PIACENZA: La forza del destino, 18 e 20 gennaio 2019
GIUSEPPE VERDI
LA FORZA DEL DESTINO
Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, Antonio Ghislanzoni
dal dramma Don Álvaro o La fuerza del sino di Ángel Perez de Saavedra
- Direttore Francesco Ivan Ciampa
- Regia Italo Nunziata
Personaggi e Interpreti
- Il marchese di Calatrava Mattia Denti
- Donna Leonora, sua figlia Anna Pirozzi
- Don Carlo di Vargas, suo figlio Kiril Manolov
- Don Alvaro Luciano Ganci
- Il Padre guardiano Marko Mimica
- Fra Melitone Marco Filippo Romano
- Preziosilla, giovane zingara Judit Kutasi
- Curra Cinzia Chiarini
- Mastro Trabuco Marcello Nardis
- Un alcade, un chirurgo Juliusz LoranziEmanuele Sinisi, scene
Hannu Palosuo, dipinti
Simona Morresi, costumi
Fiammetta Baldiserri, luci
Riccardo Buscarini, assistente alla regiaORCHESTRA REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA
CORO DEL TEATRO MUNICIPALE DI PIACENZA
Corrado Casati, maestro del coroCoproduzione
Fondazione Teatri di Piacenza
Fondazione Teatro Comunale di Modena
Fondazione I Teatri di Reggio EmiliaNUOVO ALLESTIMENTO
Teatro Municipale, 18/20 gennaio 2019
Che il polso della situazione operistica si possa cogliere più facilmente in provincia, nelle piccole istituzioni piuttosto che nei così detti ed osannatissimi “templi della lirica” di primaria importanza – e sovvenzione – in Italia è ormai assodato.
Che tra le province quella più rosea liricamente parlando sia quella piacentina e, specificamente, la stagione del Teatro Municipale è altrettanto noto all’universo ed in tutti i siti web possibili ed immaginabili. Merito, va detto, di una Donna della quale si vorrebbero avere in circolazione varie replicanti: Cristina Ferrari. La cui direzione artistica nel giro di pochi anni ha portato il bel teatro del Piermarini di Piacenza ad un’attenzione pari se non maggiore di quella destata dal suo confratello maggiore milanese.
In rapida successione, e mi limito a tre titoli, una rara La Wally, che impose all’attenzione generale ed italiana in particolare l’interessantissima Saioa Hernandez, successivamente impegnata in Gioconda sempre a Piacenza e quindi sbalzata alla ribalta scaligera con il recentissimo Attila inaugurale, ed ora questa imperdibile La forza del destino, offerta coraggiosamente ed integralmente (coraggio doppio!) in un’edizione che rimarrà memorabile.
Come sempre, la gestione oculata e gli scarsi mezzi hanno fatto aguzzare l’ingegno. Si parta dunque dall’allestimento di un’opera che, nella sua atipicità all’interno della produzione verdiana, è comunque un Grand Opera che richiede uno sforzo notevole. Affidando la regia a Italo Nunziata, ed al prestigioso team formato dallo scenografo Emanuele Sinisi, la costumista Silvana Morresi, la datrice di luci Fiammetta Baldiserri e, in aggiunta, il pittore Hannu Palosuo, si è colpito nel segno ed in pieno centro. L’esperienza, il buon gusto e l’infallibile senso del teatro, hanno prodotto una messa in scena di facile lettura, nella atassicità di un’azione i cui eventi vengono stravolti continuamente, con una scenografia che potremmo tranquillamente definire “minimale” ma laddove nulla mancava o era superfluo, iniziando dallo scarso attrezzo (un tavolone e poche sedie) dai costumi severi ma ben amalgamati nel definire un’epoca contemporanea ai tempi della gestazione del titolo, un gioco di luci semplicemente perfetto nelle ambientazioni sia guerresche e popolane, sia di religiosa ispirazione, ad esempio in una suggestiva realizzazione dell’interno del convento di Hornachuelos durante la “Vergine degli Angeli”. Infine, i dipinti di Paluosuo hanno suggerito, senza prevaricare, ambienti ed immagini con un tratto molto personale.
Altro pregio innegabile, il cambio scena e dei diversi quadri praticamente a vista e senza inutili ed ammoscianti intervalli. Tenendo conto che solo di musica l’opera ha una durata di quasi quattro ore!
Punto di forza a Piacenza il coro, istruito con grande abilità da Corrado Casati, una delle migliori e più omogenee formazioni italiane, composto da artisti particolarmente disponibili all’azione e recitazione, e non solo in quanto dalle file sono sortiti i precisi, musicali e sonori, gli interventi solistici durante la scena dell’accampamento di Velletri e quindi in quella della “minestra” davanti al convento: una fatica da Ercole, in quest’opera, premiata dall’applauso del pubblico che ha apprezzato pure, e moltissimo, la bella prova fornita dall’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna.
