PIACENZA: TOSCA – Giacomo Puccini Teatro Municipale, 13 marzo 2019
GIACOMO PUCCINI
TOSCA
Dramma in tre atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
dal dramma omonimo di Victorien Sardou
Sesto Quatrini, direttore
Joseph Franconi Lee, regia da un’idea di Alberto Fassini
Personaggi e Interpreti:
- Floria Tosca Susanna Branchini
- Mario Cavaradossi Stefano La Colla
- Il barone Scarpia Amartuvshin Enkhbat
- Cesare Angelotti Giovanni Battista Parodi
- Il sagrestano Valentino Salvini
- Spoletta Manuel Pierattelli
- Sciarrone Stefano Marchisio
- Un carceriere Simone Tansini
- Un pastorello Maria Dal Corso
William Orlandi, scene e costumi
Roberto Venturi, luci
Daniela Zedda, assistente alla regia
Corrado Casati, maestro del coro
Mario Pigazzini, maestro del coro voci bianche
ORCHESTRA FILARMONICA ITALIANA
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
VOCI BIANCHE DEL CORO FARNESIANO DI PIACENZA
Coproduzione
Fondazione Teatri di Piacenza
Fondazione Teatro Comunale di Modena
Fondazione Teatro Regio di Parma
ALLESTIMENTO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Altro successo annunciato quello di Tosca al Teatro Municipale di Piacenza. La ripresa dell’allestimento firmato da Alberto Fassini, se la memoria non mi tradisce a Palermo nel 1990 e che poi ha girato il mondo dal giorno della sua scomparsa grazie alla fedele cura di Joseph Franconi Lee, per le scene e costumi di Willy Orlandi, costituisce di per sé una garanzia. La tradizione nel senso positivo del termine del teatro all’italiana, incontaminato da ogni pretestuoso rigurgito drammaturgico alla “Regie-Theater”, ma sensibile ad una lettura “moderna” in quanto concentrata sulla gestualità e psicologia dei personaggi, pure dei secondari, in una visione non convenzionale: una grande scalinata, pochi ed essenziali elementi scenici, un omaggio alla pittura più volte menzionata in libretto. Suggestiva la scena, con un bel colpo d’occhio durante il “Te Deum”, belli ed eleganti i costumi, scelti con un preciso cromatismo, perfette le luci disegnate da Giorgio Valerio.
Il versante musicale ha offerto la spedita ed incalzante lettura di Sesto Quatrini, tra i giovani direttori italiani un altro dalla promettente carriera, che già alla “prova generale” aperta al pubblico entusiasta dei giovani studenti delle scuole medie e superiori, ha dimostrato di tenere salde le redini della valorosa Orchestra Filarmonica Italiana, dell’ottimo coro istruito come sempre a meraviglia da Corrado Casati, comprese le voci bianche sotto la guida di Mario Pigazzini, con un occhio di attenzione verso il palcoscenico dove si è esibito un cast notevolissimo.
Susanna Branchini, dopo il recente successo a Reggio Emilia ne La forza verdiana, sempre produzione del Municipale di Piacenza, ripete con esito trionfale una collaudata Tosca. Notevole il temperamento e la grinta conferito a questo personaggio dalle mille ed una sfaccettature, dotandolo pure di una considerevole proiezione vocale, tagliente in acuto, compreso lo “scomodo” Do della “lama” emesso con spavalda tenuta, ma docile nel fraseggio, intenso e sfumato, definito sempre con un accento chiaro ed incisivo. Stefano La Colla è detentore di una delle più belle voci di tenore lirico-spinto oggi in circolazione. Non stupisce che i teatri, specie all’estero, se lo contendano quale Calaf in Turandot, il titolo che gli valse gli allori scaligeri. Generoso di slancio, con un’emissione fluida e pure lui veemente nel fraseggio, ha composto un “Addio alla vita” talmente convincente da dover essere bissato, narrano le cronache, alla recita pomeridiana di domenica 17 marzo. E con ciò si dice tutto.
Chi mi ha spinto ad incastrare questa recita pomeridiana di mercoledì, sospendendo la mia normale attività odontoiatrica in Studio, è stato però il baritono Amartuvshin Enkhbat, al suo debutto nel ruolo di Scarpia. Il baritono mongolo è diventato, per me e quanto pare per molti sempre più numerosi, una sorta di “ossessione lirica” e dunque cerco di seguire la sua crescita esponenziale nei teatri della dorata provincia italiana prima che prenda il volo per le scene internazionali, dove mi sarà più difficile raggiungerlo. Ovviamente la “lunga attesa”, parafrasando Tosca, è stata ampiamente compensata da una prestazione, già ai nastri di partenza, notevolissima. Innanzi tutto per la presenza scenica, coadiuvato dall’ottimo trucco e parrucco e dal bellissimo costume, che ne offre un personaggio nobile e mai sopra le righe nei movimenti oltre che nella vocalità che si espande con una bellezza ammaliatrice e che fa pregustare futuri approfondimenti e l’ulteriore maturità nella presa di ruolo. Ma già così si rimane meravigliati della capacità che ha quest’uomo, che ora inizia a spiaccicare qualche parola di italiano, di impadronirsi subito della dizione perfetta, delle giuste intenzioni e di una linea vocale così esposta nel canto di conversazione, dove Puccini spinge alla sua massima esigenza il timbro di baritono. Enkhbat è davvero stupefacente e sia dunque lode, ancora una volta, alla direttrice artistica Cristina Ferrari che si è garantita la sua partecipazione con una preveggenza che vorremmo vedere in altre istituzioni.
Benissimo i ruoli di fianco, in ordine di apparizione l’autorevole ed assai ben cantato Angelotti di Giovanni Maria Parodi, lo spiritoso Sagrestano di Valentino Salvini, lo Spoletta del giustamente insinuante e mellifluo Manuel Pierattelli, l’altrettanto trucido e tenebroso Sciarrone di Stefano Marchisio, il carceriere di Simone Martini e il Pastorello dalla voce bianca di Maria Dal Corso. Commenti entusiastici quelli dei ragazzi nel foyer “Pare di assistere ad un film!” e alla fine giubilo con urla da stadio che suonano sempre come un alito di speranza tra le mura dei vecchi teatri.
Andrea Merli