretto di Jacopo Ferretti. L’allestimento proposto al Teatro Sociale di Bergamo Alta proviene dalla cittadina irlandese di Wexford, dove un anno fa venne proposta la versione del ’22; ora abbiamo potuto assistere al quella del 1824, sicuramente più interessante.

photo © Gianfranco Rota

Dal punto di vista scenico, si è scelto di collocare l’opera durante la guerra civile che nei primi anni ’90 assoló e divise l’ex Jugoslavia, facendo riferimento a Sarajevo e alla biblioteca costruita nel secolo XIX in stile moresco, distrutta in quel conflitto. I costumi sono quindi poveri (Zoraida e la sua “schiava” e confidente, l’iberica Ines, vestite con modesti abitini e miseri cardigan) e divise militari, tranne che per i tiranni, Almuzir e Almazor, vestiti in giacca e cravatta. Efficace la regia teatrale di Bruno Ravella, con una scenografia unica e corporea di Gary McCann e le suggestive luci di Daniele Naldi. Mettiamo pure in conto l’anacronismo dei revolver al posto delle spade, ma nell’insieme e nell’economia dello spettacolo il tutto funziona.

photo © Gianfranco Rota

Molto riuscita la parte squisitamente musicale. Iniziando dall’Orchestra Gli Originali, un ensemble di strumenti ideale per l’illustrazione di quest’opera e in considerazione dello spazio del Teatro Sociale. Alberto Zanardi, conoscitore di quest’opera avendola già diretta a Wexford, conduce con grande maestria, molto attento nell’ottenere colori e ritmi (compreso un bolero cantato dal coro degli ispanici) e nell’evidenziare non solo il debito di Donizetti verso il suo presente, ma soprattutto mettendo in evidenza le anticipazioni del prossimo futuro.

photo © Gianfranco Rota

Un esempio, il magnifico “Romanzo”, aria di Zoraida del II atto, con l’accompagnamento solistico degli archi, violino e violoncello, che è parsa la pagina più “moderna” dell’intera opera. Il coro, ancora una volta quello dell’Accademia della Scala di Salvo Sgrò, nella sua unica componente maschile, molto bene anche dal punto di vista scenico.

photo © Gianfranco Rota

Le voci sono state molto apprezzate. La versione del 1824 fu concepita specialmente per il celebre contralto rossiniano Pisaroni: Cecilia Molinari, perfetta sia nella recitazione che nella vocalità, è stata un’eccellente e applauditissima Abenamet, interpretando tra l’altro il magnifico rondò finale che evoca quello più celebre de La Cenerentola di Rossini. Piacevole sorpresa il tenore coreano Konu Kim nel ruolo del cattivo Almuzir, che alla fine si pente e passa quasi per una brava persona. Un ruolo creato dal leggendario Domenico Donzelli, quindi di tessitura da “bari-tenore” e che il giovane artista ha difeso con coraggio, facilità negli acuti e buone agilità. Incantevole la Zoraida del soprano Zuzana Marková, voce lirica con acuti e sovracuti luminosi, ottima musicalità, molto abile anche nelle agilità.

photo © Gianfranco Rota

La Ines del soprano Lilla Takacs e l’Almanzor del basso Tuty Hernández, che intona una sorta di rossiniana “Le femmine d’Italia” in … versione Donizetti!, provengono  dagli “Allievi della Bottega Donizetti”; si sono disimpegnati molto bene per tutto il corso d’opera, impegnati in ampi recitativi e con la ricompensa di un’aria ciascuno, molto ben eseguita.

photo © Gianfranco Rota

Anche il sonoro Alì di Valerio Morelli è stato molto apprezzato. Un successo incoraggiante e generoso ha salutato tutta la compagnia.

Andrea Merli

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