MARIBOR: Andrea Chénier – Umberto Giordano, 5 aprile 2019
ANDREA CHENIER
Umberto Giordano
Teatro Nazionale Sloveno, 5 aprile 2019
Direttore: Loris Voltolini
Regista: Sarah Schinasi
Personaggi e Interpreti:
- Andrea Chénier, un poeta – Renzo Zulian , Samuele Simoncini
- Carlo Gérard, un servo – Jaki Jurgec , Siniša Hapač
- Maddalena di Coigny – Sabina Cvilak , Rebeka Lokar
- Bersi, la sua cameriera – Irena Petkova
- Countess de Coigny – Anna Evtekhova
- Madelon, un’anziana – Dada Kladenik
- Roucher, un’amica di Chénier – Luka Brajnik
- Pietro Fléville, un romanziere – Luka Brajnik
- Fouquier-Tinville, il pubblico ministero –Sebastijan Čelofiga
- Mathieu, sans-culotte – Darko Vidic
- The Incredible, una spia – Dušan Topolovec
- Abbé, un poeta – Bogdan Stopar
- Schmidt, un carceriere di St. Lazarus – Alfonz Kodrič Il
- padrone di casa – Bojan Hiteregger
- Dumas, presidente del rivoluzionario Tribunale – Alfonz Kodrič
scene William Orlandi
costumi Jesùs Ruiz
luci Andrej Hjdinjak
Orchestra e Coro del Teatro Nazionale Sloveno
Maestro del coro Zsuzsa Budavari-Novak
Torno a Maribor, l’antica Marburgo dell’impero austro-ungarico, a dieci anni di distanza dalla mia prima visita, correva il gennaio del 2009. Ad attendermi un nuovo Andrea Chénier, che nasce in coproduzione con il Teatro Verdi di Trieste dove andrà in scena nel corso del prossimo mese di maggio. L’attività del Teatro Nazionale Sloveno di Maribor è la più stimolante nel Paese a noi confinante e anche in questo caso le rosee aspettative, come a suo tempo quando mi recai per assistere alla Traviata per la regia di Hugo De Ana con il debutto della giovanissima Lana Kos nel ruolo della protagonista, non sono state disattese.
Iniziando dallo spettacolo dove si son fatte valere le ottime maestranze del luogo, per la stimolante regia di Sarah Schinasi, con l’imponente impianto scenico disegnato da William Orlandi, i magnifici costumi creati da Jesùs Ruiz e la perfetta illuminazione di Andrej Hjdinjak. Si tratta di uno spettacolo rispettoso dell’epoca – il ché pur trattandosi di un preciso periodo storico, la fine del Settecento e il periodo del “Terrore”, oggi come oggi non è da dare per scontato – e studiato in ogni minimo dettaglio per dare un taglio cinematografico ad un’azione che il libretto di Luigi Illica, di cui si ricorda ancora una volta il centesimo anniversario dalla morte, e la musica di Umberto Giordano rendono incalzante e agile pur nel soffermarsi in dettagli che, nell’economia dell’opera, sono tutt’altro che marginali: si pensi a tutto il primo atto e alla bucolica scena rococò grondante leziosismi o, piuttosto, alla commovente scena in cui interviene la Vecchia Madelon. La Schinasi, però, ne fornisce una lettura se non attualizzata, il ché risulta impossibile, certo moderna. Individua in una bimba dal cappottino rosso, che rimanda inevitabilmente all’equivalente nel film “Schindler List”, il ritratto dell’innocenza e colei a cui il Poeta del titolo consegna i versi di “Come un bel dì di maggio” a futura memoria, nella scena del carcere. Facendo di necessità virtù, in assenza del corpo di ballo, la danza delle pastorelle viene accennata, sotto l’occhio vigile di un Maestro di ballo come nella pucciniana Manon, da Maddalena e da Bersi, che qui non è una domestica esotica, ma piuttosto un’amica e confidente, preziosa poi per lo svolgimento del dramma. I ricordi di Carlo Gerard, nel corso del suo arioso, sono suggeriti da un filmato in bianco e nero che ci mostra due bimbi felici divisi poi dall’insormontabile differenza sociale quando lui, in livrea, apre la portiera mentre lei apprende il minuetto. Insomma uno spettacolo ricco di spunti e che fa riflettere come dovrebbe essere la regola.
La scena si ispira all’architettura neoclassica di Etienne-Luois Boullée, e precisamente all’incisione del suo progetto, mai realizzato, della Biblioteca Nazionale a Parigi che funge da sfondo scena e si estende alle quinte. Due grandi elementi mobili, pivottanti e scorrenti su dei binari nascosti nel palcoscenico, disegnati a tratti in bianco e nero come appendice dell’immagine del Boullée, servono con estrema efficacia alle varie scene, con cambi a vista e – cosa sempre grata – con un solo intervallo tra al secondo e terzo atto. I costumi, preziosi per accostamenti cromatici e per la ricchezza dei tessuti completano un quadro davvero suggestivo.
Non meno interessante il lato squisitamente musicale. Lode innanzi tutto alle masse del Teatro Nazionale Sloveno, il giovanile e partecipe coro preparato da Zsuzsa Budavari-Novak e l’ottima orchestra diretta da Loris Voltolini con precisione, entusiasmo e giusti colori. Un sostegno sicuro per i solisti di canto tra i quali si è distinto l’ottimo tenore Renzo Zulian, uno Chénier “all’italiana” per generosità di canto e bellezza del timbro, dotato di un’ottima tecnica e di una voce ricca di armonici, squillante e tutta avanti, come si dice in gergo. Vario nei colori e veemente nel fraseggio: come si è commentato in “Barcaccia” è incredibile che non canti in Italia dove troverebbe un pubblico pronto ad acclamarlo non meno di quanto ha fatto quello di Maribor che applaudiva ritmando le mani. Una sorpresa, per me che non la conoscevo, l’ha riservata il soprano Sabina Cvilak, tra l’altro donna avvenente il ché non guasta mai. Al debutto quale Maddalena ha cantato con una soavità, un’intensità ammirevoli, spaziando dall’acuto lanciato di forza alle mezze voci, agli attacchi presi in pianissimo e poi rinforzati. Il suo “La mamma morta” ha scatenato un prolungato e meritatissimo applauso. Il suo italiano è perfettibile, ma già così una cantante coi fiocchi. Molto bravo pure il Carlo Gerard del baritono Sinisa Hapac, dalla voce brunita e musicalmente sicuro, in una recita in crescendo e che ha toccato l’apice in una coinvolgente esecuzione dell’aria “Nemico della Patria”. Nel vasto stuolo di ruoli di fianco sono piaciuti particolarmente la commovente Vecchia Madelon del mezzosoprano Dada Kladenik, la spigliata e intonatissima Bersi di Irena Petkova e tra i maschietti il promettente basso Luka Brajnik, impegnato sia quale romanziere Pietro Fléville che fedele Roucher, ed il non meno bravo Sanculotto Mathieu di Darko Vidic. Ma tutti hanno meritato gli scroscianti applausi: la Contessa di Coigny di Anna Evtekhova, il Fouquier-Tinville di Sebastijan Celofiga, l’Incredibile di Dusan Topolovec, l’Abate di Bogdan Stopar, il Dumas e Schimdt di Alfonz Kodric, il Maestro di Casa di Bojan Hinteregger.
Come nota di cronaca, alla recita del 9 sera l’indisposto Renzo Zulian è stato sostituito a tambur battente e con grande successo dal senese Samuele Simoncini. Infine, questo Andrea Chénier verrà dato in streaming TV.
Andrea Merli