PIACENZA: il Trittico – Giacomo Puccini, 4 Febbraio 2018

PIACENZA: il Trittico – Giacomo Puccini, 4 Febbraio 2018

GIACOMO PUCCINI

IL TRITTICO
IL TABARRO / SUOR ANGELICA / GIANNI SCHICCHI

Libretti di Giuseppe Adami, Giovacchino Forzano

direttore Aldo SISILLO
regia Cristina PEZZOLI

Personaggi e Interpreti

  • Michele | Gianni SchicchiAmbrogio Maestri
  • Giorgetta | Suor AngelicaAnna Pirozzi
  • LuigiRubens Pelizzari
  • La Frugola | Zia Principessa | ZitaAnna Maria Chiuri
  • Il Tinca | RinuccioMarco Ciaponi, Matteo Desole (4)
  • LaurettaFrancesca Tassinari
  • Il Talpa | SimoneFrancesco MilaneseGiacomo ANDRICOscene
    Gianluca FALASCHIcostumi
    Cesare ACCETTAluci

    ORCHESTRA REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA
    CORO DEL TEATRO COMUNALE DI MODENA
    Stefano COLÒmaestro del coro

    Coproduzione Fondazione Teatro  Comunale di Modena
    Fondazione Teatri di Piacenza
    Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
    Fondazione Teatro Comunale di Ferrara


La ripresa di uno spettacolo felicissimo, più volte eseguito dal suo debutto circa dieci anni fa e che ha girato l’Italia ed il mondo, toccando anche la Corea del sud, è stato salutato a Piacenza, alla recita pomeridiana di domenica 4 febbraio, da un successo assai caloroso.

La “prima” di questa nuova edizione, con cast rinnovato, del Trittico ha preso il via lo scorso 26 febbraio al Teatro “Luciano Pavarotti” di Modena, da cui proviene, e oltre al Teatro Municipale di Piacenza, sarà portata a Reggio Emilia ed a Ferrara nel corso di una fruttuosa tournée nella regione Emilia Romagna.

Dieci anni e… non li dimostra! A mettere assieme i tre atti unici che, giova ricordare, a Puccini premeva fossero eseguiti sempre assieme e nell’ordine stabilito in una sorta di viaggio nel tempo dall’ambiente proletario della contemporaneità (del debutto nel 1919, ben inteso) de Il tabarro, alla tragedia conventuale nel Seicento, per Suor Angelica e, infine, al dantesco “ducento” per la sarcastica commedia Gianni Schicchi, ci ha pensato Cristina Pezzoli, con le belle e funzionali scene di Giacomo Andrinico, i fantasiosi costumi di Gianluca Falaschi ed il sapiente gioco di luci di Cesare Accetta, ripreso da Andrea Ricci. La peculiarietà della regia, fedele e giustamente calligrafica, sta nel fatto di aver portato il tutto ai tempi della “prima assoluta”, che risaputamente andò in scena al Metropolitan di NewYork il 14 dicembre 1918, quasi cento anni fa. Se nel Tabarro l’azione ha una sua logica evoluzione seguendo lo spartito, ivi compreso in lontananza il clacson delle prime automobili, la trasposizione di Suor Angelica, intuibile nel costume della Zia Principessa, passa quasi inosservata; non si può dire lo stesso del bell’effetto nello Schicchi, laddove oltre alla idea di tenere Buosi Donati chiuso nell’armadio, i costumi sono vagamente Belle Epoque, esasperati quasi fossero delle reinventate maschere della commedia dell’arte. Ne fanno le spese i parenti, la gente “vecchia”, assolutamente sopra le righe, mentre Schicchi e Lauretta hanno dei costumi più “normali”, borghesi si direbbe, come si conviene alla gente “nova”.

Se lo spettacolo è stato godibilissimo lo si deve anche, e soprattutto, ad un cast che oggi come oggi non teme confronti. Iniziando dal monumentale, sia fisicamente che vocalmente, Michele e poi Schicchi di Ambrogio Maestri, cui riesce una caratterizzazione perfetta tanto del marito anziano e sospettoso, pervaso da una straziante malinconia mista a sete di vendetta, quanto gli è congeniale l’astuzzia luciferina dell’antieroe dantesco, che Maestri rende con mille ed una arguzia mimica e vocale. Da una parte comicissima la contrafazione della voce, dall’altro autentiche sciabolate vocali che, dopo l’arioso “Nulla, silenzio” dalla chiatta sulla Senna, gli hanno garantito un applauso incontenibile e quindi, alla fine del Trittico, il successo personale. Non meno festeggiata Anna Pirozzi, sia nei panni di una fremente Giorgetta, in “E’ ben altro il mio sogno” è riuscita, nello slancio della musica pucciniana, ad essere struggente, quanto poi commovente in Suor Angelica, cantata con autorevolezza vocale e con una ammirevole tenuta della linea di canto, dove le riesce di smorzare e rinforzare agilmente i suoni: ha letteralmente cesellato un “Sanza mamma” di rara emozione.

