PIACENZA: Mosè in Egitto – Gioachino Rossini, 27 ottobre 2024
GIOACHINO ROSSINI
Mosè in Egitto
azione tragico-sacra in tre atti
libretto di Andrea Leone Tottola
Direttore Giovanni Di Stefano
Regia Pier Francesco Maestrini
Personaggi e Interpreti:
- Mosè Michele Pertusi
- Osiride Dave Monaco
- Amaltea Mariam Battistelli
- Faraone Andrea Pellegrini
- Elcia Aida Pascu
- Amenofi Angela Schisano
- Mambre Andrea Galli
- Aronne Matteo Mezzaro
scene e video Nicolás Boni
luci Bruno Ciulli
costumi Stefania Scaraggi
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA
CORO LIRICO DI MODENA
Maestro del Coro Giovanni Farina
Teatro Municipale, 27 ottobre 2024
I teatri emiliani, riuniti in questo caso il Comunale Pavarotti-Freni di Modena, dove ha debuttato questo nuovo allestimento del Mosè rossiniano nella versione napoletana del 1818, rivista già un anno dopo dallo stesso Rossini, il Romolo Valli di Reggio Emilia, dove terminerà la sua tournée, e il Municipale di Piacenza, dove vi sono state offerte due recite, ancora una volta sono riusciti a far centro nel loro obiettivo con un risultato eccezionale, molto festeggiato dal numeroso pubblico proveniente da ogni angolo d’Italia alla pomeridiana di domenica 27 ottobre, consapevole della grande qualità e cura nella proposta artistica di questa preziosa realtà culturale e musicale.
Uno sforzo collettivo delle masse artisstiche, la lodevole Orchestra Filarmonica Italiana ed il Coro Lirico di Modena, quest’ultimo obbediente agli ordini di Giovanni Farina, che il direttore d’orchestra Giovanni Di Stefano ha saputo incanalare con sapienza, mestiere e virtuosismo verso il massimo risultato in questa “azione tragico-sacra” del librettista Antonio Leone Tottola, dove l’incipiente romanticismo, i litigi amorosi tra il figlio del faraone Osiride e la giovane ebrea Elcia, si fonde con la ragion di stato, politico-religiosa, tra il Faraone e la figura biblica di Mosè, entrambi affidati alla corda di basso.
Il cast era guidato dalla monumentale, maestosa ed ispirata partecipazione di Michele Pertusi, Mosè di profonda austerità e voce piena, usata magistralmente, come sempre e specie nel canto rossiniano. La preghiera “Dal tuo stellato soglio”, introdotta dal basso e ripresa da solisti e coro, è senza dubbio la pagina più famosa dell’opera e fu giustamente scelta da Toscanini tra i brani nella riapertura del Teatro alla Scala nel 1946. Questo “Va pensiero” alla rossiniano, così suggestivo ed emozionante, ha provocato il delirio del pubblico, che ha richiesto a grandi voci ed ottenuto il “bis”, eseguito in pianissimo e ascoltato in religioso silenzio.
Una sorpresa per molti è stata il giovane soprano Mariam Battistelli, Amaltea la moglie del Faraone: bella voce, molto ben proiettata e già molto matura nel canto d’agilità. In un “ruolo Colbran”, che richiede corpo in zona centrale grave e poi estensione e coloratura da soprano quasi leggero, è stata apprezzato il mezzosoprano Aida Pascu, Elcia l’ebrea che si innamora di Osiride, il figlio del Faraone. Lo ha interpretato, nel suo primo ruolo rossiniano “serio”, l’eccellente tenore Dave Monaco, 28 anni e un futuro che si annuncia radioso per l’estrema facilità nell’acuto e la bellezza del timbro, molto virile nonostante si tratti pur sempre di un tenore “di grazia”. Il basso Andrea Pellegrini, Faraone, ha ben figurato a fianco del “rivale” di corda, con un canto nobile e omogeneo nell’emissione. Molto bravi nei ruoli “di fianco”, ma pur sempre impegnati nelle scene corali e concertanti, il mezzosoprano Angela Schisano, Amenofi, il tenore Matteo Mezzaro, Aronne ed Mambre del tenore Andrea Galli.
Pier Francesco Maestrini, con il suo team composto da Nicolás Boni (scene e video) Stefania Scaraggi (costumi) Bruno Ciulli (luci) e Paolo Vitale (assistente di scena), ha realizzato quello che oggi pare il sogno irraggiungibile della maggior parte del pubblico: vedere l’opera rispettosa delle indicazioni del libretto, ambientata nel suo tempo e nella sua totale originalità. Lo stesso Maestrini dichiara, nelle note del programma di sala, che affrontare questo “oratorio”, che affonda le sue radici nei racconti biblici dei cinque volumi dell’Esodo, attualizzandolo, è un percorso già battuto e non aggiunge nulla di nuovo al palcoscenico, ma porta solo in confusione il pubblico. D’altra parte, mettere in risalto le differenze tra Ebrei ed Egiziani in modo così efficace e presumibilmente “non faraonico” nella sua costruzione scenica, con un misto molto ideale tra la parte corporea della scena, ridotta al minimo anche per poterla adattare a diverse realtà teatrali e per facilitarne il trasporto, e le proiezioni, realizzate con sorprendente risultato di realismo e movimento (tra le altre il rogo della “piaga” alla fine del primo atto, la grotta che apre il secondo atto) non è impresa da poco. Spettacolo apprezzatissimo, dunque e giustamente premiato da un clamoroso e condivisibile successo di pubblico.
Andrea Merli