SOFIA: LAKME’ – Léo Delibes, 23 marzo 2018
Lakmé
opera in tre atti del compositore francese Léo Delibes
su libretto di Edmond Gondinet e Philippe Gille
basato sulla novella del 1880 Rarahu ou Le Mariage de Loti di Pierre Loti
Direttore d’orchestra – Francesco Rosa
Regia – Plamen Kartaloff
Personaggi e Interpreti:
Nilakantha – Biser Georgiev
- Lakme – Diana Vasileva
- Malika – Diana Genova
- Hadji – Maroslav Andreev
- Gerald – Georgi Sultanov
- Frederik – Atanas Mladenov
- Ellen – Elena Stoyanova
- Rose – Silvana Pravcheva
- Mistress Bentson – Rumyana Petrova
- A Chinese Merchant – Slavi Manov
- Fortune Teller – Vanio Dimitrov
- A Thief – Kiril Stoyanov
- Soloist of the ballet – Katerina Petrova
Orchestra, Coro e Balletto dell’Opera di Sofia
Scenografia – Miodrag Tabacki
Costumi – Angelina Atlagic
Luce – Sasho Bekafigo
Assistente – Julia Krasteva
Choreografia – Maya Shopova
Maestro del coro – Violeta Dimitrova
Tutt’altro clima il giorno appresso alla prima esecuzione di I nove fratelli di Yana, quello della Lakmé di Delibes, intrisa di esotismo orientale nella fantasiosa ed edulcorata sensibilità francese.
Trattasi di uno spettacolo abbondantemente collaudato, che è andato in trasferta in vari teatri del mondo e che personalmente si ebbe modo di recensire quando, nell‘estate del 2009, fu portato in trasferta a Cipro ed eseguito all’aperto, con opportune modifiche, davanti al castello veneziano della città di Pafos. Oggi come allora sul podio il Maestro italiano Francesco Rosa dipinge idealmente questo delicato acquerello e ne trova e sottolinea i momenti salienti. Tra gli altri il celeberrimo duetto del primo atto, tra la protagonista, soprano coloratura, e la sua fida amica Malika, mezzosoprano, la non meno attesa “Aria delle campanelle”, banco di prova di ogni “usignolo” che si rispetti. Oggi, come allora, la ammiratissima esecutrice, idolo del pubblico a Sofia, è stata la pur brava Diana Vasileva. Dotata di un timbro chiaro, un po’ infantile e dunque ideale per il tenue personaggio, la Vasileva – che fu pure allieva di Raina Kabaivanska – canta con gusto misurato e con estrema pertinenza le volute e gli arabeschi vocali imposti dal ruolo. Tocca agilmente le punte che raggiungono il Mi bemolle, ma si dimostra anche un’abile fraseggiatrice che oltre a dominare la pronuncia francese, espande il suono in mirabili messe in voce, pianissimi e risulta pure emozionante nel cantabile spianato. L’aria di cui sopra, interrotta ben due volte da intrattenibili applausi, le è valsa un personale e condivisibile trionfo. Al suo fianco è piaciuta molto la morbida ed altrettanto ben cantata Malika del mezzosoprano Diana Genòva ed hanno ben figurato pure il Gerald del tenore Georgi Sultanov, che usa con dovizia un suono misto come del resto è stilisticamente richiesto in questo repertorio. Sempre autorevole il Nilakantha del bass-batiton Biser Giorgiev, e corretti pure gli altri: il baritono Atanas Mladenov, Friederik, il soprano Elena Stoyanova, Ellen ed i mezzosprani Silvana Pravcheva e Rumyana Petrova, rispettivamente Rose e Miss Bentson. Rimarchevole come sempre la prova del coro e dell’orchestra. Dello spettacolo, sempre a firma di Plamen Kartaloff, si scrisse positivamente. Il giudizio, al chiuso, è ancora più convinto in quanto con pochi simboli – la scena unica è firmata da Miodrag Tabacki – con i bei costumi di Angelina Atlagic, l’illuminazione curata da Sasho Bekafigo ed opportuni movimenti scenici, Kartaloff riesce a rendere credibile la favola orientale, laddove i colonizzatori britannici fanno, a dire il vero, una ben magra figura.
Andrea Merli