TEATRO ALLA SCALA: Andrea Chénier – Umberto Giordano, 6 maggio 2023
ANDREA CHÉNIER
Umberto Giordano
Dramma di ambiente storico in quattro quadri
Libretto di Luigi Illica
Direttore Marco Armiliato
Regia Mario Martone
Personaggi e Interpreti:
- Andrea Chénier Yusif Eyvazov
- Carlo Gérard Luca Salsi
- Maddalena di Coigny Sonya Yoncheva
- La mulatta Bersi Francesca Di Sauro
- La contessa di Coigny Josè Maria Lo Monaco
- Madelon Elena Zilio
- Roucher Ruben Amoretti
- Fléville Sung-Hwan Damien Park
- Fouquier Tinville Adolfo Corrado
- Matthieu Giulio Mastrototaro
- Un incredibile Carlo Bosi
- L’abate Paolo Nevi
- Schmidt/Il maestro di casa Li Huanhong
- Dumas Emidio Guidotti
Scene Margherita Palli
Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Coreografia Daniela Schiavone
Produzione Teatro alla Scala
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Teatro alla Scala, 6 maggio 2023
La ripresa di questa produzione che ha aperto la stagione 2017 del Teatro alla Scala, è stata affidata al direttore Marco Armiliato, il quale è sempre garanzia di grande professionalità e conosce e domina perfettamente questo repertorio “verista”. Sempre in forma smagliante la splendida orchestra e pure magnifico il coro che in Alberto Malazzi ha trovato un degno successore del precedente Bruno Casoni.
Due degli interpreti hanno ripetuto la prova di cinque anni fa: Yusif Eyvazov, Andrea Chénier e Luca Salsi, Carlo Gerard. Il tenore azero, che a Milano è considerato di casa per essersi formato all’Accademia della Scala, possiede quasi tutto: prestanza, acuti facili e squillanti, domina le dinamiche, fraseggia ed accenta in perfetto italiano, sul palco è bello, irruente, travolgente. Gli manca la “bella voce”; in certa misura, ricorda a chi ebbe la fortuna di ascoltarlo in teatro – leggi il sottoscritto – Bernabé Marti, marito della Caballé, appunto esempio di “brutta voce” ma in teatro efficacissimo nel canto. Lo Chénier di Eyvazov ha ampiamente meritato il grande applauso dopo l'”Improvviso” e quindi il trionfo alla fine dell’opera: le sue qualità, la maturità di interprete acquisita, compensano una natura non troppo generosa.
Luca Salsi ripete con maggiore profondità interpretativa il Gerard che già conoscevamo. Il pubblico della Scala ha risposto con un applauso interminabile, grida di “bravo” e richieste di Bis al suo “Nemico della patria”.
New entry nella produzione, Sonya Yoncheva. Il soprano bulgaro ha sorpreso molto piacevolmente dopo la sua discutibile Fedora (una produzione dello stesso Mario Martone, ma non riuscita come questo precedente Chénier) la parte di Maddalena essendo più acuta non la espone troppo in zona grave. La sua interpretazione de la “Mamma morta”, preceduta da un vibrante recitativo, le ha garantito un applauso convinto, ripetuto più tardi dopo il duetto finale, al calor bianco.
Del cast lungo dobbiamo evidenziare il penetrante e sibillino Incredibile del tenore Carlo Bosi; un lusso disporre del basso Ruben Amoretti nella parte di Roucher. Il baritono Giulio Mastrototaro pone in giusto rilievo, vocale e scenico, il Sanculotto Mathieu, mentre il tenore Paolo Antonio Levi si dimostra un credibile Abate. Tra la Contessa di Coigny di José Maria Lo Monaco e la mulatta Bersi di Francesca Di Sauro, si è preferita l’interpretazione e la vocalità della seconda.
Elena Zilio merita un capitolo a parte nel ruolo della “vecchia Madelon”: il mezzosoprano trentino è “classe 1942”. Non sarebbe galante sottolineare la data se la sua voce non fosse tutt’ora impressionante: quando la Zilio apre bocca offre una master class a tutti, firmando un cammeo con ferma emissione, suoni perfettamente proiettati, e con un’interpretazione rimarchevole. Un’occasione per i suoi colleghi e per il pubblico di apprezzare la vecchia scuola del canto.
Lo spettacolo, su cui ci si fermò con dettaglio ai tempi, si rivela ancora e sempre molto valido, soprattutto per i rapidi cambi scena a vista.
Andrea Merli