TEATRO ALLA SCALA: L’ITALIANA IN ALGERI – Gioachino Rossini, 13 settembre 2021
L’ITALIANA IN ALGERI
di Gioachino Rossini
Direttore Ottavio Dantone
Regia, scene e costumi Jean-Pierre Ponnelle
regia ripresa da Grischa Asagaroff
Personaggi e Interpreti
- Mustafà Carlo Lepore
- Isabella Gaëlle Arquez
- Lindoro Maxim Mironov
- Taddeo Roberto de Candia
- Haly Giulio Mastrototaro
- Elvira Enkeleda Kamani
- Zulma Svetlina Stoyanova
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Luci Marco Filibeck
Teatro alla Scala, 13 settembre 2021
Un ciclo di tre titoli rossiniani apre il “Festival Rossini” proposto dal Teatro alla Scala in questa fine d’estate ed inizio autunno piuttosto densi di appuntamenti: a L’italiana in Algeri, seguiranno Il barbiere di Siviglia ed Il turco in Italia, riprese di allestimenti collaudati.
Questo di Jean-Pierre Ponnelle risale al 1973 e riporta alla memoria esecuzioni passate alla storia con Teresa Berganza, Marylin Horne e Lucia Valentini. Alcuni si augurerebbero che fosse decisamente accantonato per dar passo a produzioni attuali e, probabilmente, attualizzate. Molti, invece, pensiamo che pur trattandosi del teatro che in Italia dispone dei contributi pubblici e privati più generosi, è un bene non solo riproporre spettacoli perfetti che hanno retto il passo da cinquanta anni e che troveranno sempre un pubblico – la maggior parte del pubblico- che li vede per la prima volta o che gode nel riscoprirli, ma soprattutto da un punto di vista economico, perdurando la contingenza Covid, è ottima impresa contenere le spese e tener d’occhio il portafoglio.
La ripresa di Grischa Asagarof, con la collaborazione di Lorenza Cantini e le luci ripensate da Marco Filibeck, non brillerà per originalità, ma del resto altro non gli si chiede che riproporre fedelmente le intenzioni di Ponnelle e ciò è avvenuto puntualmente.
Musicalmente la direzione di Ottavio Dantone, oggetto di qualche isolata contestazione la sera della seconda recita, ha deluso: atassica nei tempi, ora precipitosi più che travolgenti, a cui corrispondevano poi ritmi mosci, specie nei duetti. Bene l’orchestra, portata però ad eccessi dinamici con relativo sferragliamento delle percussioni, benissimo il coro maschile istruito da Alberto Malazzi.
Il versante maschile decisamente meglio rispetto a quello femminile: iniziano dal ruspante e godibilissimo Mustafà di Carlo Lepore, dalla vocalità rotonda di basso-baritono, con proiezione vigorosa e agilità notevole, dotato di un istinto istrionico rimarchevole. Ottimo il Taddeo del baritono Roberto De Candia, cantato con morbidezza e notevole scioltezza nei vertiginosi sillabati, anche nel suo caso la vis comica, dosata con intelligenza, ci riporta alla miglior tradizione dei buffi cantanti, con in più una vocalità che è quella di Falstaff e Rigoletto. L’Haly del baritono Giulio Mastrototaro ha ben figurato tanto nei pezzi d’assieme quanto nell’aria di sorbetto “Le femmine d’Italia”. Infine il Lindoro di Maxim Mironov, di cui non si finirà mai di lodare la squisita linea di canto, la nobiltà d’accento e la preziosa personalità in scena, da rendere credibile il patetico innamorato galante.
Ottime le due “algerine”, Zulma il mezzosoprano Svetlina Stoyanova ed Elvira, il soprano Enkeleda Kamani, svettante Do acuti nel concertato del finale primo. Deludente Gaelle Arquez, Isabella: bella presenza scenica, voce pregevole di soprano falcon, più che di contralto rossiniano che la parte prevede, e dunque un po’ vuota in centro ed artificiosa nel grave, ma soprattutto priva della sensualità e piccardia che sono l’ingrediente necessario, indispensabile, ad ogni “italiana” che si rispetti e che, nel tempo, hanno reso “pepate”, quando non addirittura sexy, interpreti che non potevano vantare avvenenza scenica. Penso all’inimitabile Horne, ma anche alla non meno poderosa Podles. E tanto basti.
Andrea Merli