VERONA: Aida 29 agosto e Tosca 30 agosto 2024

VERONA: Aida 29 agosto e Tosca 30 agosto 2024

AIDA – Giuseppe Verdi

Arena, 29 agosto 2024


TOSCA – Giacomo Puccini

Arena, 30 agosto 2024


Ultime luci di un agosto ricco di musica sulle affollatissime gradinate dell’Arena in occasione delle riprese di Aida, nell’allestimento sempre lodato di Gianfranco De Bosio, “modello 1913” e di Tosca, ormai ventennale per la regia di Hugo De Ana, sempre efficace e impattante quanto i colpi di cannone e le fucilate che fanno, puntualemente ed inevitabilmente, sussultare la maggior parte del pubblico.

La trasferta è valsa assolutamente la fatica di viaggiare con l’implacabile calura ed i… puntuali ritardi aerei di fine stagione. Lode alla politica intelligente, anzi alla strategia, applicata da Cecilia Gasdia che ha saputo rilanciare e mantenere alto l’interesse e la tensione della lunga stagione veronese, quando prima di lei le repliche perdevano man mano, se non in qualità, certo attrazione.

Un’Aida, dunque, coi fiocchi. Non solo per la ormai collaudata, ammirevole direzione di Daniel Oren, a Verona giustamente adorato poiché la sua collaborazione con l’Ente ormai ha superato i quaranta anni, a cui le masse artistiche rispondono con un’afflato totale, soprattutto per il rinnovato cast che ha visti allineati quattro fuori classe. Benissimo la “coppia” Amonasro e Amneris, Ludovic Tézier in forma vocale smagliante, interpretativamente impressionante, Ekaterina Semenchuk, soprano di ampia estensione, tanto potente in acuto quanto rotonda e corposa in zona grave, a cui si potrebbe – tanto per cercare il pelo nell’uovo – rimproverare una dizione non sempre adamantina. Gregory Kunde rappresenta a mio avviso un autentico miracolo vocale, tenendo conto dell’età anagrafica, che non corrisponde né all’aspetto fisico né, tanto meno, al risultato musicale. Mi piace citare una frase di Alfredo Kraus, che si adatta perfettamente al tenore dell’Illinois: “La maggior parte dei cantanti smettono di cantare quando perdono l’acuto. Perciò io non smetterò mai, la mia voce perderà forse in morbidezza, ma non l’estensione!”. Ecco, il Radames di Kunde è facilmente spiegato: pretendere, a settanta anni compiuti, che a freddo la voce non oscilli e che la modulazione del suono sia perfetta, sarebbe chiedere oggettivamente troppo. Ma l’Artista (con la maiuscola, che tale è e resta) sa giocare tutte le armi a sua disposizione: un accento curato in ogni sillaba della parola cantata, un fraseggio sempre motivato e pertinente e, una volta carburato, un acuto fiammante, insultante per potenza, slancio e tenuta. I migliori momenti nel secondo atto, poi in un trascinante duetto nel terzo e in un toccante, dolcissimo finale dove ha saputo amministare i fiati in soavi pianissimo e mezze voci. Il pubblico lo ha saputo apprezzare e chi firma si è, letteralmente, commosso.

Anna Pirozzi, Aida: incarnazione perfetta. Sprecare superlativi nei confronti di questa sublime cantante, in costante crescita vocale ed interpretativa, giunta ora ad un apice difficile da superare, se non da sè stessa, è del tutto superfluo. Incisiva, prepotente e tagliente in acuto e con una dizione esemplare, splendida tanto nel “Ritorna vincitor!”, che le ha procurato la prima insistita ovazione della serata, ha cesellato un “Cieli azzurri” che mi ha riportato in mente, per l’emissione flautata in etereo pianissimo (ma con un suono percepibile oltre gli spalti dell’Arena) l’esecuzione proverbiale della Caballé in una lontana recita al Liceu a fianco di Domingo, una di quelle serate che rimangono scolpite nella memoria, come del resto sarà quella del 29 agosto, felicissima pure per l’apporto di un’intera ed affiatata compagnia.

photo©Ennevi

L’interesse di Tosca, la sera appresso in un Arena traboccante “fedelissimi” e “fedelissime” approdati a Verona dall’intero orbe terracqueo, stava ovviamente nella presenza del “divo” per eccellenza tra i tenori: Jonas Kaufmann. Ora, chi mi legge da un po’ di tempo, sa che il bel tenebroso tenore bavarese non rientra nelle file dei miei favoriti. Ciò non toglie che, oggettivamente, non ne riconosca gli indiscutibili meriti, che sono interpretativi, musicali e l’indubbio carisma, quel “quid” che ce l’hai o, ahimè, non lo puoi creare dal nulla. Mi ha sempre infastidito la sua emissione “palatale”, con i suoni tendenzialmente indietro, quel colore pseudo baritonale, i portamenti e quel suo particolare e personale uso del pianissimo, assai prossimo allo sbadiglio e al falsetto, cui oggi si sommano attacchi a colpi di glottide. Detto ciò, incredibile ma vero, il suo Cavaradossi mi è piaciuto e pure tanto. È pur vero che all’inizio – pure per lui passano gli anni – qualque suono rincorso nell’intonazione ci ha fatto temere il peggio, ma dopo un “Recondita armonia” passato senza infamia e senza lode, quella bestia di palcoscenico ch’è in lui ha preso il sopravvento, già nel duetto con Tosca, culminando con un “Vittoria! Vittoria!” (udite udite) squillante e tenuto spavaldamente “alla Corelli”; infine con un “Addio alla vita” e poi tutto un terzo atto da brivido. Trionfo trionfale, meritatissimo.

Bene, benissimo lo Scarpia di Ludovic Tézier, classe, autorevolezza, ironia e gusto musicale, nonchè vocalità di altissimo volo e qualità. Modesta in vero la pur sdoganabile protagonista, il soprano Elena Stikhina, inevitabilmente in ombra a fianco di due elementi di tal fatta. Ha l’attenuante – voglio mantenere alta la fama di “buonista” che mi precede – dell’assenza di prove per una replica in cui ci si è ritrovati, come per i voli “low cost”, insieme “at the last minute”. Mentre gli altri due possono vantare esperienza e mostruosa capacità interpretativa, lei è sembrata disorientata e scolastica, quando non leziosa de assente.

Ottimo il contorno, con i sempre pregevoli Spoletta di Carlo Bosi e lo Sciarrone di Nicoló Ceriani sugli scudi; gli ottimi Gabriele Sagona, Angelotti, Giulio Mastrototaro Sagrestano e la piccola Erika Zaha, prezioso Pastorello. Daniel Oren? Orchestra? Coro? Come in Aida: eccezionali.

Andrea Merli

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