Las Palmas di Gran Canaria: CARMEN 26 maggio 2018
Direttore Karel Mark Chichon
Regia e Luci Francisco Lopez
Personaggi e Interpreti:
- Carmen ANNALISA STROPPA
- Don José LEONARDO CAIMI
- Micaela Irini Kyriakidou
- Escamillo Dalibor Jenis
- Morales / Dancairo Isaac GALÁN
- Frasquita Abenauara Graffigna
- Remendado Ricardo BERNAL
- Mercedes Caterina PIVA
- Zuñiga Jose Antonio Garcia
Scene e Costumi Rafael Sanchez Arana
ORCHESTRA FILARMONICA Gran Canaria
Coro dell’Opera di Las Palmas
direttore del coro Olga SANTANA
Produzione teatrale Villamarta de Jérez de la Frontera
Las Palmas di Gran Canaria, 26 maggio 2018
CARMEN – Georges Bizet
Quinto titolo e penultimo del cartellone della Stagione 2018, la 51esima di ACO, Amigos Canarios de la Opera, al Teatro Pérez Galdòs di Las Palmas di Gran Canaria è andata in scena Carmen in un allestimento prodotto dal Teatro Vilamarta di Jerez de la Frontera, città dell’Andalusia.
Le peripezie del viaggio, gentilmente offerto dal Patronato del Turismo di Gran Canaria, che ha comportato un accumulo di ben 11 ore di ritardo su effettive 4 ore di volo, non m’ha impedito di “impiccionare” questo spettacolo alla sua ultima replica il 26 maggio scorso. Motivo principale d’interesse il debutto nell’Isola del mezzosoprano di Brescia Annalisa Stroppa, emergente tra quelli della nuova generazione italiana e recentemente apprezzato a Verona nell’ottima interpretazione di Giovanna Seymour nella donizettiana Anna Bolena.
Repertorio e stile quasi agli antipodi, ma dominati da un talento indiscutibile e da una coscienza interpretativa notevole. La Stroppa, alla bellezza di un timbro pieno e di un’estensione che le permette di raggiungere l’acuto con un colore sopranile e senza perdere in qualità, aggiunge la notevolissima presenza scenica, che le concede pure di partecipare con sciolta naturalezza alla danza, una maturità d’interprete per molti versi sorprendente. Se l’inizio, la fatidica Habanera conosce il fascino della seduzione, il personaggio acquista spessore in corso d’opera raggiungendo l’apice della drammaticità nel finale, senza eccedere in affettacci veristicheggianti, ma anzi dando una visione assai moderna ed umana della donna che nata libera, libera vuol morire. Perfetta anche musicalmente, per esempio nel temibile quintetto del secondo atto con I contrabandieri, quanto tragica nella lettura delle carte, ha ottenuto un meritato successo personale.
Al suo fianco, la sorpresa di trovare un altro valido ed apprezzato artista, il tenore Leonardo Caimi chiamato “last minute” dalla natia Calabria (le peripezie del viaggio le ha patite pure lui in un periodo dell’anno in cui le Canarie sono letteralmente invase dal turismo, in crescita quello italiano) a sostituire il collega statunitense Bryan Hymel, che ha dato forfait. Caimi, di recente passato anche al Teatro alla Scala in un ruolo di fianco ne La cena delle beffe di Giordano, svolge un’intensa attività all’estero, ospite fisso a La Monnaie di Bruxelles, alla Semperoper di Dresda, alla Deutsche Oper di Berlino e prossimamente al Covent Garden di Londra per Tosca e Les contes d’Hoffmann e alla Bayerische Staatsoper di Monaco quale Rodolfo ne La Bohéme. “Nemo profeta in patria” o quasi: ma per lui con questi chiari di luna a casa nostra tutto sommato è un bene. Sono stato felice di riascoltarlo dal vivo dopo parecchio tempo e di trovarlo maturato, sia vocalmente con la sua bella voce maschia dal colore quasi baritonale che lo rende identificabile, che da un punto di vista interpretativo, poiché quello di Don José è un ruolo che frequenta spesso e che sente molto. Anche nel suo caso gioca a favore la perfetta aderenza scenica, che oggi come oggi non è più un optional in teatro, ma soprattutto l’ardente fraseggio, la capacità di modulare I suoni, per esempio addolcendo e smorzando l’acuto della celebre romanza “del fiore” e poi dimostrando tragica veemenza nel tremendo duetto finale con la protagonista. Pure per lui un meritato trionfo, dettato dal calore tipicamente ispanico del pubblico che affollava il teatro in ogni ordine di posti.
