PIACENZA: Don carlo – Giuseppe verdi, 12 novembre 2023
GIUSEPPE VERDI
Don Carlo
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Joseph Méry e Camille du Locle
dalla tragedia Don Karlos, Infant von Spanien di Friedrich Schiller
e dal dramma Philippe II, Roi d’Espagne di Eugène Cormon
Traduzione italiana di Achille De Lauzières e Angelo Zanardini
direttore Jordi Bernàcer
regia Joseph Franconi-Lee
regista collaboratore Daniela Zedda
Personaggi e Interpreti:
- Filippo II di Spagna Michele Pertusi
- Don Carlo
Piero PrettiPaolo Lardizzone - Rodrigo Ernesto Petti
- Il Grande Inquisitore Ramaz Chikviladze
- Elisabetta di Valois Anna Pirozzi
- Un frate Andrea Pellegrini
- La Principessa d’Eboli Teresa Romano
- Tebaldo Michela Antenucci
- Il conte di Lerma Andrea Galli
- Un araldo reale Andrea Galli
- Una voce dal cielo Michela Antenucci
scene e costumi Alessandro Ciammarughi
luci Claudio Schmid
movimenti scenici Daniela Zedda
assistente ai costumi Letizia Parlanti
ORCHESTRA DELL’EMILIA-ROMAGNA ARTURO TOSCANINI
CORO LIRICO DI MODENA
maestro del coro Giovanni Farina
Teatro Municipale, 12 novembre 2023
Un’inconsueta rincorsa al Don Carlo nella provincia (sempre sorprendente) del nord Italia anticipa l’imminente nuova produzione che inaugurerà il Teatro alla Scala il prossimo 7 dicembre, Sant’Ambrogio. Il Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena prima, il Municipale di Piacenza ora, tra poco il Romolo Valli di Reggio Emilia ed infine il Teatro Galli di Rimini dove andrà in scena, hanno collaborato per produrre una fortunatissima versione dell’opera in quattro atti, quella che fu appositamente preparata dall’Autore per il debutto milanese nel 1884; un altro Don Carlo sta per prendere il via nel circuito di “Opera Lombardia”. Evento strano, trattandosi di una delle opere verdiane più difficili da eseguire, sia per l’impegno musicale e teatrale sia, soprattutto, per il fatto di dover allineare un cast e un direttore d’orchestra necessariamente di alto livello.
Il Maestro valenciano Jordi Bernácer, alla guida della professionale e ottima orchestra dell’Emilia-Romagna “Arturo Toscanini” e del coro del Teatro di Modena istruito da Giovanni Farina, ha dimostrato di essere all’altezza del compito. Una lettura senza cedimenti, ricca di sfumature ed intenzioni, con dinamiche sostenute tenendo conto dei passaggi tra banda interna e la buca, con buon polso nel concertare i momenti di maggiore concentrazione di masse e solisti, come nella scena dell’incoronazione e Autodafé davanti alla basilica di Atocha, dove ha fatto di necessità virtù nell’economia del coro, cui avrebbero giovato alcuni rinforzi, e anche dei deputati fiamminghi, pure ridotti nel numero. Bernácer ha pure trovato la “tinta” verdiana, in questo titolo spesso notturna e cupa: ne sia esempio l’inizio del terzo atto col celebre monologo di Filippo II.
Certo, avendo a disposizione un cast davvero notevole, a partire proprio dalla monumentale presenza di Michele Pertusi nei panni del Re. La maturità interpretativa raggiunta dal basso parmense sembra, al giorno d’oggi, irraggiungibile, soprattutto in questo ruolo autorevole, eppure tormentato. Non è solo l’uso della voce amministrata con tecnica esemplare nell’emissione, il legato perfetto, l’uso di una ricca tavolozza di colori, sono l’espressività della parola cantata, il fraseggio e l’accento intimamente integrati nella psicologia del personaggio. Un’ovazione infinita, con insistite richieste di “bis”, ha coronato “Ella giammai m’amò”; trionfo ripetuto nelle interminabili chiamate finali a tutta la compagnia. Confortante notizia dell’ultima ora: è stato confermato per lo stesso ruolo nel prossimo Don Carlo alla Scala!
