VENEZIA: IL TROVATORE – 4 ottobre 2020
IL TROVATORE – Giuseppe Verdi
Teatro La Fenice, 4 ottobre 2020
Direttore Daniele Callegari
regia Lorenzo Mariani
Light designer Fabio Barettin
Personaggie e Interpreti:
- Il conte di Luna Luca Micheletti
- Leonora Roberta Mantegna
- Azucena Veronica Simeoni
- Manrico Piero Pretti
- Ferrando Simon Lim
- Ines Lucia Raicevich
- Ruiz Roberto Menegazzo
- Un vecchio zingaro Umberto Imbrenda
- Un messo Enrico Masiero
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
maestro del Coro Claudio Marino Moretti
Venezia 4 ottobre 2020
Il Teatro La Fenice è tra le fondazioni italiane tra le più determinate, pure in tempo di pandemia, a cercare di mantenere una “normalità” nella proposta di spettacoli che si sono succeduti dalla fine del confinamento, iniziando proprio con l’Ottone in villa di Vivaldi di cui, a suo tempo in luglio, si è data notizia. Con la volontà di offrire, con tutte le limitazioni del caso, spettacoli il più vicino possibile alla totale completezza.
Possiamo così affermare che con questo Trovatore, ripensato su un’idea che parte da una produzione vista a Parma, là con le scene di William Orlandi, il regista Lorenzo Mariani, grazie all’apporto prezioso del “light designer” Fabio Barettin, può considerarsi un “apripista” e fare scuola in un momento in cui, e chissà per quanto tempo, per rifuggere alla forma concertante o semiscenica si dovrà ripensare e riorganizzare le drammaturgie e quindi le regie nel rispetto delle norme di sicurezza.
E dunque, orchestra in buca e in scena una vera propria azione: non più il coro passivamente ai lati o in fondo al palcoscenico, ma partecipe con entrate e uscite di scena, con dei movimenti in parte mimici in parte coreografati. Se si pensa che il tutto è stato realizzato in pochi giorni e che c’è da gridare al miracolo.
Il piano inclinato con pochissimo attrezzo, costituito da sgabelli singoli, lunghi tavoli ed una serie di candelabri che, gestiti con oculatezza e precisione dai solisti, acquisiscono così un effetto simbolico, rappresentando il fuoco che è il tessuto connettivale di tutta l’opera, il “filo rosso” che la lega ed unisce.
Sobrietà nei costumi, la maggior parte neri, con il tocco del rosso per gli zingari: uniche eccezioni Manrico, vestito di bianco “ecrù” e il Conte di Luna, in frack con mantello e cilindro, per evidenziare il suo stato di nobile. I rapidi spostamenti degli elementi scenici a vista, con l’effetto strehleriano del controluce, altrettanto efficaci nel non interrompere l’azione, anzi facendo da collante tra un quadro e l’altro. Insomma, uno spettacolo di rara suggestione.
Musicalmente non meno felice la direzione di Daniele Callegari, direttore di lunga e navigata esperienza specie nel repertorio verdiano. In questo Trovatore c’è proprio tutto, iniziando dalla mai scontata integralità nel rispetto dello spartito, troppo spesso assoggettato a tagli. Si aggiunga un equilibrio esemplare delle dinamiche orchestrali, mai soffocanti il canto, anche nell’agogica attenta al respiro del solista, ma senza perdere il ritmo narrativo e anzi insufflando vigore nelle pagine più infuocate, quanto soavità nei momenti di canto nostalgico: valga l’esempio dell’infiammata “pira” e del precedente terzetto in chiusura del primo quadro, il cantabile “Ah si ben mio” estatico ed ispiratissimo, la dolente aria “D’amor sull’ali rosee” ed il duetto del carcere tra Manrico ed Azucena. L’orchestra ed il coro della Fenice, questo ben istruito da Marino Moretti, si sono distinti lodevovolmente.
Il cast è parso pure notevole, allineando cantanti ormai in carriera e di grande respiro, il mezzosoprano romano Veronica Simeoni, Azucena dal fraseggio tagliente ed incisivo, dal timbro corposo e facile all’acuto, compresa la puntatura al Do nel duetto con Manrico nel secondo atto, e Piero Pretti, tenore di vaglia che, pur senza possedere un timbro di grande bellezza, conquista per il canto sfumato, ma veeemente nei momenti di concitazione, superando con grande slancio e fraseggio acceso i punti più drammatici, salvo piegare la voce in smorzature e mezze voci di grande suggestione. A ciò si aggiunga lo squillo e la tenuta del Do sull’ “All’armi” conclusivo la “pira“, che ha scatenato l’applauso del pubblico. Roberta Mantegna, Leonora, è un soprano palermitano che si sta imponendo nel panorama attuale: voce lirica incantevole, acuti timbratissimi e presi di forza senza alcun segno di forzatura e grande gusto nelle messe in voce, smorzature e pianissimi, tutte qualità che le hanno consentito di siglare una memorabile esecuzione. Una sorpresa per il sottoscritto, che pure ne aveva già sentito parlare positivamente, il baritono Luca Micheletti, Conte di Luna. Al suo attivo un passato di attore sotto la guida di registi del calibro di Ronconi, Bellocchio e Umberto Orsini, tra gli altri, ed una svolta al canto relativamente recente, debuttando nel 2018 il ruolo di Jago in Otello diretto a Ravenna da Riccardo Muti. Indubbiamente gioca a suo favore l’innegabile presenza scenica, ma ciò che ha impressionato è stata la qualità della voce, di bella grana, ampia e ricca di armonici, brunita nel grave e facile all’acuto. La capacità dell’interprete, suscettibile ovviamente di ulteriore maturazione, lo pone tra gli elementi da seguire con maggior attenzione nel prossimo futuro. Sperando ovviamente che ci sia un futuro per l’opera.
Molto professionale il Ferrando del basso koreano Simon Lim e puntuali i comprimari tolti dalle file del coro. Per concludere, un Trovatore che ha superato non solo la “prova Covid 19”, ma nche le più rosee aspettative.
Andrea Merli