NAPOLI: La traviata – Giuseppe Verdi, 26 e 27 luglio 2022
La traviata
opera in tre atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave
incentrata su La signora delle camelie, opera teatrale di Alexandre Dumas (figlio), che lo stesso autore trasse dal suo precedente omonimo romanzo
Direttore d’orchestra Francesco Ivan Ciampa
Regia Ferzan Ozpetek
Personaggi e Interpreti:
- Violetta Valery Pretty Yende (22, 27, 29), Claudia Pavone (23, 24, 26, 28, 30)
- Flora Bervoix Valeria Girardello, Lorrie Garcia (29)
- Annina Daniela Mazzucato
- Alfredo Germont Francesco Demuro (22, 24, 27, 29), Francesco Castoro (23, 26, 28, 30)
- Giorgio Germont George Gagnidze (22, 24), Gabriele Viviani (27, 29), Ernesto Petti (23, 26, 28, 30)
- Gastone Marco Miglietta
- Il barone Douphol Enrico Marabelli
- Il marchese d’Obigny Pietro Di Bianco
- Il dottor Grenvil Alessandro Spina
- Giuseppe Michele Maddaloni
- Domestico di Flora Giacomo Mercaldo
- Un commissionario Alessandro Lerro
Scene Dante Ferretti
Costumi Alessandro Lai
Luci Giuseppe Di Iorio
Orchestra, Coro e Balletto del Teatro di San Carlo
Maestro del Coro José Luis Basso
Direttore del Balletto Clotilde Vayer
Produzione del Teatro di San Carlo
Teatro di San Carlo, 26 / 27 luglio 2022
A chiusura della stagione estiva il Teatro di San Carlo di Napoli propone ben otto recite fuori abbonamento, confidando nei numerosi turisti che affollano nuovamente e rianimano l’economia post pandemica della sempre affascinante città partenopea.
Si tratta della ripresa di uno spettacolo collaudato, per la regia del cineasta turco, ma ormai a tutti gli effetti italiano, Ferzan Ozpetek, con le scene di Dante Ferretti per il salone di Violetta nell’atto primo e la casa di campagna per il primo quadro del secondo di sapore orientale: la Traviata ad Istanbul? Poi una prospettiva di scale, forse la riva della Senna per la festa mascherata di Flora ed infine il solo letto ed il buio totale per l’ultimo atto. I costumi parevano scelti, con la mano sinistra, dal fondo magazzino del teatro. Li firma Alessandro Lai: si direbbe “Belle Epoque” sebbene di bello ci sia assai poco. Le luci le amministra Giuseppe Di Iorio. Uno spettacolo banale, nel solco di una mal interpretata tradizione che, se realizzata così, fa rimpiangere il Regie Theater alla tedesca, dove per lo meno si sussurra e grida a seconda dei gusti del pubblico. In questo caso, alle repliche ed in mancanza dei fautori, tutto è filato liscio ed il pubblico pareva soddisfatto. Evviva! Certo, se ci si aspettava un’impronta personale di Ozpetek se ne usciva piuttosto delusi e vieppiù convinti che per le “grandi firme”, del cinema o di altro, il repertorio costituisce un tranello laddove non dispongano di una drammaturgia (sceneggiatura in questo caso) che ne stimoli la fantasia. La trovata di una “turca” che fornisce il narghilè a Violetta, della giarrettiera blu che Germont sbandiera al primo incontro con la protagonista (particolare sfuggito a molti se non a tutti, ma che dalla prima fila si poteva con una certa attenzione osservare) a significare che tra i due ci fosse stato un primo incontro a pagamento, lasciano il tempo che trovano e così pure scenificare il preludio del terzo atto con gli “incubi” della moribonda che rivive il passato, altra idea frusta ed inutile. E finiamola qui.
