CATANIA: La fille du regiment – Gaetano Donizetti, 20-21 ottobre 2023
La fille du régiment
Opéra-comique in due atti su libretto di Jean-François Bayard e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges
Musica di Gaetano Donizetti
Direttore Giuliano Carella
Dalla storica regia di Franco Zeffirelli Marco Gandini
Personaggi e Interpreti:
- Marie Jessica Nuccio, Manuela Cucuccio, Federica Foresta
- Tonio John Osborn, Valerio Borgioni
- Sulpice Luca Galli, Andrea Vincenzo Bonsignore
- Marchesa di Berkenfield Madelyn Renée
- Hortensius Francesco Palmieri
- La duchessa di Krakenthorp Ernesto Tomasini
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini
Teatro Massimo Bellini, 20 / 21 ottobre 2023
Dovuto omaggio a Franco Zeffirelli, nel centenario della sua nascita, quello eseguito dal Teatro Massimo Bellini di Catania, dove si ripropone La Fille du Regiment che debuttò a Palermo ben 60 anni fa per la regia di Filippo Crivelli e di cui il compianto regista fiorentino creò scene e costumi, ispirandosi alle celebri incisioni francesi ottocentesche di Épinal. La regia è ora affidata a Marco Gandini, fedele discepolo di “Zeffy”, come veniva affettuosamente chiamato, e che, oltre a ricreare questo gioiello scenico, imprime un ritmo sfrenato e tante nuove idee, altrettanto azzeccate. I coloratissimi costumi sono di Anna Biagiotti, le luci ben dosate da Antonio Alario.
Al debutto la maggior parte degli interpreti, tra i quali troviamo molte delle giovani promesse e conferme del “Belcanto” italiano. A cominciare da Jessica Nuccio, Marie della “prima”. Il soprano palermitano, brillante, civettuolo e mascolino quel tanto a cui obbliga la parte, incanta per la voce estesa, facile all’estremo acuto, per il legato perfetto e l’emissione lodevole che le consente eseguire pianissimi di fascino seducente. L’aiuta, ovviamente, la splendida ed agile figura per realizzare una protagonista esemplare.
Alla seconda il giovane soprano Federica Foresta, si è vista catapultare in scena a sostituire la collega, anch’essa catanese, Manuela Cucuccio, purtroppo indisposta; n’è uscita a testa alta sebbene scenicamente ed ovviamente piuttosto acerba. Perfetti nella parte del Sergente Sulpice, “padre” insieme a tutto il 21° reggimento dell’adottata Marie, il giovane e gagliardo baritono Luca Galli, notevole per la bellezza del timbro e doti non comuni di cantante in ragazzo ancora ventenne, ed il veterano Enrico Maria Marabelli, di irreprensibile professionalità ed inesauribile vigore scenico. Nel “cameo” della marchesa di Berkenfield il soprano americano Madelyn Renée, è risultato esilarante nella nobile caricatura e finalmente perfetta nella recitazione in francese; si è pure concessa un’aria di baule: “Ah que j’aime les militares” da La Grande Duchesse de Gerolstein di Offenbach. L’Hortensíus del basso Francesco Palmieri e la Duchessa di Krakenthorp, en travesti, di Ernesto Tommasini, hanno completato con successo il centrato cast.
Molto bene il coro, logicamente più presente il coro maschile dei militari, istruito da Luigi Petrozziello; benissimo l’orchestra sotto la direzione di Giuliano Carella, anche lui alla sua prima Fille pur avendo collezionato finora oltre 120 opere in repertorio; la sua autorevolezza ed aplomb direttoriali sono fuori discussione. È stata proposta finalmente la versione francese– la precedente edizione a Catania, con la stessa messa in scena di Zeffirelli nel 1980, era quella italiana di Callisto Bassi – musicalmente integrale e con recitativi parlati quasi completi, dove in effetti si sarebbe desiderato un francese un po’ meno… siciliano!
Inutile nascondersi dietro il dito: quest’è un’opera “da tenore”, come si dice in gergo. Tutti attendono Tonio e la famigerata aria del primo atto: “Ah mes amis!” con i ben nove Do acuti. Abbiamo avuto la fortuna di avere due grandi interpreti: il giovane tenore poco più che ventenne, Valerio Borgioni, dal timbro piacevolissimo, dotato di mirabile “squillo”, di facile e felice salita all’acuto e una linea di canto nobile, preziosa, armoniosa e molto musicale: è stato accolto con un vero trionfo. Non va assolutamente perso di vista, è fin troppo facile predirgli una brillante carriera.
John Osborn, tenore americano con una carriera trentennale alle spalle, è un assoluto fuori classe. Una passeggiata, per lui, l’impresa dei nove Do, che si permette pure di variare con puntature al Re sovracuto e che poi con nonchalance replica nel bis richiesto a furor di popolo, ostentando una cadenza ancora più prolungata e gagliarda. Soprattutto ha incantato nell’aria del secondo atto: “Pour me rapprocher de Marie”, eseguita nella sua interezza compreso il “pertichino” degli altri cantanti, dove ha sfoggiato un’emissione morbida e suadente di estrema dolcezza, esibendo la sua grande scuola e superiorità tecnica nelle dinamiche e nella tavolozza di colori e sfumature, utilizzando il “suono misto” stilisticamente perfetto in questo repertorio dell’Opéra Comique.
Si è trattato di un’autentica masterclass: il pubblico e… la critica, l’ha apprezzata e poi lo abbiamo ringraziato con un applauso interminabile.
Andrea Merli