SOFIA (Bulgaria): TETRALOGIA – Richard Wagner, 8-13 luglio 2023

SOFIA (Bulgaria): TETRALOGIA – Richard Wagner, 8-13 luglio 2023

TETRALOGIA

Richard Wagner


Das Rheingold, 8/07

Die Walküre, 9/07

Siegfried, 11/07

Der Götterdämmerung, 13/07


Tu non sai il danno che hai fatto con le tue recensioni delle opere di Wagner allestite da quel pazzo di Kartaloff a Sofia. I bulgari non devono cantare Wagner, si rovinano le voci, anni di lavoro perso!” a corollario di questo rimprovero giunse poi la “consacrazione” con una dedica ironica sul programma della celebrazione dei suoi 80 anni nel corso di un Gala al Teatro Regio di Parma, il 25 ottobre del 2014: “All’esperto wagneriano, con amore Raina Kabaivanska”. Ora, distanza di quasi dieci anni carissima Raina, mi dovrai di nuovo redarguire!

In effetti con una dose di coraggio proporzionale solo alla sua intraprendenza e determinazione tra il 2010 ed il 2013 Plamen Kartaloff, direttore dell’Opera Nazionale di Sofia, ha portato sulle scene bulgare e per la prima volta l’intera Tetralogia. Il sottoscritto, che segue l’attività operistica a Sofia dai tempi insospettabili de Il Principe Igor allestito in piazza, davanti al Mausoleo del comunista Georgi Dimitrov “padre” della Repubblica Popolare Bulgara, inglobato nella scenografia poco prima di essere demolito nell’ormai lontano mese di agosto del 1999, è stato testimone attivo dalle pagine del mensile “l’opera” di questa avventura wagneriana. Dopo aver rappresentato anno dopo anno con incredibile sforzo di maturità e costanza la monumentale opera, completata da allestimenti altrettanto pregevoli del Tristano, di Parsifal e l’estate scorsa con uno spettacolare allestimento dell’Olandese volante (letteralmente) all’aperto sulle sponde del lago Pancharevo, alle porte di Sofia, Kartaloff “Il puro folle” produce un’altra Teatralogia nell’ambito di un Festival Wagner che ha preso il via con L’Oro del Reno lo scorso 8 luglio, proseguirà con la ripresa del Tristano e Isotta il 23, del Parsifal il 25 e, di nuovo sulle rive del Pacharevo, con due recite dell’Olandese il 29 e 30 luglio.

Tutto ciò ha dell’incredibile in una realtà come quella bulgara, una nazione di sette milioni di abitanti, giova ricordarlo, sebben da sempre rivelatasi una miniera di voci, molte delle quali attualmente dedite al canto wagneriano nei teatri più prestigiosi del mondo; che poi Wagner si deve cantare “bene”, né più e nemmeno di come si cantano Verdi, Puccini, Donizetti e Bellini; con coscienza stilistica che varia da autore ad autore, certo, ma pur sempre con la tecnica giusta e voci sane. Voci tutte bulgare, tranne due sui tre Wotan impegnati nelle rispettive opere susseguitesi giorno dopo giorno: altro “miracolo” bulgaro.

Cosa distingue questa seconda produzione dalla prima, “vecchia” di appena dieci anni? Una maturità raggiunta soprattutto dalla componente musicale e, nello specifico, dalla splendida orchestra, giustamente chiamata in ribalta per gli applausi finali, che nel corso degli anni ha acquistato una lodevole specializzazione. Va aggiunto che, per oggettivi motivi di capienza del golfo mistico e sebbene alcuni strumentisti siano stati piazzati nelle barcacce a lato del boccascena, qui come in pratica in tutti i teatri di “tradizione” si esegue la versione Lessing che comporta una riduzione dei fiati e pure delle incudini che cadenzano la discesa nel Nibelheim. Nonostante ciò si rimane sommersi da incredibili onde sonore a cui corrispondono momenti di trasparenza musicale di estrema nitidezza, il tutto senza che le voci vengano mai sopraffatte. Grande merito del 48enne direttore di Kaslsruhe Costantin Trinks, che si era già avuto modo di apprezzare qui nell’entusiasmante Tristano del 2015, e che conferma delle doti non comuni in questo repertorio. Una bacchetta da non perdere di vista, che ha compiuto uno sforzo titanico ottenendo un meritato trionfo personale.

Con lui festeggiatissimo l’intero, interminabile cast: nell’Oro del Reno abbiamo potuto apprezzare il veterano Wotan di Nicolay Petrov, un pezzo di storia del teatro bulgaro, la autorevole Frika, letteralmente esplosa interpretativamente nella Valchiria, di Mariana Zsvetova, l’ottimo Alberich del baritono Plamen Dimitrov, bravissimo pure nel Sigfrido, l’eccezionale Loge, sia come attore che come cantante, del tenore Daniel Ostretsov, il non meno bravo Mime del tenore Krasimir Dinev, che si è poi superato nella Seconda giornata, il tenebroso Fafner del basso Petar Buchkov, che ha impersonato pure un poderoso e mefitico Hagen nel Crepuscolo, le ottime Freia, il soprano Silvana Pracheva ed Erda, il contralto Vesela Yaneva e, incredibilmente agili nel canto e nel “nuotare” con mosse da acrobate ballerine su tappeti elastici, le tre figlie del Reno: Woglinde, Ayla Dobreva che nel Siegfried è stata un sorprendente “uccellino” svolazzante su un altissimo trapezio, Wellgunde, Ina Kalikova e Flossilde, Alexandrina Stoyanova-Andreeva.