Meglio, ma molto meglio, la parte musicale. Iniziando dalla direzione di Francesco Ivan Ciampa, il quale non solo non perde mai d’occhio il palcoscenico e, anzi, sostiene idealmente le ragioni del canto supportando con gesto e con la parola gli interpreti, ma segue un ritmo narrativo ben marcato, senza cedimenti nella tensione drammatica e con ampi squarci lirici, di somma poesia nell’esigere all’orchestra suoni eterei ed un accompagnamento dolce e delicato, il ché ha permesso ai cantanti di sfoggiare ampia gamma di colori e di intensità nella dinamica del canto. Seguito in ciò dall’ottima orchestra e dal non meno lodevole coro preparato dal Maestro italo-argentino José Luis Basso.
Nell’arco di due serate consecutive si è potuto apprezzare due cast ben compenetrati ed affiatati. La sera del 26 luglio è stato il turno di Claudia Pavone, la quale per defezione della collega indisposta ha così sostenuto tre recite di fila. Il soprano vicentino ha ampia dimestichezza del ruolo, che risolve con brillante sicurezza (Mi bemolle compreso) nel primo atto e poi, man mano con incalzante vigore drammatico nel prosieguo dell’opera. E’ piaciuta molto nel duetto con il “suo” Germont padre, Ernesto Petti, baritono ormai di collaudata carriera che canta con grande eleganza, perfetta dosatura del fraseggio e dell’accento che si mantiene su una linea morbida ed elegante nel contempo, e poi ha siglato un trepidante finale. Francesco Castoro è piaciuto per il tratto innocente ed un po’ incosciente che dà ad Alfredo, in fin dei conti un “bambinone” che è scappato di casa; canta con grande trasporto, senza mai forzare un suono, dosando in belle mezze voci, emissioni flautate una voce che ha un sapore pregevolmente antico e ricorda i tenori di grazia del bel tempo che fu. Salvo poi sbandierare il Do acuto nella cabaletta del secondo atto e trovare la veemenza necessaria nella scena della diffida in casa di Flora.
La sera appresso è stato il turno di Pretty Yende, che dopo la “prima” del 22 luglio, ha ripreso le forze e ritrovata la salute. Ha iniziato un po’ cautamete, e ciò nonostante ha coronato anche lei con il Mi bemolle il “Follie, follie”. Poi ha carburato di più negli atti successivi, convincendo già completamente nel duetto con Germont, che con lei era il valoroso e vigoroso baritono Gabriele Viviani, recentemente apprezzato a Madrid in Nabucco, dalla voce ampia, timbrata e più corrusco e brutale, ma parimenti efficace, del collega che lo aveva preceduto. La Yende è stata infine magnifica in tutto il terzo atto meritando, al pari della Pavone la sera prima, il trionfo personale che le ha tributato il folto pubblico alla ribalta finale. Francesco Demuro, staglia un Alfredo decisamente virile, impulsivo e vocalmente potente. Anch’egli svettante in acuto, scenicamente irruente, appassionato e geloso come da manuale, con risultati teatralmente molto ben risolti, trovando anche i colori e le mezze tinte nei momenti di trasporto amoroso.
Ben assortiti e molto musicali gli artisti scelti per le parti di fianco. Iniziando dal baritono Enrico Maria Marabelli, un Barone molto presente per proiezione e scenicamente elegante e misurato, passando al brillante Gastone di Marco Miglietta, all’autorevole Grenvil di Alessandro Spina. Menzioniamo la Fora di Valeria Girardello, il Marchese di Pietro Di Bianco, il commissionario di Alessandro Lerro, il Domestico di Flora, Giacomo Mercaldo ed il Giuseppe di Michele Maddaloni, che nella recita del 27 s’è dimenticato l’invito di Flora da consegnare a Violetta: capita.
Un paragrafo a parte, me lo concederete, per il cameo di Annina interpretata da Dainela Mazzucato: ecco come un ruolo di fianco acquista per sapienza scenica, musicale e per una vocalità ancora intatta, uno spessore inusitato. Come diciamo dalle nostre parti, la classe non è farina di polenta!
Andrea Merli