TEATRO ALLA SCALA: GALA PLACIDO DOMINGO, 15 dicembre 2019

TEATRO ALLA SCALA: GALA PLACIDO DOMINGO, 15 dicembre 2019

GALA PLACIDO DOMINGO

In occasione del 50° del debutto di Plàcido Domingo alla Scala.

 

 

 

Teatro alla Scala, 15 dicembre 2019


Son passati 50 anni, giorno più giorno meno, dal suo debutto scaligero il 7 dicembre 1969 con Ernani. “Depuis le jour“ Placido Domingo è stato protagonista al Teatro alla Scala in ben 35 produzioni, 28 titoli diversi in gran parte nella sua naturale corda tenorile; anche in due edizioni della verdiana Messa di Requiem, per un totale di ben 154 recite, otto delle quali inaugurali a Sant Ambrogio, a cui si aggiungeranno presto quelle relative al suo Papà Germont della Traviata in cartello nella presente stagione.

Numeri da capogiro, come da capogiro è stato il concerto offerto per il Gala celebrativo, in cui a festeggiare il mentore ed amico si sono prestati la sua concittadina Saioa Hernandez, soprano e prossima Tosca, in gennaio e dopo le recite della Netrebko in Scala, il tinerfeno tenore Jorge De Leon e, in un atteso ritorno, il basso friulano Ferruccio Furlanetto. In parti di “pertichino” tre allievi dell’Accademia della Scala: il soprano Caterina Piva (Dama nel Macbeth), il basso Toni Nezic (Sicario) e il tenore Hun Kim (Malcolm). L’orchestra ed il coro dell’Accademia del Teatro alla Scala hanno avuto per guida Evelinò Pidò che ha diretto pagine del Nabucco, la sinfonia, e quindi una sorta di ampia selezione del Macbeth nella prima parte del Gala e quindi brani dal Don Carlo, la sinfonia de I vespri siciliani ed il duetto tra il Conte di Luna e Leonora del Trovatore nella seconda parte. Bis, annunciato anche se non scritto in programma, il toccante finale del Macbeth 1847, prima versione, “Mal per me” e quindi il gran finale corale della versione di Parigi del 1865. A seguire quasi venti minuti di applausi incessanti, di grida di entusiasmo con tutta la platea in piedi e, quando nessuno ormai se l’aspettava, ecco la zampata del leone che, a cappella, ha cantato la celebre romanza tenorile “No puede ser” da La tabernera del puerto di Pablo Sorozabal. Se questa non è dedizione alla musica ed amore per il pubblico, quale sarà?

Il grande ed immenso Placido, che ha scatenato come era prevedibile un frenetico applauso di entrata sul recitativo di “Perfidi, all’anglo contro me v’unite”, ha dimostrato, ce ne fosse bisogno, che la classe ed il carisma non sono acqua. Ma, soprattutto, e nella ormai consueta corda baritonale dove – inutile negarlo – canta “alla Domingo”, una categoria vocale che andrebbe codificata come quella del “bariton Martin” di scuola francese, ha dimostrato una tenuta di fiati, una freschezza vocale, una proiezione del suono da far invidia ad un trentenne. L’interprete, si sa, è monumentale. “Cosa umana non sono” canta Turandot, ed il sospetto che dentro il “tenor/baritono” possa celarsi un Avenger dai super poteri è legittima. Instancabile, inossidabile, indomabile: gli riesce pure di inginocchiarsi cantando Rodrigo, il Marchese di Posa, davanti a Filippo II, ovvero Ferruccio Furlanetto… ed a rilzarsi con prestanza atletica!

Alla fine, visibilmente commosso, ha fatto più volte il gesto di baciare il palcoscenico e di lanciare il cuore al pubblico. Ma siamo noi, Maestro, ad esserle eternamente grati per quanto ci ha da sempre donato, per le forti ed incancellabili emozioni, per la sua generosità ed il suo essere, oltre che apparire, un mestoso Hidalgo nell’opera come lo è nella vita. Milano, l’Italia, le vuole bene e l’altra sera glielo abbiamo dimostrato. Festeggiando i “primi” 50 anni di Domingo in Scala, lo abbiamo definitivamente consacrato nella Storia del Teatro e del nostro melodramma, posto su un ideale altare da cui nessuno, e nessuna, riuscirà mai a scalzarlo.

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