TEATRO ALLA SCALA: Don Carlo – Giuseppe Verdi, 10 dicembre 2023
DON CARLO
Opera in quattro atti
Libretto di Joseph Méry e Camille du Locle
Traduzione italiana di Achille de Lauzières e Angelo Zanardini
Direttore RICCARDO CHAILLY
Regia LLUÍS PASQUAL
Personaggi e Interpreti:
- Filippo II, Re di Spagna Michele Pertusi
- Don Carlo, Infante di Spagna Francesco Meli
- Rodrigo, Marchese di Posa Luca Salsi
- Il Grande Inquisitore Jongmin Park
- Un Frate Jongmin Park
- Il Frate (Carlo Quinto) Huanhong Li*
- Elisabetta di Valois Anna Netrebko
- La Principessa d’Eboli Elīna Garanča
- Tebaldo, paggio d’Elisabetta Elisa Verzier
- Il conte di Lerma / Un araldo reale Jinxu Xiahou
- Una voce dal cielo Rosalia Cid
Deputati fiamminghi
- Chao Liu*
- Wonjun Jo*
- Huanhong Li*
- Giuseppe De Luca**
- Xhieldo Hyseni*
- Neven Crnić
*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
**Ex allievo dell’Accademia Teatro alla ScalaScene DANIEL BIANCO
Costumi FRANCA SQUARCIAPINO
Luci PASCAL MÉRAT
Video FRANC ALEU
Movimenti coreografici NURIA CASTEJÓN
Teatro alla Scala, 10 dicembre 2023
Dopo tutto ciò che comporta la “prima” della stagione alla Scala il 7 dicembre, la politica, il glamour e le celebrità, tra cui Pedro Almodóvar che dichiara che era la sua prima volta all’opera, le ragioni della musica, del teatro sono tornate al loro corso abituale in una sala gremita di pubblico.
Questo Don Carlo, in quattro atti e in italiano (per ascoltare la versione originale francese alla Scala aspetteremo altre date) si presenta con tutta la sua monumentalità scenica e musicale. I dissensi ricevuti dai responsabili della parte visiva il giorno della “prima” sono sembrati francamente eccessivi. È vero che né la scena di Daniel Bianco si impone per fantasia e per i colori e che la regia di Lluís Pasqual risulta priva di sprazzi di originalità – altra cosa sono i magnifici costumi di Franca Squarciapino – né le coreografie di Nuria Castejón né le luci di Pascal Mérat hanno aggiunto meriti speciali: pare che il pubblico sia sempre più diviso tra chi ama la convenzione e chi cerca i brividi della provocazione. E in questo caso siamo stati delusi dalla prima senza provocare i secondi.
Al contrario, la parte strettamente musicale: l’orchestra, eccellente come sempre ed il magnifico coro, diretto da Alberto Malazzi. Ricardo Chailly dal podio impone tempi allargati, ma senza cali di tensione, e opta per la “tinta” più cupa e malinconica, persino opprimente, che emerge dall’imponente partitura, garantendo un buon equilibrio con la scena e avvolgendo con cura gli interpreti.
Ancora una volta abbiamo avuto modo di attestare, dopo la visione della “prima” in TV, che dal vivo tutto suona in modo diverso, con spazi sonori e sfumature che l’audio (pessimo) della RAI non riesce a trasmettere. A cominciare dal protagonista, il tenore Francesco Meli, che pur soffrendo negli acuti (il Si del concertato dell’Auto de Fe risulta un vano tentativo di raggiungere la nota) s’impone per il gusto nel canto, la buona proiezione e l’ottimo fraseggio, oltre che una presenza scenica di indubbia efficacia. Luca Salsi, marchese di Posa, possiede uno strumento potente che a volte usa con troppa veemenza, ma il suo personaggio si distingue per umanità e generosità vocale.
Michele Pertusi, parzialmente recuperato dopo la sera della “prima”, oggi come oggi non ha rivali nel ruolo di Filippo II, almeno sul piano interpretativo: la sua interiorizzazione del personaggio, l’autorevolezza nell’accento, il fraseggio meticoloso, la cura di ogni sillaba della parola cantata, rappresentano una vera e propria master class, anche quando dosa intelligentemente l’emissione raggiungendo il massimo effetto drammatico.
Più che corretti sono risultati l’Inquisitore, anche Frate nella prima scena, del basso Jongmin Park, il Tebaldo del soprano Elisa Verzier, il Conte di Lerma e Araldo del tenore Junxu Xiahou, i sei deputati fiamminghi: Chao Liu, Wonjun Jo, Giuseppe De Luca (unico italiano, su sei!), Xhieldo Hyseni, Neven Crnic ed il basso Huaniong Li, che era anche Carlo V alla fine dell’opera. Menzione speciale al soprano Rosalía Cid, meravigliosa Voce del Cielo, da cui è lecito aspettarsi grandi cose.
Infine, le due dame: Elina Garanca, nella principessa di Eboli e Anna Netrebko, Elisabetta di Valois. La prima conquista il pubblico per la sua musicalità, la splendida presenza scenica e con una interpretazione magnetica, tuttavia la zona bassa è il suo punto debole e la sua voce, a tratti, è più chiara di quella del Netrebko, che a sua volta a volte eccede nella zona centrale con suoni di petto.
Ma la russa è seducente quando sale in acuto, a piena voce oppure in pianissimo, con messe in voce e un legato di scuola alta e grazie ad una presenza, sia vocale che scenica, davvero impressionanti.
L’enorme successo ottenuto da entrambe non è solo un segno dell’affetto che il pubblico milanese (ed internazionale alla recita pomeridiana di domenica!) ha per loro, ma il segno che la loro arte è superiore ai minimi difetti, di cui nessuno è esente ed immune.
Andrea Merli