Positivissime le note per l’autorevole Escamillo intonato da Dalibor Jenis, un baritono dalla estensione notevole che gli permette agevolmente di venire a capo alla sua brillante entrata con estrema disinvoltura cui si è sommata, ancora una volta, la totale aderenza al personaggio, sia scenicamente che interpretativamente. Un lusso disporre di un tale artista, appalauditissimo ça va sans dire. Successo che ha gratificato pure la Micaela, il soprano greco Irini Kyriakidou, moglie di Hymel che però ha mantenuto l’impegno senza seguire l’esempio del marito. La sua interpretazione ha lasciato alquanto perplessi, poiché pure senza commettere peccati capitali non possiede qualità eccezionali e nell’acuto tende sostanzialmente al grido, comunque ha attenuto un vivo successo e, del resto, è diffcile che questo ruolo gratificato dalla grande scena del terzo atto, passi inosservato. Molto bene il quartetto dei contrabbandieri, capeggiato dal baritono Isaac Galan (Dancairo e pure Morales nel primo atto) e comprendente il bravo tenore italiano Manuel Pierattelli, Remendado. Ottime la Mercédes del mezzosoprano Caterina Piva e la Frasquita del soprano canario Abenauara Graffigna, svettante in acuto con dei Do ben piazzati nei concertati. A chiudere il cartello, lo Zuniga del basso José Manuel Garcia.
La direzione della sempre ottima Orchestra Filarmonica di Gran Canaria è stata affidata al Maestro Karel Mark Chichon, il quale ha condotto con polso sicuro ed occhio attento al palcoscenico, apportando però diversi tagli alla partitura, di cui si è eseguita la versione Operà Comique, con i dialoghi. Niente di male, specie in mancanza di autentici e preparati francofoni, sopprimerli quasi del tutto; meno comprensibili i tagli specificamente musicali. Passi tutta la scena dei venditori all‘inizio del quarto atto, che di fatto principia con la sfilata dei toreri, ma quello che ha decimato il duetto tra Don José e Micaela, nel primo atto e ed il recitativo di quest‘ultima nella scena della montagan del terzo, non sono giustificabili nemmeno dalla durata dell‘opera, soprattutto se cadenzata da tra interminabili intervalli. Ne ha giovato il coro, istruito come sempre da Olga Santana, che questa volta ha mostrato la corda, specie nel settore maschile.
Sulla messa in scena, tradizionale e corporea, poco da aggiungere, salvo che i costumi (creati da Rafael Sanchez Arana cui pure si deve la scena praticamente fissa) particolarmente sgargianti quelli femminili, ci hanno riportato ad un folclore “alla Mérimée“, piuttosto che farci assaporare un’autenticità spagnola, che ovviamente sarebbe di fantasia in un’opera assolutamente francese. Francisco Lopez ha firmato le luci e la regia, assolutamente convenzionale con l’unica stravaganza di creare una sorta di alter ego a Carmen (la morte? Il destino?) in una danzatrice di flamenco nero vestita, la ballerina canaria Amanda De Paula. Un allestimento che ha trovato il gusto del pubblico e che ha svolto senza intoppi la trama: e ciò è già un merito.
Andrea Merli