MODENA: Tosca- Giacomo Puccini, 27 ottobre 2019
TOSCA
Opera in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
dal dramma La Tosca di Victorien Sardou
Direttore Matteo Beltrami
Regia Joseph Franconi Lee da un’idea di Alberto Fassini
Personaggi e Interpreti:
- Floria Tosca, celebre cantante Ainhoa Arteta
- Mario Cavaradossi Luciano Ganci
- Il Barone Scarpia Dario Solari
- Cesare Angelotti Giovanni Battista Parodi
- Il Sagrestano Valentino Salvini
- Spoletta Raffaele Feo
- Sciarrone Stefano Marchisio
- Un Carceriere Simone Tansini
- Un Pastore – Ragazzo, Voce bianca
Scene e costumi William Orlandi
Luci Roberto Venturi riprese da Caroline Vandamme
Maestro del Coro Stefano Colò
Maestro delle Voci bianche Paolo Gattolin
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro Lirico di Modena
Voci bianche della Fondazione Teatro Comunale di Modena
In collaborazione con la scuola La Carovana
Coproduzione Fondazione Teatro Regio di Parma
Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione Teatro Comunale di Modena
Allestimento della Fondazione Teatro Regio di Parma
Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”, 27 ottobre 2019
Al Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena si è potuto assistere in rapida successione a due opere emblematiche della produzione pucciniana, per giunta in giusta sequenza: prima La bohème del 1896 e quindi Tosca del 1900, entrambe offerte in due allestimenti “tradizionali”, l’una nuova fiammante con la regia di Leo Nucci, l’altra un classico che gira ormai da oltre un ventennio sui palcoscenici di mezzo mondo, firmata per la regia da Joseph Franconi Lee da un’idea originale di Alberto Fassini che la ideò, con le scene e costumi di un altro veterano e Maestro del nostro buon teatro, William Orlandi. Una grande ed incombente scalinata occupa tutta la scena, limitata da specchi che ne ingigantiscono le dimensioni, enormi tele in bianco e nero di chiara ispirazione caravaggesca, l’attrezzo suggerito dal libretto con alcune sottolineature (i libri sul tavolo di Scarpia, oltre alla folla di crocefissi, ad evidenziare il suo stato di nobile e di intellettuale) ed i magnifici costumi, specie quelli azzeccatissimi di Tosca, completano il quadro dove la regia si muove con scioltezza ed i ritmi cinematografici suggeriti proprio dalla musica.
Musica affidata alla sicura bacchetta di Matteo Beltrami che, di nuovo, si conferma direttore di vaglia e che di questo “thriller” in cui si mescolano equamente sesso e sangue ne fa scaturire tutte le potenzialità con enfasi e slancio dove necessario, ma anche con trasparenze e colori soffusi (il risveglio di Roma, ne costituisce un esempio nel preludio al terzo atto). Seguito in ciò assai bene dall’ottima Orchestra Filarmonica Italiana che ripete il magnifico risultato apprezzato pure in Bohème e il non meno preciso coro, comprese le voci bianche dirette da Paolo Gattolin, ben indirizzato da Stefano Colò.
La compagnia di canto ha convinto il numeroso pubblico che ha stipato alla recita domenicale e pomeridiana il bel teatro. Iniziando dai ruoli minori: l’intonata Isabella Gilli, stornellante nella parte del Pastorello, il Carceriere di Simone Tansini, il preciso e sonoro Sciarrone del baritono Stefano Marchisio, il pungente e strisciante Spoletta del tenore Raffaele Feo, il pacioccone Sagrestano di Valentino Salvini e l’ottimo Angelotti del basso Giovanni Battista Parodi.
Il terzetto protagonista è stato di grande impatto: lo Scarpia, elegante e imperioso del baritono uruguaiano Dario Solari, dalla vocalità precisa, netta, forse un po’ chiaro di colore, ma proprio perciò più individuabile di altri che tendono a scurire artificiosamente il suono e spesso riescono caricaturali nella loro pretesa malvagità. Qui abbiamo avuto il ritratto di un autentico nobile, a tratti anche distaccato e ironico, ma soprattutto abile fraseggiatore. Luciano Ganci è ormai una certezza in campo tenorile: la parte di Cavaradossi gli calza a meraviglia per la bellezza solare del timbro, per la facilità di salire e di sostenere bene ed lungo gli acuti: notevole “La vita mi costasse” nel primo atto e superlativo il “Vittoria, vittoria!” nel secondo. Rimarchevole negli accenti e nel fraseggio, ha siglato un addio alla vita che gli è valso un lungo e prolungato e meritatissimo applauso, successo trionfale ripetuto poi alla ribalta finale. Dove è stata festeggiatissima Ainhoa Arteta, soprano spagnolo di ormai lunga carriera che in Italia, purtroppo per noi, si esibisce non quanto sarebbe auspicabile. Oltre all’innegabile presenza fisica, di una bellezza mediterranea che ricorda Sofia Loren e che bene si compenetra con quella di Tosca, possiede un temperamento indiscutibile da vera “diva” della scena, qual’è poi la gelosa Floria. Travolgente per il canto fluido, tenuto con una linea ammirevole, per eleganza e veemenza nel contempo, ha siglato un “Vissi d’arte!” da antologia, con un ottimo legato ed uso di pianissimi ed ha poi lanciato un Do acuto nella fatidica “lama” del terzo atto che ci ha letteralmente trafitti, inchiodandoci alla poltrona, lucente e potente. Ecco un’artista, parafrasando proprio Tosca!
Andrea Merli