NOVARA: Le convenienze ed inconvenienze teatrali – Gaetano Donizetti, 11 novembre 2022
LE CONVENIENZE ED INCONVENIENZE TEATRALI
Farsa in due atti
Musica di Gaetano Donizetti
Libretto di Domenico Gilardoni
Arrangiamento di Vito Frazzi
Drammaturgia Alberto Mattioli
Direttore Giovanni Di Stefano
Regia Renato Bonajuto
Personaggi e Interpreti:
- Corilla Carolina Lippo
- Procolo Paolo Ingrasciotta
- Mamma Agata Simone Alberghini
- Luigia Leonora Tess
- Dorotea Lorrie Garcia
- Guglielmo Didier Pieri
- Biscroma Strappaviscere Andrea Vincenzo Bonsignore
- Prospero Salsapariglia Stefano Marchisio
- L’Impresario Dario Giorgelè
- L’Ispettore del Teatro Juliusz Loranzi
Scene Danilo Coppola
Costumi Artemio Cabassi
Coreografie Riccardo Buscarini
Coreografie riprese da Giuliano De Luca
Corpo di Ballo Romae Capital Ballet
Maestro del Coro Yirui Weng
Coro del Teatro Coccia
Orchestra Filarmonica Italiana
Coproduzione con il Teatro Municipale di Piacenza e Teatro dell’Opera Giocosa di Savona
Teatro Coccia, 11 novembre 2022
Le convenienze ed inconvenienze teatrali, ovvero Viva la Mamma! , come solitamente si intitola la farsa donizettiana all’estero, rappresentano un po’ la colonna sonora della mia vita di melomane (medio? ma sì dai). Ancora 18enne, a Venezia per un disastrato corso di architettura che mi vide abdicare per una più seria facoltà di medicina a Trieste l’anno successivo, potei frequentare una stagione magica al Teatro La Fenice.
Un’Aida con Tucci e Cossotto, tra gli altri, l’Armida con la Deutekom (la mia prima “impiccionata” con un antidiluviano, ma per i tempi pura fantascienza, registratore a cassette portatile della Sony che mi feci regalare da mio padre con la scusa che mi sarebbe servito a memorizzare le lezioni: la facoltà era assolutamente politicizzata e non si tenne nemmeno una lezione per tutto l’anno accademico) e, appunto, nel mese di febbraio 1970 Le convenienze ed inconvenienze teatrali in un delizioso spettacolo importato dalla Germania, dove l’opera tradotta era di repertorio, mentre alla Fenice costituiva praticamente una “prima nazionale”, diretto dal giovanissimo Jesús López Cobos con un’irresistibile Anselmo Colzani nei panni di Mamma Agata, Giorgio Zancanaro inquelli di Procolo e, udite udite, la 23enne Daniela Mazzucato (ancora col cognome Meneghini a cui poi rinunciò) … fu amore a prima vista, per l’opera e per Daniela.
Vi risparmio le successive versioni e produzioni – ma praticamente le vidi tutte – dell’opera, ma una la devo citare per forza: al Teatro Chiabrera di Savona dove “L’opera giocosa” allestì una memorabile edizione nel novembre del 1981. E parlo ancora di cari amici: Simone Alaimo, irraggiungibile Mamma Agata, la compianta Daniela Dessy (ancora con la “ipsilonne” nel cognome) Corilla e con loro William Matteuzzi, Armando Ariostini tra gli altri. Dirigeva un giovane e promettente Antonello Allemandi, ma soprattutto la regia, geniale e ricca di trovate, era del buon Beppe De Tomasi, una tra le creazioni sue più riuscite, replicata poi decine di volte, con allestimenti diversi fino all’ultimo, al Teatro Massimo Bellini di Catania nel 2011. Ultima, narcisistica citazione: Viva la Mamma! segnò il mio debutto registico e come adattatore al Teatro Margarita Xirgú di Buenos Aires l’8 settembre del 2002, con la compagnia della Casa de la Opera de Buenos Aires, diretta da Adelaida Negri, lei ironica e divertita Prima donna e il baritono Leonardo López Linares, 120 kg per un metro e novanta di altezza, in una versione porteña del “madro” donizettiano.
Questo lungo preambolo mi permette di introdurre lo spettacolo andato in scena al Teatro Coccia di Novara, un anno dopo al suo debutto al Teatro Municipale di Piacenza, per la regia di Renato Bonajuto, allievo prediletto del De Tomasi e compagno di avventura nella “nostra” Vedova allegra, ultimamente a Sassari. Bonajuto, che fu l’assistente di Beppe a Catania undici anni fa, è come il suo Maestro un uomo di teatro che il suo mestiere lo fa con competenza e passione e con quella preparazione, musicale e letteraria, che per molti affermati registi è diventata ormai un optional. Questa esorbitante e divertente opera metateatrale, ricca di situazioni paradossali, trova nella sua regia la soluzione ideale, coadiuvata anche dall’uso del parlato (come alla prima napoletana del 1827, del resto) al posto del recitativo secco della seguente versione per la Cannobiana di Milano, qui rivisto ed attualizzato con ottimi risultati da Alberto Mattioli.
