PARMA: RIGOLETTO al barsò, 29 giugno 2020

Maestro concertatore e direttore ALESSANDRO PALUMBO

Regia ROBERTO CATALANO

Personaggi e Interpreti:

  • Duca di Mantova DAVID ASTORGA
  • Gilda GIULIA BOLCATO 
  • Rigoletto FEDERICO LONGHI 
  • Sparafucile ANDREA PELLEGRINI
  • Maddalena MARIANGELA MARINI
  • Monterone ITALO PROFERISCE
  • Giovanna MARIANGELA MARINI
  • Matteo Borsa DANIELE LETTIERI
  • Conte di Ceprano GIANNI GIUGA
  • Un paggio CHIARA NOTARNICOLA
  • Marullo CLAUDIO LEVANTINO
  • Un usciere EMIL ABDULLAIEV

 

Luci FIAMMETTA BALDISERRI

Elementi scenici e costumi TEATRO REGIO DI PARMA

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

Per le prescrizioni legate alla pandemia, l’opera è realizzata senza il Coro

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma


Parco della musica, 29 giugno 2020

La ripresa dell’opera a Parma, città tra le più colpite dal Covid-19 nella regione Emilia Romagna, risponde alla volontà di ritornare alla musica nelle terre verdiane e di sperare in un prossimo futuro libero dal virus che ha colpito, oltre che la salute, la cultura del nostro Paese.

Rispettando i decreti in vigore, che impongono il distanziamento e la mascherina quando ci si trovi in posti affollati, con una versione parzialmente modificata nell’organico orchestrale – l’ottima Filarmonica Arturo Toscanini, distanziata e senza i “doppi” con la difficoltà di dover girare le pagine degli spartiti – e privata del coro, sostituito là dove indispensabile dall’intervento dei tre solisti: il tenore Daniele Lettieri, squillante Matteo Borsa, i validi Carlo Levantino, baritono e Gianni Giuga, basso, rispettivamente Marullo e Conte di Ceprano.

Nello spazio antistante l’Auditorium, ricreato da Renzo Piano dall’edificio dello stabilimento Eridania per il raffinamento dello zucchero, tra le fronde del Parco della Musica, il termine barsò – dal francese “berceaux” pergolato – ci sta a meraviglia. Ha fatto apprezzare le qualità, acustica oltre che spaziale, di un luogo adatto alla musica all’aperto. La regia di Roberto Catalano, obbligata alle distanze imposte, ci ha risparmiato le mascherine, impossibili da vedere in scena. In mancanza di scene ed attrezzo, si è ricorsi alla luminotecnica, con i proiettori spostati dagli stessi interpreti che hanno cantato senza nemmeno sfiorarsi. Ne ha risentito particolarmente il quartetto del terzo atto: né il Duca ha potuto abbracciare Maddalena, né Rigoletto e Gilda cantare nascosti in un angolo. Ciò detto, non si è trattato di un “concerto in costume” e, anzi, alcune scene hanno avuto una valenza affatto nuova: per esempio durante i “Cortigiani” contro cui si scaglia il protagonista, reso ancor più drammatico dall’assenza del coro.

Le dodici recite in cartello prevedono un doppio cast, in gran parte formato da giovani emergenti. Perciò la sorpresa è stata grande. Iniziando dalla bella pasta vocale e presenza accattivante dei due terribili fratelli, Maddalena, il brillante mezzosoprano Mariangela Marini, che si è prestata anche al ruolo di Giovanna e l’aitante Sparafucile del basso Andrea Pellegrini, di cui sentiremo parlare ancora. Ottimo l’autorevole Monterone di Italo Proferisce e citiamo pure i ben preparati Paggio di Chiara Notarnicola e l’Usciere di Emil Abdullaiev. Manca all’appello la Contessa di Ceprano, sostituita da una comparsa, poiché i due tagli applicati hanno sacrificato la sua scena, con Perigordino annesso ed il coro “Coi fanciulli e coi dementi” del secondo atto.

Nondimeno il valoroso tenore spagnolo David Astorga, dal bel timbro solare e latino con buona tenuta in acuto, si è fatto valere oltre che in un notevole primo atto, in una bella lettura di “Parmi veder le lacrime” con relativa cabaletta, svettando con gagliardia ne “La donna è mobile”. Ottima la prova del soprano Giulia Bolcato, fresca e trepidante Gilda. Deliziosa scenicamente, poetica in “Caro nome”, facile al sovracuto: uno squillante Mi bemolle a chiusura della “Vendetta”.

Su tutti ha primeggiato per padronanza scenica, intensità del fraseggio e interpretazione potente, ma mai plateale, Federico Longhi un baritono che si fa valere soprattutto all’estero e che si propone come uno tra i più interessanti “gobbi” ora su piazza. Il timbro peculiare non è particolarmente bello, ma nel ruolo del “deforme” Rigoletto aggiunge forza drammatica di grande spessore. Festeggiatissimo alla ribalta finale assieme ai colleghi, a cui si è sommata un’altra promessa, il direttore d’orchestra, chiamato a sostenere una prova di alta difficoltà e di massima responsabilità: Alessandro Palumbo a cui è fin troppo facile pronosticare un felice futuro.

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