LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: Roberto Devereux – Gaetano Donizetti, 21 maggio 2024

LAS PALMAS DI GRAN CANARIA: Roberto Devereux – Gaetano Donizetti, 21 maggio 2024

ROBERTO DEVEREUX

 

Opera tragica, in tre atti con musiche di Gaetano Donizetti

libretto in italiano di Salvatore Cammarano

basata su Elisabeth d’Angleterre di FranÇois Andelot

La sua prima rappresentazione ebbe luogo il 29 ottobre 1837 al Teatro San Carlo di Napoli


Direzione  Rafael SÁNCHEZ-ARAÑA
Direzione scenica  Bruno BERGER-GORSKI

Personaggi e Interpreti:

  • Roberto Devereux José BROS
  • Elisabetta Yolanda AUYANET
  • Sara Paola GARDINA
  • Duca di Nottingham Youngjun PARK
  • Cecil Gabriel ÁLVAREZ
  • Gualtiero Raleigh Max HOCHMUTH
  • Un paggio/Parente di Nottingham Julián PADILLA

 

ORCHESTRA FILARMONICA di GRAN CANARIA

CORO dell’OPERA FESTIVAL
Direttore Olga SANTANA

Nuova produzione ACO

 

Teatro Pérez Galdós, 21 maggio 2024


Per la terza volta nel corso della 57esima stagione ACO, Amigos Canarios de la Ópera, si propone il donizettiano Roberto Devereux: nel 1980 inaugurò le recite Montserrat Caballé, che di quest’opera fece un suo cavallo di battaglia, nel 2009 fu il turno della greca Dimitra Theodossiou, memorabile esecuzione di cui fui testimone ed ora è il turno di Yolanda Auyanet, soprano nativa di Las Palmas e che dunque gioca in casa.

photo©Nacho González Oramas/ ACO 2024

In realtà la Ayuanet non è nuova al tremendo personaggio di Elisabetta, che ebbe modo di eseguire nei teatri italiani qualche tempo fa, ma va detto subito che il successo, diciamo pure trionfo, che ha accolto la sua trascianante esecuzione non è stato per niente scontato, anzi ampiamente meritato. Il valente soprano, dalla ormai cospicua ed importante carriera, già da tempo è passata dai ruoli lirico leggeri dei suoi debutti, ricordiamo tante Lucia di Lammeroor, ma soprattutto una splendida Elvira nei Puritani a Bologna a fianco del debuttante Arturo di Celso Albelo, altra gloria canarina, ma di Tenerife, a un repertorio da lirico spinto, decisamente più drammatico. Non si tratta solo della naturale evoluzione della voce, ma soprattutto di una precisa scelta interpretativa e drammatica che asseconda il suo notevole temperamento. Qui, alla “prima” nel “suo” Teatro Pérez Galdós, è arrivata in forma vocale smagliante, conservando l’invidiabile estensione, arricchita da una quantità notevole di armonici (una voce che “corre” e che “riempe” nel gergo dei vociomani) in un ruolo che non ammette sotterfugi e non pratica sconti. Elisabetta, Caballé docet, non si esegue con sussurri e grida, ma seguendo le regole del Belcanto, con controllo preciso dell’emissione, che si piega sì in mille ed una smorzature e messe in voce, esibendo nel caso un’eccellente legato, ma che va lanciata in acuti di forza, senza portamenti e con la precisione di una freccia centratissima, fulminante. Certo, non mancano i piano ed i pianissimo, ma sostenuti con una richezza di suono da rendeli percettibili anche nel foyer del teatro.

photo©Nacho González Oramas/ ACO 2024

Per quanto riguarda l’interpretazione, merito anche del bel costume (che aiuta sempre ad entrare nel personaggio: li firma Claudio Martín) e di un trucco perfetto (vanno citati e lodati Ana Lidia Alonso, Mario Suárez, Lucia De Las Nieves Santacruz per l’accurato lavoro di trucco & parrucco) siamo poi a dei livelli altissimi. La parte la sente e l’ha pure maturata con l’esperienza, rendendo della terribile regina prima il carattere volitivo ed autoritario, poi in un finale da brivido il declino fisico, il fallimento sentimentale, la delusione e la solitudine. Impossibile trattenere i “brava” quando è rimasta sola in proscenio.