L’opera, del resto e molto più di tante altre, si presta anzi esige l’attualizzazione. Quindi il compositore Biscroma diventa il direttore d’orchestra e, soprattutto, il poeta (ovvero il librettista dell’originale) si trasforma in regista, entrambi con tutti i tic e le pretese dei direttori e registi del momento. Il personaggio del “madro”, figura monumentale, forse oggi sarebbe più opportuno sostituirlo con un altrettanto ingombrante “marito” (quanti ne conosciamo) ma basta ed avanza, all’uopo, quello finto della “prima donna” Procolo.
Alcune gag sono individuabili nella matrice “detomasiana”. Per tutte quella del “tenore tedesco” investito da una secchiata d’acqua e colpito da improvvisa afonia, che dichiara: “Ich habe meine Stimme verloren!” (ho perso la voce!) introdotta a Bregenz nel 1976, in una versione diretta da Carlo Franci con Giuseppe Taddei Mamma Agata, dal tenore di carattere Sergio Tedesco. Spettacolo bellissimo grazie alla suggestiva scena di Danilo Coppola, i preziosi costumi di Artemio Cabassi (il tessuto di paillettes del vestito da “sirena” di Agata arriva dalla Spagna e io ne fui il corriere) alle spiritose coreografie di Riccardo Buscarini riprese da Giuliano De Luca, alla perfetta illuminazione di Ivan Pastrovicchio.
L’orchestra filarmonica italiana ed il coro allineato dal Teatro Coccia, istruito da Yirui Weng, rispondevano alla bacchetta di Giovanni Di Stefano; una direzione senza smagliature, ricca di brio e ritmo che ha supportato idealmente lo scatenato a tratti recalcitrante cast. Vorrei aggiungere che in questa ultima edizione si sono citati (come dovrebbe essere sempre) solo brani donizettiani, anche nelle graditissime “aggiunte” o arie di baule, in questo caso dal Don Pasquale e dalla Linda di Chamounix. Personalmente, poiché Donizetti mette affettuosamente alla berlina Rossini con la storpiatura dell’aria del salice dall’Otello da parte di Mamma Agata, ritengo che altre citazioni rossiniane in questo “pasticcio”, saporitissimo e succulento di suo, siano fuori luogo.
E veniamo al cast, accolto trionfalmente da un pubblico numeroso in cui si è fatta notare una schiera di bambini intorno ai 10 / 12 anni, attentissimi e visibilmente divertiti ed entusiasti. Alcuni cambi ed avvicendamenti rispetto ad un anno fa hanno fatto sudare non poco regista e direttore, per via dei soliti stringatissimi tempi per le prove. Ciò nonostante tutto è filato liscio poiché in quest’opera qualche slittamento musicale o sbaglio nell’entrata del cantante può sembrare voluto ed una gag addizionale. Simone Alberghini, nei panni di Mamma Agata, è parso la caricatura di Drusilla Foer, il trasformista attore Gori, con una eleganza nella figura contrastata dai modi popolareschi e anche maneschi. Esilarante tanto nell’aria di sortita, intonata dalla platea avanzando e spintonando le maschere quanto poi nel duetto con Corilla, la brava e pure sufficientemente acida ed indispettita scenicamente, Carolina Lippo, e poi nella scena della danza, sia con l’impresario, Dario Giorgelé truccato come il sovrintendente del Tetro alla Scala Dominique Meyer, che poi nei balletti tratti da La Favorite, ed infine nella scena del sacrificio che precede il finale in cui tutti scappano una volta saputo dall’ispettore del teatro, Juliusz Loranzi, che è stata tolta la sovvenzione.
Perfettamente centrati i personaggi di Luigia, la capricciosa figlia che si ostina a volere un duetto con la prima donna, la spiritosa Leonora Tess, il Guglielmo Antolstoilonof cantato da Didier Pieri con marcato accento tedesco e inceppando, volutamente, sugli acuti. Meteorica, ma funzionale, la presenza di Dorotea, il controtenore che si scoprirà essere donna vera ed amante di uno sponsor, nella personificazione di Lorrie Garcia. Ottimo Procolo il baritono Paolo Ingrasciotta, in una parte che non disprezzarono in gioventù Zancanaro e Nucci, ed esilaranti i due “eterni rivali”, il Maestro Strappaviscere di Andrea Vincenzo Bonsignore e il mercuriale e saettante “regista” Prospero Salsapariglia reso da Stefano Marchisio in una interpretazione difficile da dimenticare.
In scena prossimamente e per due recite a Savona, sarebbe auspicabile e conveniente rivederle ancora e presto in giro nei nostri teatri queste simpaticissime … Inconvenienze!
Andrea Merli