TORINO: La Juive – Fromental Halévy, 19 settembre 2023

TORINO: La Juive – Fromental Halévy, 19 settembre 2023

LA JUIVE

OPERA IN CINQUE ATTI

Musica di Fromental Halévy
Libretto di Eugène Scribe
Prima rappresentazione assoluta:
Parigi, Opéra national, 23 febbraio1835


direttore d’orchestra Daniel Oren 
regia, scene, costumi, coreografia e luci Stefano Poda 
regista collaboratore Paolo Giani Cei

Personaggi e Interpreti:

  • Rachel Mariangela Sicilia
  • Éléazar Gregory Kunde
  • Eudoxie Martina Russomanno
  • Eudoxie Daniela Cappiello
  • Léopold Ioan Hotea
  • Brogni Riccardo Zanellato
  • Ruggiero Gordon Bintner
  • Albert Daniele Terenzi
  • Un araldo Rocco Lia
  • Un ufficiale dell’imperatore Leopoldo Lo Sciuto
  • Un ufficiale dell’imperatore Andrea Antognetti
  • Un uomo del popolo Lorenzo Battagion
  • Un uomo del popolo Alessandro Agostinacchio
  • Un altro uomo del popolo Roberto Calamo
  • Un altro uomo del popolo Andrea Goglio

maestro del coro Ulisse Trabacchin 
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Nuovo allestimento Teatro Regio Torino

Teatro Regio, 19 settembre 2023


photo©Andrea Macchia

La Juive, capolavoro dell’ebreo francese Halévy, debuttò il 23 febbraio 1835 e fu molto apprezzato da Berlioz, Wagner e Mahler che videro in esso, non solo i germi della “Grand Opera”  – gli ugonotti di Meyerbeer seguirono un anno dopo – anche l’evoluzione dell’opera classica francese di Lully e Rameau,  passando per Cherubini, amico di Halévy e Spontini. Meno entusiasta Verdi, il quale dopo averne presenziato una recita dichiarò di essersi annoiato. Certo, il suo ingresso nel panorama operistico già col solo Nabucco, fece piazza pulita del “Grand Opera” che così gradualmente uscì di scena alla fine del diciannovesimo secolo. Ora sembra che sia giunto il momento della rivincita. Certo, con un ritmo molto lungo se pensiamo che il sottoscritto in quasi 60 anni di frequentazione teatrale è stato in grado di assistere in precedenza a La Juive solo due volte: al Teatre Liceu nel 1974, una delle ultime apparizioni di Richard Tucker nel ruolo di Éléazar, poi nel 2005 al Teatro La Fenice di Venezia con Neil Shicoff nella parte terribile di questa sorta di “Azucena” tenorile.

photo©Andrea Macchia

Splendida apertura di stagione a Torino, con una nuova squadra alla direzione: Mathieu Jouvin sovrintendente e Cristiano Sandri direttore artistico. Si entra a testa alta in una nuova programmazione del Teatro Regio, con un cartello di grande interesse non solo nel panorama italiano. Lo sforzo produttivo e organizzativo ha garantito un’esecuzione esemplare e per molte ragioni indimenticabile. A cominciare dal lavoro delle masse, francamente superbo il coro, istruito da Ulisse Trabacchin e dell’orchestra che si conferma tra le migliori d’Italia. Le lodi devono essere estese a tutta la componente attiva del teatro, tecnico e musicale, poiché la messa in scena iperbolica realizzata in toto da Stefano Poda richiede la proverbiale precisione degli orologi svizzeri.

photo©Andrea Macchia

Una scena unica, ma con movimenti inarrestabili di macchinari a tutti i livelli, la figurazione moltitudinaria (17 mimi ballerini, 20 comparse attori), il perenne “horror vacui”, forse potrebbero suggerire ciò che abbagliò il pubblico del “Grand Opera” nel diciannovesimo secolo, ma piuttosto creano una grande confusione sul palcoscenico, dove i solisti si identificano con difficoltà, sia per i brutti costumi, risolti con vestaglie di due colori:  bianco per gli ebrei e rossastro e nero per i cristiani, la scarsa illuminazione, abbagliante o in controluce, sovrapponendo all’azione originale un’infinità di allusioni non sempre interpretabili. Tutto ciò già censurabile in un’opera nota, per esempio la recente Aida in Arena, riduce La Juive in un autentico rebus anche per chi vi arriva preparato in anticipo. Tutto va detto: il pubblico “Under 30” della recita a cui ci si riferisce, ha apprezzato quest’incrocio tra Le Cirque du Soleil e la Fura dels Baus, e così l’ingresso di Poda sul palco finale ha ricevuto un caloroso applauso.

photo©Andrea Macchia

Successo clamoroso e pienamente meritato alla componente musicale. Daniel Oren può passare per specialista di La Juive, poiché con questa raggiunge la sua terza produzione. Ne offre una versione quasi completa, vale a dire nella revisione che lo stesso Halévy adattò quando realizzò l’eccessiva lunghezza composizione; pure così, l’opera dura quasi quattro ore di sola musica. Vengono eseguiti il duetto tra Eudoxie e Rachel, il Bolero di Eudoxie e quasi tutte le musiche del balletto. Alcuni tagli, ampiamente giustificabili, nelle “strette”, la ripetizione della cabaletta di Éléazar, che viene quasi sempre omessa. La lettura di Oren brilla per qualità stilistico – musicale ispiratissima, si intuisce che è una musica che sente con particolare affetto.

photo©Andrea Macchia

L’enfasi dei cori, delle scene di massa, contrasta idealmente con l’intimità delle pagine degli ebrei, essendo particolarmente notevole il secondo atto, quello della celebrazione della Pasqua, raggiungendo il suo apogeo nell’aria di Éléazar “Rachel, quand du Seigneur”, la più famosa dell’opera. Ad interpretarla un tenore la cui traiettoria artistica ha del miracoloso: Gregory Kunde, entrato nei suoi “primi” 70 anni, fornisce una master class di interpretazione e vocalità, con una veemenza insultante negli acuti, incredibile fermezza nella linea vocale, padronanza delle dinamiche e, soprattutto, una commovente intensità interpretativa. Mariangela Sicilia, Rachel, l’ebrea del titolo, affronta un ruolo Falcon (la prima interprete fu, infatti, Marie Cornéile Falcon) sostenuta da un accompagnamento ideale che le permette di trovare colori e sfumature in questo ruolo dove passa dall’innocenza all’eroismo, superando senza problemi una tessitura che si estende agli estremi delle possibilità vocali.

photo©Andrea Macchia

Il ruolo di Brogni, il cardinale che si scopre essere suo padre, ha avuto in Ricardo Zanellato l’autorità, la presenza indispensabili sia vocalmente che scenicamente. Il resto del cast si è disimpegnato molto bene, ma vale la pena citare l’ottimo tenore “contraltino” Ioan Hotea, Leopold ed il soprano di coloratura Martina Russomanno –  Eudoxie, inspiegabilmente conciata come una sadomasochista Jessica Rabbit – entrambi da seguire con grande attenzione per essere, più che due promesse, due ottime realtà.

Andrea Merli

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