PIACENZA: NORMA – Vincenzo Bellini, 23 giugno 2019
Norma
opera in due atti di Vincenzo Bellini
su libretto di Felice Romani
tratto dalla tragedia Norma
L’infanticide di Louis-Alexandre Soumet (1786-1845)
Chiesa di San Lorenzo, 23 giugno 2019
“Estate Opera Festival” nella chiesa sconsacrata di San Lorenzo a Piacenza rappresenta ormai da qualche anno un appuntamento imperdibile per i piacentini e non solo. Esempio raro di architettura gotica, il tempio ha subito diversi insulti da quando, ai tempi dell’invasione napoleonica, fu tolto all’Ordine dei francescani di San Agostino e destinato agli usi più diversi: dalla scuderia per i cavalli dell’esercito francese, a magazzino, a provvisorio teatro d’opera durante i lavori dell’attuale Teatro Municipale e perfino a rimessa per natanti durante la prima guerra mondiale.
Ora un lodevole progetto di recupero cittadino che coinvolge anche altri importanti spazi di valore storico, ne sta portando in luce l’antico splendore e, a lavori ultimati, la chiesa costituirà un nuovo Auditorium. Per ora, con un tocco “brutalista” per l’evoluzione del restauro incompleto che dona ulteriore fascino, offre accoglienza a oltre duecento persone, purtroppo mancando parte delle conformità di sicurezza; una volta realizzate, la capienza sarà più che raddoppiata.
In questa cornice si svolge l’attività di “Tampa lirica” nell’ambito delle Manifestazioni Antoniane 2019 che, oltre a proporre due titoli tra i più celebrati del nostro Belcanto, offre la possibilità di mostrare la chiesa. In collaborazione col Comune di Piacenza, col patrocinio della Regione Emilia Romagna, con il sostegno della Banca di Piacenza e della Fondazione di Piacenza e Vigevano ed altri sponsor locali, prende così forma un lodevole quanto seguitissimo appuntamento con l’opera di cui, contrariamente a quanto pensano coloro che si preoccupano sempre e solo degli indici di ascolto, c’è sempre fame: prova ne sia il tutto esaurito e la presenza di un pubblico festante che non ha lesinato applausi ai realizzatori dell’evento.
Siamo di nuovo davanti ad uno di quelli che, non fosse per la frequenza con cui si manifestano specie nella nostra “dorata” provincia, possiamo definire “miracoli all’italiana”, laddove la passione, la voglia di fare bella musica e di produrre bellezza è infinitamente superiore al badget ed ai tempi disponibili, risaputamente risicato il primo e sempre insufficienti i secondi.
Stefano Giaroli, direttore d’orchestra ed organizzatore, rappresenta un bell’esempio di quella operosità artigianale che ci rende fieri, laddove la malleabilità e la interdisciplinarità sono le armi vincenti. Egli è in grado di dare pari dignità ad un’esecuzione della Vedova allegra o piuttosto, in questo caso, del capolavoro belliniano, con un piglio ed una sicurezza invidiabili e con dei risultati a dir poco sorprendenti. Lo segue benissimo la disciplinata e puntuale Orchestra Sinfonica delle Terre Verdiane, composta da elementi che provengono da prestigiosi complessi stabili, ed il Coro Lirico Città di Piacenza, istruito da Corrado Casati, in buona parte proveniente dalle file di quello che opera nella corrente stagione al Teatro Municipale.
Il cast, in un’opera così paradigmatica per le sue risapute difficoltà, allinea degli artisti di grande rilievo: iniziando dal piacentino Mattia Denti, basso saldo di una professionalità granitica e dotato di una voce ampia e nobile, che ha tratteggiato un ottimo Oroveso, passando al tenore milanese Valter Borin, musicista a tutto tondo in quanto ottimo pianista e pure direttore d’orchestra, che è parso in forma smagliante nella parte di Pollione, il proconsole romano, cantato con passione e trasporto, con il dovuto squillo e grande generosità di interprete. Perfetti nei ruoli di fianco il tenore Andrea Bianchi, Flavio ed il soprano Stefania Ferrari, Clotilde.
Scelta non frequente, ma affine all’originale e prima esecuzione dell’opera, Norma ed Adalgisa entrambe soprano, come ai tempi la Pasta e la Grisi. A misurarsi con quei due mitici esempi il soprano russo Svetlana Kalinichenko, dalla voce suadente e persuasiva come interprete e l’italiana Renata Campanella, per il sottoscritto una graditissima sorpresa, Norma di vaglia con tutte le carte (e le note) in regola, sia per il bel legato e la dolcezza nel cantabile, che per lo sciorinamento delle agilità e la proiezione, salda ed intonatissima, dell’acuto. Entrambe, come del resto i colleghi maschi, assolutamente credibili come attrici grazie anche ad un aspetto fisico da top model.
Di tale circostanza si è avvalso il regista, e scenografo e soprattutto eccezionale costumista, Artemio Cabassi, che ha optato per un’ambientazione in “stile impero” e cioè come ai tempi erano intese le opere “in pepli” stando alla iconografia che ci è pervenuta. Costumi stupendi, specie per la protagonista, con accostamenti cromatici di indubbio gusto e raffinatezza, ma da Artemio non ci si può aspettare di meno. In uno spazio “non teatrale” la scena fissa, ma funzionale, è stata d’obbligo anche per permettere gli inevitabili spostamenti di masse e solisti. Le proiezioni su ciò che resta dell’abside hanno completato una messa in scena che, come del resto la saggia illuminazione di Marco Ogliosi, è stata molto apprezzata dal pubblico che, oltre a sottolineare i punti salienti dell’opera con frequenti applausi, si è poi attardato a confermare lo schietto successo alla ribalta finale.
Andrea Merli