MADRID: La rosa del azafrán – Jacinto Guerrero, 7 febbraio 2024
La rosa del azafrán
Zarzuela en dos actos
Música de JACINTO GUERRERO
Libreto de FEDERICO ROMERO Y GUILLERMO FERNÁNDEZ-SHAW
Nueva producción del Teatro de la Zarzuela
direttore JOSÉ MARIA MORENO
regia IGNACIO GARCIA
Personaggi e Interpreti:
- Sagrario YOLANDA AUYANET
- Juan Pedro JUAN JESÚS RODRÍGUEZ
- Catalina CAROLINA MONCADA
- MoniquitoÁNGEL RUIZ
- Custodia di VICKY PEÑA
- Carracuca JUAN CARLOS TALAVERA
- Don Generoso MARIO GAS
- Miguel PEP MOLINA
- Micael EMILIO GAVIRA
- Julián, Un mendicante CHEMA LEÓN
- Cantante di musica popolare ELENA ARANOA
Scene NICOLA BONI
Costumi ROSA GARCÍA ANDÚJAR
LuciALBERTO FAURA
Coreografia Sara Cano
Orchestra della Comunità di Madrid
Proprietario del Teatro La Zarzuela
Coro del Teatro La Zarzuela
Direttore:
Antonio Fauro
Teatro de La Zarzuela, 7 febbraio 2024
Molti melomani si (e mi) chiedono come mai la zarzuela, il teatro lirico spagnolo, non circoli, salvo rare eccezioni che confermano la regola, fuori dall’ambito ispanico. La risposta richiederebbe una lunga serie di riflessioni che vanno dalla specificità del genere, in gran parte legato alle tradizioni letterarie e musicali della Patria d’origine, all’impossibile -nella maggioranza dei casi – traduzione e/o riduzione ad altre lingue; in più, a seguire un lungo eccetera, impossibile da sviluppare in una semplice cronaca. Va pure detto che la zarzuela, è triste ammetterlo, si rappresenta poco pure nel resto della Spagna. Sono indispensabili attori, e pure cantanti, di madrelingua: nella zarzuela, ancor più che nel Singspiel, operetta e balad opera a cui è spesso – erroneamente – accostata, la parte in prosa è, se non preponderante, determinante: motivo per cui il nome del librettista precede quello del compositore in partitura e nei cartelloni; e dunque ai cantanti si richiedono doti d’attore fuori dal comune.
Questo preambolo pare necessario nel caso de La rosa del azafrán (Il fiore dello zafferano) zarzuela considerata il capolavoro del pur prolifico compositore Jacinto Guerrero (Ajofrín 1895 – Madrid 1951) cui si devono molte zarzuelas popolarissime in Spagna ed in America Latina, tra le altre Los Gavilanes (Gli sparvieri) ambientata in provenza, El Huesped del Sevillano, che si svolge a Toledo e che allude a Cervantes. Proprio questo titolo del 1926 spinse Guerrero e i librettisti Federico Romero e Guillermo Fernández-Shaw, pure loro fecondi nel fornire libretti ai compositori coevi, nell’ultimo fortunato periodo della creatività in campo di zarzuela, la quale dopo la guerra civile spagnola (1936-1939) si è andata inaridendo, a cercare un soggetto genuinamente “manchego”, cioè della sua “patria chica”, la Mancha, il cuore della Spagna immortalato nel Quijote di Cervantes.
Ne sortì un gioiello, teatrale e musicale, liberamente ispirato alla celebre commedia di Lope de Vega, inesauribile poeta e drammaturgo del Siglo de Oro dell’arte e lettertura spagnola, El perro del hortelano (il cane dell’ortolano, nè mangia nè lascia mangiare gli altri). La trama nobiliare e seicentesca viene qui posticipata intorno alla seconda metà del XIX secolo, ne La Solana, cuore della Mancha, in un anbiente rurale dove la ricca ed altera Sagrario, padrona terriera, si innamora del suo mezzadro Juan Pedro, il quale a sua volta corteggia una serva di casa, Catalina. La posizione sociale di Sagrario le impedisce di poter accettare il corteggiamento di Juan Pedro, il quale in realtà l’ama senza speranza. L’intervento di Custodia, l’anziana cameriera di Sagrario, darà la soluzione. Falsificando dei documenti si fa credere a Don Generoso, un nobile decaduto e svanito (emerge il ritratto del “Caballero de la triste” figura di Cervantes) che Juan Pedro, trovatello cresciuto in un ospizio di un’altra città, sia il figlio che da tempo cercava e riteneva perso. Con il nuovo stato sociale il giovane può aspirare finalmente a Sagrario, vittima delle convenzioni sociali, ma l’onore “manchego” lo obbliga a confidarle la verità. Verità che Sagrario ben conosceva, allertata da Custodia, e che giura manterrà segreta per poter felicemente convolare a nozze con l’amato. A questa storia si sommano quadri di colore e scene comiche: la scena delle “azafraneras”, le quali cantano, mentre separano il prezioso pistillo dal fiore dello zafferano: “La rosa del azafrán es una flor arrogante, que brota al salir del sol y muere al caer la tarde.”, il canto delle “espigadoras”, le spigolatrici, e diversi quadri comici tra Catalina de il suo pretendente Moniquito, l’esilarante numero de “La caza al viudo” tra gli altri. Indubbiamente dal punto di vista vocale le parti impegnative sono quelle del baritono, Juan Pedro, che canta la magnifica “Canción del sembrador” (seminatore) e del soprano, Sagrario, che intona un’intensa romanza “No me duele que se vaya”.