Wotan nella Valchiria è stato il basso americano Thomas Hall, giustamente applauditissimo e sensazionale nei dolci accenti paterni del duetto finale con la superlativa Brünhilde del soprano Gergana Rusekova, dalla voce ben emessa e sicura nei terribili Do acuti lanciati a freddo al suo ingresso in scena. Di bella presa scenica e ottimo vocalmente il soprano Tsvetana Bandalovska, poi apprezzata Gutrune nel Crepuscolo e perfetto per presenza, proiezione e squillo il tenore Martin Iliev, Siegmund e poi Siegfried, eroico non fosse per l’incredibile resistenza vocale, nell’intera Terza giornata. Delle otto valchirie, colpo di scena che è valso ben due applausi in piena esecuzione della cavalcata da parte di un pubblico entusiasta, con buona pace dei “puristi”, dirò solo che sono state fantastiche.

Cambio di Wotan per il Siegfried: questa volta l’onore e l’onere è toccato al valente e bravissimo basso ungherese Krisztián Cser, dalla voce potente, ampia e ben timbrata e ottimo interprete. Cambio di Brünhilde con la lirica ed appassionata Radostina Nikolaeva, un’artista che ho avuto la fortuna di apprezzare tante volte in ruoli verdiani e pucciniani e che con Wagner conferma una linea di canto senza forzature, ricca di belle intenzioni interpretative. Kostadin Andreev, altro artista bulgaro incredibile: nel corso degli anni l’ho sentito passare da Hoffmann a Cavaradossi, a Andrea Chenier ed ora in Wagner ha trovato la via dell’eterna giovinezza, con un timbro e colore giovanili quanto l’aspetto e con la potenza necessaria per emergere in una parte di autentico Helden tenor. Il momento in cui mi è più piaciuto è stato nel ricordo della madre durante il secondo atto, eseguito con un trasporto di candore adolescenziale.

Infine Götterdämmerung, la giornata più gloriosa ed attesa della Tetrologia, dove Wagner ha trasfuso le “tinte” dei precedenti Prologo e Giornate. Qui l’orchestra, il direttore Trinks, il coro istruito da Violeta Dimitrova, hanno fornito una prova davvero memorabile. Non meno che l’intero cast, dalle intense Norne, rispettivamente Tsveta Sarambelieva, Ina Kalinova e Lyubov Metodieva, alle sempre splendide figlie del reno, alla Waltraute del mezzosoprano Kamelia Kader, in splendida forma vocale, al Gunter del baritono Atanas Mladenov, alla poderosa ed incombustibile Brünhilde del soprano Yordana Derilova, la quale ha fornito una prova maiuscola, emergendo in tutta l’opera, ma raggiungendo l’apice nello splendido finale.

Dopo averci dato una lettura “manga” con tocchi surreali ed onirici nella precedente edizione, portata poi in tournée in diversi teatri tra cui il Bolshoi, Kartaloff ci propone una Tetralogia ancora stilizzata, forse più raffinata nel tratto delle scene costituite da un macchinario impressionante, mobile e scomponibile di cerchi praticabili, scenografo Hans Kudlich, con i costumi altrattanto stilizzati, fantasiosi e ricchi creati da Hristiyana Mihaleva-Zorbalieva, le luci ben dosate e di garnde effetto, cos¡ come le proiezioni, le prime opera di Andrej Hajdinjak, le seconde di Ivan Liptchev. Di forte impatto i ben nove cavalli “rosso Valentino” realizzati dallo scultore Boryan Blechev, su cui cavalcano le valchirie entrando a tempo sul canto, mossi da elementi del corpo di ballo stabile, capaci di seguire le note da spartito e che, comprensibilmente, hanno provocato un “ohh” di stupore tra il pubblico durante la fatidica cavalcata delle valchirie. Si tratta, in breve, di un Wagner “spiegato al popolo”, cioè fedelissimo alla drammaturgia, laddove l’intento didascalico e la “materializzazione” di quanto viene suggerito dalla musica e dal testo ha lo scopo di essere immediatamente fruito e capito dal pubblico più semplice, che magari si accosta per la prima volta a Wagner.

Nessun turbamento socio, politico, filosofico e psicologico: la Tetralogia nella sua totale teatralità, con in bella evidenza anche il lato grottesco e, perché no?, comico: la lotta dei nani, le trasformazioni di Alberico, le allusioni erotiche delle provocanti figlie del Reno. Finalmente! Sembra difficile da credere, ma in questo Ring ci si diverte, ci si commuove, ci si fa trasportare dalla fantasia e dall’entusiasmo. Se ciò è un difetto, magari si sbagliassero tutti così.

Tutto esaurito, presenza di molti stranieri, tedeschi ed inglesi, ma anche italiani che hanno scoperto il Wagner …  bulgaro. Eh, sì, amatissima Raina: i bulgari cantano ed eseguono assai bene “anche” Wagner!

Andrea Merli

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