Jesi:  IL NOCE DI BENEVENTO – Giuseppe Balducci  Teatro Pergolesi, 2 settembre 2018

Jesi: IL NOCE DI BENEVENTO – Giuseppe Balducci Teatro Pergolesi, 2 settembre 2018

Natura [gli] fu cotanto prodiga e la fortuna sì avara”. Si parla di Giuseppe Balducci, nato a Jesi il 2 maggio 1796 e morto in data imprecisata nel 1845 a Malaga; ne scrisse nei termini citati Clotilde Capece Minutolo, una delle sue sorelle “adottive” ed allieva.

Dobbiamo a Jeremy Commons, musicologo e professore universitario in Nuova Zelanda, se i riflettori si sono riaccesi su questo “minore” – in mezzo a tanti giganti, fin troppo scontato esserlo – dalla vita tanto avventurosa da meritare, qualora giungesse all’attenzione di qualche abile sceneggiatore – ne dubito: tanto sulla possibilità che sull’abilità – una serie televisiva. Lontano parente del Pergolesi, avviato precocemente agli studi musicali, gli fu fatale all’età di vent’anni un duello con il nipote del Governatore dello Stato Pontificio che ne ebbe la peggio, costringendo il giovane Giuseppe alla fuga. Si trasferì a Napoli dove fu accolto quale figlio dalla famiglia del Maresciallo in pensione Raimondo Capece Minutolo e dalla di lui moglie, la messicana Matilde de Galvez, in breve ereditiera di beni in Andalusia e del titolo di Marchesa della Sonora. Affezionato alla famiglia, che non abbandonò mai, Balducci divenne insegnante di canto e musica delle tre figliole: Paolina, Adelaide e Clotilde, appunto. Si occupò, dopo la morte del Maresciallo, dell’amministrazione della casa ed ecco perché la morte lo colse, nemmeno cinquantenne, a Malaga nel 1845.

Balducci, suggerisce il Commons che se ne occupa attivamente dal lontano 1984, si può definire l’inventore di un “sotto-genere” teatrale: l’opera con accompagnamento di due pianoforti a sei mani. Opere scritte per il “teatrino particolare” della Marchesa tra il 1827 ed il 1839; un totale di 5 titoli di cui Il noce di Benevento, composto su libretto anonimo, è il centrale, l’opera essendo stata rappresentata con ogni probabilità nel gennaio del 1837. Non che il “nostro” non avesse tentato a più riprese la via del teatro pubblico, ma con risultati contrastati dalla jella, come direbbero non senza ragione i suoi concittadini. Sotto l’auspico dello Zingarelli, suo maestro e mentore, Il sospetto funesto, opera semi seria presentata al Teatro del Fondo, si rivelò un semi fiasco, rimanendo in cartello per solo quattro sere e sì che vi cantava il giovane Giovanni Battista Rubini! L’11 agosto, data infelicissima, del 1838 andò in scena al Teatro di San Carlo Bianca Turenga, con un cast notevole in cui campeggiava il nome del famoso baritono francese Barroilhet, ma fu disertata dal pubblico e la salà risultò… semideserta. E perciò Balducci rimase un autore di nicchia le cui partiture sarebbero rimaste in un faldone della biblioteca di San Pietro in Majella (e dagli con la … jella) non fosse che un inglese curioso lo rispolverasse, augurandosi addirittura una “Balducci- Renaissance“. Di fatto per la prima volta in tempi moderni le sue musiche risuonarono il 7 settembre 1985 nella sala comunale Maori della cittadina Te Awamutu, nella regione di Waikato in Nuova Zelanda. Si narra che per i Maori fu un evento epocale. All’Opera di Waikato (e c’è chi dubita che la musica non sia un linguaggio universale e che l’opera italiana non ne sia la lingua abituale) si eseguirono in rapida successione, I gelosi (1993), Il noce di Benevento (1995)  e Scherzo (1996). Da Te Awamutu si volò nella Foresta Nera, al Rossini-in-Wildbad Festival nel 2006; non satolli de I gelosi, si eseguirono altre balducciane ghiotte prelibatezze: Boabdil re di Granata (2007), Il noce di Benevento (2011) ed Il conte di Marsico, dal contenuto irredentista, nel 2016.

E finalmente dalla Germania si passò al Brasile, nel 2017, dove al Theatro Municipal Sao Pedro di San Paolo giunse Il noce di Benevento per la regia di Davide Garattini che ne curò un’edizione curiosa, poiché il canto si eseguì in italiano mentre la parte recitata (l’opera prevede il parlato) si tradusse al portoghese.

A Garattini, che firma regia, scene e costumi, idealista quasi quanto l’archeologo musicale Commons, si deve questo nuovo allestimento del fatidico Noce, che di fatto inaugura, unico titolo operistico, la XVIII edizione del Pergolesi Spontini Festival al Teatro Pergolesi. Spettacolo delizioso, frizzante e divertente che mette in luce le indubbie qualità di un compositore che, ovviamente, ha inalato a volontà e con profitto la stessa aria che respirarono Rossini e Donizetti, trovando ciò nonostante una sua cifra. Un’opera relativamente breve, in due atti e tutta al femminile poiché l’unico personaggio maschile, il baroncino Alberto, è affidato alla voce di mezzosoprano, la pur brava e scenicamente credibile Mariangela Marini, visto che le principali interpreti erano le tre sorelle ed altre amiche ed allieve tutte femmine. La trama giocosa trae spunto dalla credulità della nobile Geltrude, la spassosa Anastasia Pirigova, che vuole consultare le streghe che abitano il famigerato noce. Queste altre non sono che le vicine di casa e popolane, zia Margherita, la straripante simpatica Chiara Carbone con le nipoti Giulia, il mezzosoprano Martina Rinaldi e Lauretta, il soprano Magda Krysztoforska-Beucher, che tentano, così, di distogliere l’amore di Alberto per Clodina, il soprano Yuliya Poleshuk, figlia di Geltrude. La mascherata viene però scoperta e, contemporaneamente, Alberto riceve il permesso paterno per impalmare l’amata Clodina.

Al pianoforte, anzi ai due pianoforti, si sono distinti Claudia Foresi, Enrico Cicconofri e Marta Tacconi, mentre a tenere le briglie del tutto dal podio ci ha pensato il Maestro Alessandro Benigni.

Un’unica recita, accolta da un successo più che cordiale che farebbe sperare ed auspicare la ripresa di uno spettacolo raffinato e godibile e, soprattutto, facilmente esportabile per l’economia che rappresenta l’assenza del coro e dell’orchestra. Sta a vedere che, in tempi di crisi, ritorna di moda Balducci. E dunque uniamoci al grido del suo “istigatore”, Commons: Viva Balducci!

Andrea Merli

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