La possibilità di assistere alle due recite, alla “prima” il 18 ed alla pomeridiana domenica 20 gennaio, ha consentito di apprezzare particolarmente lo splendido lavoro condotto da Francesco Ivan Ciampa, giovane direttore che ormai è una certezza a livello internazionale. Affrontare questo monumentale spartito e condurlo in porto felicemente con un periodo di prove che, senza essere risicato, è comunque breve è già un’impresa di cui andar fieri. Inoltre Ciampa aveva a disposizione un cast in cui praticamente tutti erano al debutto di ruolo. E comunque gli è riuscito di cogliere l’elemento brillante dell’opera, mantenendo sempre un ritmo narrativo spedito ed efficace, lasciandosi poi andare in piena espansione lirica nei momenti di maggior intensità emotiva. Pregevolissimo il coro del finale primo, in cui si è inserita la sognante voce di Leonora, tenuto con suoni quasi impalpabili; gagliarde le ballate militari e la tarantella del secondo atto.
Il cast è parso anche di altissimo livello. Iniziando dalla protagonista, Anna Pirozzi, Leonora. In stato di grazia e già ben immedesimata nel ruolo alla prima lettura. Trepidante, innamorata e sconsolata, grazie ad una voce potente, di pasta ricca e morbida, dotata di un’invidiabile dovizia di armonici che l’Artista sa dominare ed incanalare in preziose mezze voci, filati senza risparmiarsi in acuti, lanciati con veemenza e precisione. Il Re naturale, variante acuta della chiusa del prologo, è stata una anticipazione di quanto poi è avvenuto alla recita domenicale, quando dopo l’aria “Pace mio Dio!” s’è scatenato un finimondo di applausi, “brava” e richieste di bis, che la Pirozzi ha generosamente concesso. Ma La forza certo non si fa se non si dispone di un valido tenore, merce oggi sempre più rara. Luciano Ganci, Alvaro, possiede una voce baciata da Dio e da Santa Cecilia assieme. Per bellezza di timbro, per squillo e proiezione per la facilità con cui canta in una tessitura sempre alta, ma cui è richiesto pure l’affondo in grave. Alla prima un po’ di tensione che si è sciolta come neve al sole alla seconda recita, coronata da una bella esecuzione di “Oh tu che in seno agli angeli!” e da un’interpretazione che, destinata a maturare ulteriormente nelle prossime riprese a Modena e Reggio Emilia, già così è parsa eccezionale in un ruolo che fa, davvero, tremare i polsi. Viceversa, il validissimo baritono bulgaro Kiril Manolov, è andato benissimo alla “prima”, ottenendo un’autentica ovazione alla fine della sua temibile aria “Urna fatale”, cantata con le giuste intenzioni e con una tavolozza espressiva che, finalmente, rende ragione ad un personaggio che è in guerra col mondo. Qualche segno di stanchezza si è manifestato alla seconda recita: poca cosa, a dire il vero, che non ha giustificato la risposta violenta di una piccola parte del pubblico, costituita dai “soliti noti”. Il ché non ha impedito che alla ribalta finale sia stato accolto, ancora una volta, da applausi calorosi e sinceri.
Tutto il contorno è stato, in verità, pregevolissimo: iniziando dal valente basso croato Markus Mimica, un giovane talento in crescita che si è avuto già modo di apprezzare a Bilbao nella Lucrezia Borgia, a Novara in Nabucco e che ora ha creato un Padre Guardiano ieratico e ragguardevolissimo per voce e interpretazione. Affiancato da quell’animale di palcoscenico, dotato altresì di voce peculiare e ben riconoscibile, che è il baritono Marco Filippo Romano, qui nei panni di un gustosissimo Fra’ Melitone. Sorpresa gradevolissima la Preziosilla del mezzosoprano rumeno Judit Kutasi, che alla Scala è passata quasi in sordina quale vecchia Madelon nello Chénier inaugurale di una stagione fa e che invece qui ha fatto faville, sia come interprete (sebbene con una mano fasciata per un incidente durante le prove) che, soprattutto, vocalmente: non ho memoria di una Preziosilla meglio cantata di quella della Kutasi: altro elemento da non perdere d’occhio.
Marcello Nardis è stato un divertente e sonoro Mastro Trabuco, Cinzia Chiarini una Curra di inusuale spicco vocale, infine Julius Loranzi, nella doppia veste dell’Alcalde e di un Chirurgo si è fatto pure molto onore.
Teatro strapieno in ogni ordine, sia alla “prima” che alla seconda recita; una bella occasione per una rimpatriata dalle città vicine: alla “prima” con prevalenza di melomani di Parma, alla seconda col “tout Milan” ed una bella fetta di piemontesi. Senza contare la presenza di stranieri che qui si godono spettacoli e anche la generosa cucina emiliana. Da non perdere assolutamente le repliche a Modena e a Reggio Emilia, ça va sans dire!
Andrea Merli