photo©Nacho González Oramas/ ACO 2024

A tanta gioia, per le orecchie, per gli occhi ed il cuore, hanno contribuito tutti. Iniziando dai bravissimi colleghi: il mezzosorpano Paola Gardina, Sara, in una parte acuta, direi Falcon, anche lei perfetta per intenzioni interpretative, sia nella patetica aria di ingresso che poi nei duetti con tenore e baritono, che per qualità vocali cui si somma un fraseggio sensibile ed un accento commovente. Di Josep Bros si è seguita tutta la carriera da un ormai lontano Don Ottavio nel Don Giovanni e poi Ernesto in Don Pasquale agli inizi dei 90 dello scorso secolo nel teatro di Sabadell. Dopo averlo consegnato al disco per Opera Rara, rimane interprete di riferimento per questo titolo “maschile” (uno dei pochi) donizettiano. Garanzia di professionalità ferrea, dotato sempre di voce ampia, ben emessa, sostenuta da una tecnica ineccepibile. Il timbro peculiare lo rendo, poi, immediatamente identificabile e ne determina una forte personalità che si manifesta con un canto vario, accorato e molto partecipe, sempre giovanile e brillante nonostante il tempo trascorso. Dopo aver eseguito mirabilmente tutta la sua parte, compresa l’impegnativa aria “del carcere”, ha avuto un inciampo nella cabaletta: ciò ha permesso di avere conferma delle sue grandi doti musicali poiché lungi dal finire in stecca ha saputo driblare i due acuti compromessi probabilmente da un fiotto ribelle di saliva, abassandoli di tono senza creare fratture alla linea musicale. Anche in ciò bisogna saperci fare: ammirevole.

photo©Nacho González Oramas/ ACO 2024

La bella sorpresa per il sottoscritto l’ha riservata il baritono koreano, ma di formazione italiana, Youngjun Park, al suo debutto nella parte di Nottingham. Voce di timbro bellissimo, ampia di colore autenticamente baritonale, completa in tutta l’estensione. Interprete già maturo a soli 33 anni, italiano perfetto, ottimo fraseggio e accento. È lecito attendersi da lui grandi cose e comunque assolutamente da non perdere d’occhio.

Ben preparati nelle parti di fianco il tenore Gabriel Álvarez, il perfido Lord Cecil, Max Hochmuth, interessante baritono, Sir Raleigh ed il baritono Julián Pardilla, un Paggio ed un Famiglio di Nottingham. Bene il coro sempre ubbidiente ad Olga Santana e ottima l’orchestra Filarmonica di Gran Canaria diretta con slancio ed ottima teniuta del palcoscenico dal giovane e molto applaudito Maestro Rafael Sánchez-Araña.

photo©Nacho González Oramas/ ACO 2024

Lo spettacolo ben realizzato da Bruno Berger-Gorski sposa la tradizione con l’innovazione, ma nei limiti di una lettura giustamente didascalica e pulita di una trama che ha ben pochi spunti, trattandosi di uno scambio di sciarpa per anello nel momento clou del dramma. Vi si illustra, per ersempio, il passaggio al patibolo di Devereux, sottolineando il vincolo di morte e sangue che ELisabetta si trascina dalla morte della madre, decapitata come poi l’amato Roberto, con la personificazione durante la sinfonía di Elisabetta bambina con le mani insanguinate, come poi quelle della vecchia Elisabetta nel sorreggere la testa decapitata, novella Salome. Le scene di Carmen Castañon sono, come già per il precedente Don Pasquale, prodotte in loco e il frutto di un abile riciclo della Lucia di Lammermoor andata in scena un anno fa. Tant’è, hanno una loro originalità e soprattutto, con un gioco di trasparenze, permettono il fluire dello spettacolo con un unico intervallo e rapidi cambi scena. Ben illuminato il tutto da Rodrigo Ortega, il cui lavoro si è apprezzato particolarmente nella scena finale. Il pubblico ha molto gradito con frequenti applausi a scena aperta e poi con interminabili ovazioni finali.

Andrea Merli

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