MONTE-CARLO: La Bohème -Giacomo Puccini, 8 novembre 2024
La Bohème
Opera in quattro scene
Musica di Giacomo Puccini (1858-1924)
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica basato su scene di vita bohémien di Henry Murger (1849)
Prima rappresentazione: Torino, Teatro Regio, 1 febbraio 1896
Direttore Marco Armiliato
Regia Jean-Louis Grinda
Personaggi e Interpreti:
- Mimì Anna Netrebko
- Musetta Nino Machaidze
- Rodolfo Yusif Eyvazov
- Marcello Florian Sempey
- Schaunard Biagio Pizzuti
- Colline Giorgi Manoshvili
- Benoît Fabrice Alibert
- Alcindoro Matteo Peirone
- Parpignol Vincenzo di Nocera
- Un sergente Vincenzo Cristofoli
- Un doganiere Matteo Thistleton
- Venditori ambulanti Walter Barbaria, Domenico Cappuccio & Thierry di Meo
Costumi Rudy Sabounghi
Luci David Beluguu – Laurent Castaingt
Direttore del coro Stefano Visconti
Aiuto regista Vanessa d’Ayral de Sérignac
Direttore canto Kira Parfeevets
Coro dell’Opéra di Monte-Carlo
Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo
Coro di voci bianche dell’Académie de musique Rainier III
Opéra de Monte-Carlo, 8 novembre 2024
Capita, a volte, che l’accredito stampa venga negato. È capitato in quest’occasione e, a tutta prima, mi ero ripromesso di non redigere la cronaca dello spettacolo. Ma per l’ “impiccione viaggiatore”, specie se il viaggio per Nizza e Montecarlo è stato programmato da tempo, spesato, richiesto e compensato come guida musicale dall’ultra trentennale prestigiosa agenzia spagnola Fra Diavolo, che organizza viaggi per melomani, ciò non rappresenta un ostacolo. E dunque si è potuto assistere alla “prima” all’Opéra di Monte-Carlo, nello spazioso Grimaldi Forum capace di 2650 posti, di una succosa produzione della Bohème di Puccini, con cui il Principato di Monaco celebra il centenario della morte del compositore, avente come irresistibile richiamo la Mimì di Anna Netrebko.
Innanzitutto va detto che la “diva” fa il suo ingresso nella soffitta dei bohémiens in forma splendida, con una rinnovata silhouette di accattivante bellezza. La nuova produzione, dell’eccellente regista Jean-Luis Grinda, già direttore dell’Opéra di Monte-Carlo (ora in mano a Cecilia Bartoli) è ambientata negli anni ’40; l’eco cinematografico ci riporta alle nebbie del porto nel film di Marcel Carné, in particolare durante un magnifico terzo atto. La Netrebko è perfetta nei panni di una seducente Michèle Morgan. Vocalmente offre un’interpretazione drammatica e toccante allo stesso tempo, con totale padronanza delle dinamiche, legato perfetto, “messe in voce” di grande suggestione, sfumando il suono dall’impalpabile “pianissimo” al “forte” con emissione omogenea e con una pienezza vocale, sia in zona acuta che in quella grave; risulta quasi una novità in un ruolo affrontato sempre più spesso da soprano, se non leggeri, spesso meno dotati. Affiancata, con risultati altrettanto felici, dal suo ex partner nella vita, il tenore azero Yusif Eyvazov: l’intesa, la chimica tra i due, è ancora e sempre elettrizzante: più di qualcuno si è chiesto se per caso fossero tornati insieme per la totale complicità scenica. Il bel Yusif non ha, risaputamente, un timbro vocale privilegiato, ma a parte la facilità negli acuti, dove la voce acquista luminosità e prova ne sia il Do della “speranza” preso di getto e tenuto con un “fiato” che ha del prodigioso e l’intonazione perfetta, oltre a cantare molto bene è interpretativamente credibile, con impegno e grinta di grande attore.
Preziosa e brillante l’altra coppia: il pittore Marcello, l’ottimo baritono Florian Sempey e la scatenata Musetta del soprano Nino Machaidze, presentata come una divetta da “caffé chantant”, vocalmente molto apprezzabile; entrambi splendidi in scena. È parso eccellente il Colline del basso Giorgi Manoshvili, premiato da un meritato applauso dopo la “Vecchia zimarra” e pure ottimo, perfettamente in parte, lo Schaunard del baritono Biagio Pizzuti. Ben caratterizzati il Benoit di Fabrice Alibert e soprattutto l’Alcindoro del baritono Matteo Peirone, qui elegante, seppure attempato, tombeur de femmes novello Fred Astaire impegnato in passi di danza, impresario di Musetta e degli altri ballerini che partecipano al valzer del secondo atto.
L’orchestra e il coro, questo diretto da Stefano Visconti, quello degli esuberanti bambini da Kira Parfeevets, hanno risposto in pieno al gesto sicuro ed efficace di Marco Armiliato, il quale dimostra, ancora una volta, come va affrontato il repertorio italiano; nello specifico quest’opera di Puccini dove le atmosfere musicali sono determinanti nell’illustrare la storia; il supporto alle voci – il Grimaldi Forum ha un’acustica eccellente – è parso ideale e porta ad esprimere al meglio quel “canto di conversazione” che qui giunge ai massimi livelli espressivi, con una naturalezza e discorsività non sempre alla portata di tutti. Cito ad esempio, il dialogo tra i due protagonisti dopo l’aria di Mimì: “Donde lieta uscí”; frasi quasi sussurrate, dette con un soffio di voce e pure perfettamente udibili in un autentico ricamo vocale, certo merito dei solisti, ma sospinto dal direttore: bravo, bravissimo!
Grinda, con la sua équipe composta da Rudy Sabounghi, scene, David Belogu, costumi, Julien Soulier, video e Laurent Castaingt, luci, pur nell’accettabile trasposizione d’epoca, ci propone una lettura fedele del libretto; l’atmosfera bohémien è preservata con originalità anche nel secondo atto, che si svolge in una fiera. Ci sono dettagli che, pur avendo viste un’infinità di Bohème, riescono a sorprendere: dopo le frasi “Cerca? Cerco!” di solito cantate con i due protagonisti a carponi sul pavimento, Rodolfo consegna la chiave, che Mimì aveva fatto cadere a terra, alzandosi in piedi, guardandola negli occhi con l’implicita domanda di mutuo consenso, infine stringendo la “gelida manina” con affetto, sul punto di baciarla. Altri particolari sono parsi di troppo: ad esempio il “Marcellino”, presumibilmente figlio del pittore, sempre presente nei due atti che si svolgono in soffitta. Marcello, padre “single”, in effetti, non si era ancora visto!
Andrea Merli