Terza, ma solo in ordine di apparizione, la straordinaria Anna Maria Chiuri, impegnata nei tre ruoli di Frugola, Zia Principessa e Zita con tale varietà nell’interpretazione da farci illudere che si trattasse di tre diverse artiste. All’abilità dell’attrice risponde una voce importante, estesa e piena di mezzosoprano che non scende a compromessi in acuto e meno ancora in zona grave. Raramente si è sentito un “Ho sognato una casetta” cantato tutto sul fiato con un’emissione sognante, ma che riempiva il teatro, e quindi, cambiando i panni, un “Nel silenzio di quei raccoglimenti” con sofferta autorità che non ammette replica. La sua Zita, infine, un concentrato di comicità: brava, bravissima!

Ritrovare Ruben Pelizzari nella parte di Luigi, lo scaricatore del Tabarro è stata la conferma che questo tenore, schietto e dal timbro assai bello, possiede la padronanza tecnica per passare dall’oggi all’indomani dal Belcanto di Bellini, Pollione di Norma, al Verismo di Puccini che, comunque, richiede una linea sempre controllata. Il suo “Hai ben ragione” ha avuto nell’esposizione il sapore della denuncia sociale e del rimpianto di una vita negata: grandissimo effetto. Altro tenore, che si è alternato con il collega Marco Ciaponi in corso di replica, Matteo Desole, per il sottoscritto una piacevole scoperta, tanto per l’incisività ed aderenza nel ruolo del Tinca, quanto e soprattutto nei panni di Rinuccio, venendo a capo con perfetta musicalità e bel timbro a quella pestifera (nel senso strettamente vocale) aria che è “Firenze è come un albero fiorito”. Nello Schicchi si è molto apprezzata la deliziosa Lauretta di Francesca Tassinari, anche lei tributata da un meritato applauso dopo l’atteso “O mio babbino caro”, sia per la squisita linea di canto – ma ciò è cosa nota – che per la spigliata e birichina presenza scenica. Ma tutti nello Schicchi si sono superati: Giovanni Castagnolo, Gherardo, Nella sua moglie, Giulia De Blasis, Valdis Janson, Betto di Signa di lusso, Francesco Milanese, Simone e prima il Talpa nel Tabarro, cui la regia concede due momenti esilaranti: il primo è che si commuove nel sentire il canto di Lauretta; il secondo, ancora più efficace, che si alza “miracolato” dalla sedia a rotelle! E ancora Felipe Olivera, Marco, Alice Molinari, la Ciesca, Gianluca Monti, Maestro Spinelloccio, il medico, Alessandro Busi esilarante Ser Amantio il notaio ed infine Romano Franci e Stefano Cescatti, Pinellino e Guccio i due testimoni. Della lunga lista di suorine, tutte assai brave e perfettamente in parte, ricordiamo la Badessa, Grazia Gira, la zelatrice Laura De Marchi, la Maestra delle novizie, Matilde Lazzaroni e le pecise Suor Genovieffa, Paola Santucci, Suor Osmina, Patriza Negrini.

La valente orchestra regionale dell’Emilia-Romagna, sommandosi al Coro della Fondazione Teatro di Modena, istruito da Stefano Colò  con le voci bianche a loro volta sotto la guida di Paolo Gattolin e di Melitta Linter, hanno trovato nel Maestro Aldo Sisillo una guida sicura che è riuscita a rendere la lettura delle tre diversissime pieces con ammirevole precisione e un gran senso teatrale, garantendo sempre un sostegno al palcoscenico, particolarmente attento e partecipe.

A fine serata, rientrando a casa, in molti – specie tra quelli che come l’impiccione si spostano nei teatri della nostra florida provincia – abbiamo nuovamente realizzato che le emozioni più vere, la musica con maggior entusiasmo, di pubblico negli esecutori, la si trova qui, in queste realtà fuori dal rimbombo mediatico, dove si lavora duro, con pochi mezzi, ma con tanta passione e volontà. E di ciò siamo e saremo sempre grati a direttori artistici quali Aldo Sisillo e Cristina Ferrari, che ci confermano così che l’opera, la nostra tradizione musicale e culturale più vera, è sempre viva. Anzi, più viva che mai!

Andrea Merli

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