Al Teatro la Zarzuela la nuova produzione si è replicata dal 25 gennaio all’11 febbraio a ritmo quasi giornaliero per un totale di 14 recite che hanno registrato, prevedibilmente, il tutto esaurito (va aggiunto, e non è un dettaglio da poco, che il teatro applica una politica di prezzi molto popolari) riscuotendo immancabilmente ogni sera un successo trionfale, cadenzato da numerosi applausi a scena aperta e sottolineato dalle risate e divertimento genuino del pubblico.
Uno spettacolo fluido proposto senza intervallo e che è volato via a ritmo scatenato, senza cedimenti, sia nella recitazione che nel canto. Il regista Ignacio Garcia ha attuato una decisiva ed opportuna riduzione della parte recitata, senza alterare la drammaturgia originale, anzi esaltandola e, soprattutto, riuscendo a rendere tutti credibili nella recitazione. La regia è supportata dalla bellissima scenografia – una vera immersione nella Mancha – di Nicolás Boni, impreziosita dai costumi autenticamente autoctoni, basati su una seria ricerca iconografica scevri di scontato folclorismo, di Rosa García Andújar, le luci e proiezioni di Albert Faura, il quale ha dato il tocco pittorico al tutto, e le coreografie, con un tocco di condivisibile originalità, di Sara Cano.
Musicalmente pregevole la prestazione dell’orchestra e sempre eccezionale, anche da un punto di vista scenico, il coro istruito da Antonio Fauró. Il M.o José María Moreno ha diretto idealmente questa partitura così cangiante di umori e colori, dove si passa da una situazione comica ad una drammatica quasi senza pausa; ha trovato i colori, i ritmi le dinamiche perfette: si capisce che questa musica gli appartiene e ce l’ha nel sangue.
Sulla scena nei due ruoli protagonistici si sono alternati due cast: la sera del 7 febbraio era il turno del primo, con il baritono Juan Jesús Rodríguez nei panni di Juan Pedro. Si conferma una delle voci più autorevoli del panorama non solo nazionale, con un canto generoso, ben proiettato, “valiente” per dirla alla spagnola, emergendo sia nel canto del “sembrador”, cavallo di battaglia di tutti i baritoni spagnoli specialisti di zarzuela, da Marcos Redondo a Manuel Ausensi, e appassionato nei duetti con Sagrario. Questa era il soprano canario, ma di carriera internazionale e particolarmente attiva in Italia, Yolanda Auyanet, voce lirica morbida, emessa alla perfezione, intensa nell’aria salutata da una grande ovazione. Le tessiture vocali nell zarzuela, va aggiunto, sono particolarmente ostiche, acute per il baritono, con sbalzi di tessitura per il soprano: entrambi sono venuti a capo con magnifici risultati, recitando pure con grande partecipazione. Benissimo i due simpatici “brillanti”: Catalina, il soprano Carolina Moncada e Moniquito, il tenore e attore comico Angel Ruiz. Esilarante il “vedovo” Caracuca di Juan Carlos Talavera, ben intonato il pastore Javier Alonso, tratto dalle file del coro, che intona la ronda notturna. Un’intelligente inserto registico è stato quello di aggiungere una cantante di musica popolare, Elena Aranoa, che a cappella ha cantato alcuni versi emblematici: “¡Que culpa tiene el tomillo de haber nacido tan bajo! ¡Que culpa tiene el querer de andar de arriba y abajo!” (Che colpa ha il timo se nasce così in basso, che colpa ha l’amore se va dall’alto in basso).
Tra gli attori una menzione speciale alla bravissima Vicky Peña, intrigante Custodia e soprattutto a Mario Gas, attore e regista di chiara fama, un’istituzione in Spagna, nella parte dello svanito Don Generoso.
Andrea Merli