Sensazionale il debutto di Anna Pirozzi nella parte di Elisabetta di Valois. La scrittura sembra ideale per un soprano dotato di voce ampia, rotonda e vellutata al centro, facile all’acuto “di forza”. Aggiungendo felicemente questo personaggio al suo già consistente e certo non leggero repertorio, la Pirozzi ha messo in gioco grande maestria nell’amministrare il suono, emettendo filati e mezze voci di estrema dolcezza. Interpretativamente ha creato il “pathos” che l’infelice regina richiede, senza risparmiarsi nella resa della voce che si espande con chiarezza e potenza pure nei “pianissimo”, ottenendo una meritata ovazione a conclusione della difficile aria dell’ultimo atto, “Tu che le vanità”.
Il baritono Ernesto Petti si conferma uno dei più interessanti tra quelli della nuova generazione, non solo italiana. La voce è assai bella; magnifica nel colore e completa in tutta la gamma, calda nella zona bassa, sempre timbrata negli acuti presi e sostenuti con estrema facilità. A livello interpretativo ha raggiunto un alto livello di maturazione, grazie all’espressività e ad un sapiente uso delle dinamiche che gli consentono un canto sul fiato e mai forzato. Il risultato è stato una recita in crescendo, culminata nella scena della morte di Rodrigo che è stata commovente e ha scatenato il pubblico. Un pubblico che ha occupato l’intera sala (del Piermarini come quella della Scala) riservando un’accoglienza trionfale anche al mezzosoprano Teresa Romano, recentemente apprezzatissima Fedora, sempre a Piacenza. La sua Principessa di Eboli, brillante nel bolero del primo atto, si rivela particolarmente centrata, sia vocalmente per il tipo di voce “Falcon” che le rende facile la salita all’acuto mantenendo una notevole corposità in zona centrale e grave, sia come interprete intensa di un “O don fatale” dopo il quale, ancora una volta, l’opera ha subito un’ulteriore fermata per il lungo applauso. Ben integrato il resto del cast, che comprendeva i bassi Ramaz Chikviladze, tonante Grande Inquisitore, Andrea Pellegrini, ottimo Frate, il delizioso soprano Michela Antenucci, un Paggio e voce del Cielo e lo squillante tenore Andrea Galli, Conte di Lerma e un Araldo.
Il protagonista previsto, il tenore Piero Pretti, ha dovuto cancellare perché indisposto. A Piacenza Don Carlo è stato il tenore Paolo Lardizzone, previsto come “cover” e che, comunque, canterà altre recite a Reggio Emilia ed a Rimini. Una piacevolissima sorpresa per chi, come chi firma e tanti altri melomani presenti in sala, non l’aveva ancora ascoltato. Lardizzone vanta già una buona carriera alle spalle, soprattutto nei teatri del Nord e dell’Est Europa dove interpreta personaggi quali Calaf, Manrico, Canio ed un lungo eccetera. Voce squillante, ben proiettata, musicalmente sicuro, si è rivelato pure un ottimo interprete dal punto di vista scenico. Da tenere d’occhio.
La messa in scena, ripresa di una produzione modenese firmata da Joseph Franconi-Lee per la regia, con le scene, finalmente fedeli storicamente ed i lussuosi, bellissimi costumi d’epoca di Alessandro Ciammarughi, le suggestive luci di Claudio Schmid, oggi è quasi una “provocazione” per il suo aspetto tradizionale. Ovviamente non è mancato chi si è lamentato della “non regia” poiché non si è accennato ad una possibile liaison dangereuse tra Carlo e Rodrigo, né Eboli ha bruciato un pollo al forno. Pazienza. Io, jurassicamente, penso che in certi casi il risultato è garantito proprio perché la regia non si nota. Il pubblico, quello che paga e che è formato in gran parte dai famigerati “melomani medi” ha molto gradito: “Una festa per gli occhi” si sentiva nei corridoi del Municipale, e tanto basti.
Andrea Merli