DRESDA: Tetralogia – Richard Wagner, 27/28 – 30 gennaio 1° febbraio 2023
TETRALOGIA – Richard Wagner
L’oro del Reno
La Valchiria
Sigfrido
Il crepuscolo degli Dei
Direttore Christian Thielemann
Messa in scena di Willy Decker
Scenografia Wolfgang Gussmann
Costumi Wolfgang Gussmann , Frauke Schernau
Drammaturgia Klaus Bertisch
Interpreti
- Andreas Schager
- Jurgen Sacher
- John Lundgren
- Markus Marquardt
- Stephen Milling
- Christa Mayer
- Ricarda Merbeth
- Mirella Hagen
Coproduzione con il Teatro Real Madrid
Reso possibile dalla Daimler AG
Un’iniziativa sostenuta dalla Fondazione Semperoper
Semperoper, 27/28 – 30 gennaio 1° febbraio 2023
Questo è il primo ciclo dell’intera Tetralogia programmata consecutivamente in più riprese. Sei giorni di filata, compresa la pausa di meno di un dì tra i due titoli più onerosi: Siegfried e Der Götterdammerung, protagonisti la direzione del Maestro berlinese Christian Thielemann alla guida della Sächsische Staatskapelle e un cast di ottimo livello alla Semperoper di Dresda.
C’è poco da dire sulla parte scenica. La regia è di Willy Decker, le scene le firma Wolfgang Gussmann ossessionato dalle sedie che ficca in tutte le produzioni; i costumi pure di Gussmann a cui si somma Frauke Schernau e con la “drammaturgia” (da sola quella di Wagner non basta, c’è sempre qualcuno pronto a spiegarcela) di Klaus Bertisch. Uno spettacolo che ha superato i 20 anni de quando è nato a Dresda e si è poi presentato al Teatro Real di Madrid dal 2002; appare ormai datato e superato nel suo prevedibile aggiornamento. Chi firma ricorda ancora con affetto e nostalgia le tele dipinte (e magnificamente illuminate) al vecchio Liceu, dovute all’arte dello storico scenografo Mestres Cabanes: riproposte oggi sarebbero “rivoluzionarie”! Non è solo l’ovvietà delle soluzioni sceniche, il più delle volte banali e che rasentano il ridicolo involontario, è la “globalizzazione” di una formula che vale per ogni bisogna e che ormai rappresenta una comoda scorciatoia in assenza di idee. Diceva il buon Wagner: “Sono consapevole che oggi – negli anni Settanta dell’Ottocento – è impossibile rendere realisticamente le mie indicazioni di scena, ma in futuro le nuove tecnologie lo permetteranno sicuramente“. Non contava sulla moda imperante del Regie-Theatre, che purtroppo dobbiamo soffrire e sopportare. Tuttavia, un merito va riconosciuto da Decker & C., e cioè che l’azione si sussegue senza interruzioni e che, essendo la produzione “di casa” si sono risparmiati i soldi per farne una nuova. È già qualcosa.
Chiudendo gli occhi, cosa che più di uno ha fatto, l’esecuzione musicale è stata semplicemente travolgente. Personalmente, vicino a compiere 72 primavere, non avevo mai avuto l’opportunità di ascoltare una Tetralogia, Wagner in generale, di questa suprema qualità musicale. Thielemann si rivela un autentico “mago”, non solo per la sicurezza con cui dirige e la scelta dei tempi, dinamiche, colori, per l’intensità espressiva in un’onda musicale che ti avvolge, ti travolge e ti commuove, con una lettura che anche nelle pause, nella trasparenza dei pianissimo, nella accecante luminosità del forte e del fortissimo, dove l’orchestra non perde mai la tensione e la precisa definizione con controllo e omogeneità del suono. Ciò che ottiene è che tutti, orchestra ed interpreti “cantino”, il ché non è cosa scontata in Wagner, in cui molti cedono al frastuono e sopraffanno con suoni prossimi all’urlo.
Va aggiunto che ha potuto contare sull’orchestra più adatta a suonare Wagner e Strauss: la Staatskapelle. È vero che alle spalle c’è stato un lavoro ponderato (un mese di prove) ma non riesco ad immaginare un’orchestra superiore a questa di Dresda: l’intonazione delle arpe (quattro ne L’oro del Reno) la precisione degli ottoni; non parliamo poi della vellutata morbidezza degli archi e della perfetta integrazione di tutti, dalle percussioni ai fiati. I momenti di puro sinfonismo, limitandoci al solo Götterdammerung con il viaggio di Sigfrido sul Reno e la marcia funebre, sono stati e rimarranno impressi nella memoria di chi ha avuto la fortuna di assistere. Un’autentica gioia per le orecchie e per il cuore del pubblico, tra cui molti stranieri in “pellegrinaggio”, che ha gremito il teatro, ha festeggiando con gridi e foga da stadio, scattando in Standing Ovation al fine di ogni opera e ritmando coi piedi sul pavimento in legno gli applausi.
Successo trionfale anche per tutta la squadra di cantanti. Soprattutto per il tenore austriaco Andreas Schager, Siegmund e poi Siegfried, il quale si conferma “Helden Tenor” per eccellenza. Voce di bel timbro, posizionata perfettamente, con squillante ed argentea eppure dotata di un centro che gli permette di scurire con colore baritonale; risulta poi essere un interprete convincente di simpatia contagiosa; ha meritato il grande successo che gli è stato tributato. Il soprano di Chemnitz Ricarda Merbeth è apprezzata interprete di Brünhilde; il suo ingresso ne La Valchiria è sembrato un po’ cauto, quasi in sordina, ma è stata in crescendo vocale ed interpretativo nel corso delle tre opere in cui ha partecipato, specie nel Crepuscolo dove ha tirato fuori una notevole grinta, con totale saldezza musicale e risultando molto convincente sul lato espressivo, confermandosi grande artista. La Sieglinde del soprano inglese Allison Oakes ha conquistato per la bella linea vocale e la dolcezza della voce squisitamente lirica.
Il cartello è molto ampio e col dire che sono stati tutti bravi potremmo chiudere la partita. Tuttavia vale la pena menzionare il Wotan ricco di intenzioni introspettive oltre che scenicamente autorevole del baritono John Lundgren, il debuttante Alberich dell’ottimo baritono Markus Marquardt, il Falsot del basso Georg Zeppenfeld, dalla voce potente e centrata in zona grave, il quel in seguito ha impersonato Hunding ne La Valchiria, il Fafner del tenebroso basso Karl-Heinz Lehener, il ben caratterizzato Mime del tenore Jürgen Sacher, il sonoro Donner di Lawson Anderson, la sopranile Frika di Christa Mayer e l’Erda con voce di contralto di Michal Doron, poi prima Norna, l’Hagen del basso danese Stephen Milling, più cattivo del solito già che la “drammaturgia” lo costringe a violentare Gutrune, Anna Glaber, a fine del primo atto del Crepuscolo.
Una menzione speciale merita la veterana Waltraud Meier, Waltraute nel Götterdammerung, la quale con queste recite chiude la sua carriera di interprete wagneriana. È stato il tocco che ha ulteriormente impreziosito una Tetralogia di assoluto valore.
Andrea Merli