JESI: La Scuola de’ Gelosi – 13 gennaio 2017

JESI: La Scuola de’ Gelosi – 13 gennaio 2017

La Scuola de’ Gelosi

Dramma giocoso in due atti

musica di Antonio Salieri

libretto di Caterino Mazzolà

trascrizione dall’Autografo a cura di Jacopo Cacco e Giovanni Battista Rigon

prima rappresentazione in tempi moderni

 

Maestro Concertatore e Direttore: Giovanni Battista Rigon

Regia: Italo Nunziata

Personaggi e Interpreti:

  • Don Filippo Conte Bandiera: Patrick Kabongo
  • La Contessa: Francesca Longari
  • Blasio Biadaiuolo: Benjam Cho
  • Ernestina: Eleonora Bellocci
  • Lumaca: Qiangming Dou
  • Carlotta: Anna Vittoria Pitts
  • il Tenente: Manuel Amati

 

Scene: Andrea Belli

Costumi: Valeria Donata Bettella

Luci: Marco Giusti

Orchestra I VIRTUOSI ITALIANI


Considerata a ragione il capolavoro buffo di Antonio Salieri, il dramma giocoso La scuola de’ gelosi su libretto di un altro “veneziano”, così venivano allora designati autori e cantanti fuori dalla Repubblica, come Da Ponte, Tartini e Bertati, appunto, Caterino Mazzolà, ritrova ora rinnovato vigore e tutta la sua freschezza grazie ad una lunga cordata di reciproca collaborazione tra la Fondazione Culturale Antonio Salieri di Legnago, dove l’opera è andata in “prima” la scorsa primavera, la Fondazione Teatri delle Dolomiti di Belluno; in cooproduzione con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, dove finalmente ed impiccionescamente sono riuscito a coglierla in un felice volo e dove le maestranze ed i laboratori hanno costruito scene e costumi. Precedentemente in scena al Teatro Ristori di Verona, con il sostegno della Fondazione Cariverona, l’opera è stata coprodotta anche con la Deputazione Teatrale Teatro Marrucini di Chieti e la Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino dalla cui accademia sono usciti giovani e promettenti cantanti che hanno dato vita allo spettacolo sotto la sapiente e vivace direzione del Maestro Giovanni Battista Rigon, cui si deve pure il lavoro di recupero della partitura e la scelta dei brani tra le varie versioni, seguendo oltre al rigore filologico le urgenze della teatralità di questa brillante commedia di chiara ispirazione goldoniana, che per molti versi anticipa quel Così fan tutte che completa la celebre trilogia Da Ponte Mozart. I quali sicuramente conoscevano a menadito l’opera del Salieri, poiché dopo il trionfale debutto al veneziano Teatro di San Moisè il 27 dicembre del 1778, dando inizio alle feste carnevalizie del 1779, era stata portata nel 1783 a Vienna, ottenendo di nuovo un risultato travolgente e, soprattutto, riaprendo così le porte della Capitale dell’Impero all’opera italiana, caduta in disgrazia nel 1776 quando l’imperatore Giuseppe II fondò il “Teatro Nazionale” e poco dopo il “Nationalsingspiel”, licenziando in tronco la compagnia di matrice italiana.

Suddivisa in due tempi, preceduti da una breve sinfonia in un solo movimento, l’opera conta sette personaggi. Tre coppie, formate rispettivamente dal mercante geloso Blasio Biadaiuolo e dalla di lui moglie Ernestina, dal Conte Filippo di Bandiera, marito libertino della gelosissima Contessa ed, infine, quella dei due servitori in casa di Blasio, Lumaca e Carlotta, a loro volta bisticciosi amanti. Terza figura, che anticipa nella sua saggezza illuminata il misogino Don Alfonso mozartiano del Così, quella del Tenente, cugino di Blasio e amico del Conte, novello Figaro tessitore delle trame che portano al prevedibile lieto fine, laddove le coppie si ricongiungono fedelmente.

La Scuola de’ gelosi è caratterizzata da un susseguirsi di arie piacevoli, alcune assai ispirate e di difficoltà crescente. Ci si riferisce in particolare a quelle della Contessa che canta nel primo atto un’aria di furore e nel secondo è protagonista di una gran scena con recitativo, aria e rondò: non a caso la prima interprete a Vienna fu il soprano Caterina Cavalieri, nome d’arte di Franziska Helena Appolonia Kavalier, creatrice del ruolo di Costanze del Ratto mozartiano e per la quale Mozart compose l’aria “Mi tradì” K 540 per la versione viennese del Don Giovanni. La scuola de’ gelosi colpì molto favorevolmente nientemeno che Goethe, il quale ebbe a scrivere: “Ci sono una ricchezza e varietà sorprendenti, il tutto trattato con delicato gusto. Il mio cuore batteva ad ogni aria, soprattutto nei finali e nei quintetti, che sono mirabili”.

In effetti, oltre ai due concertati abituali nell’opera buffa che concludono rispettivamente i due atti, nel bel mezzo del secondo c’è un quintetto davvero straordinario per originalità e soluzione musicale.

Nella speranza che quest’opera possa circolare assieme ad altri titoli di Salieri, penso al suo Falstaff visto in gioventù a Trieste e recentemente ripreso a Vienna con successo, si riconferma la sostanziale importanza di questo Autore a riprova che attorno alla genialità del Divino Salisburghese non c’era il nulla, tutt’altro. A tanta dovizia di bella musica, suonata impeccabilmente dalla assai partecipe orchestra “I Virtuosi Italiani” con il M° Rigon impegnato contemporaneamente anche al cembalo, dove si è divertito nei recitativi a fare pure citazioni mozartiane – ehh la gelosia! – è corrisposto uno spettacolo assolutamente delizioso, divertente e godibile.

Merito del regista Italo Nunziata e grazie alla funzionale e scorrevole scena formata da quinte dipinte volutamente in maniera un po’ naïve e nel contempo elegantissime, di Andrea Belli, ai coloratissimi costumi creati da Valeria Donata Bettella, una rivisitazione settecentesca vagamente anni trenta e abbagliante nelle stoffe vivaci di cotone africano con fantasie strepitose, alla non meno che perfetta e suggestiva illuminazione di Marco Giusti. L’azione, ricca di colpi di scena alla Feydeau, non ha avuto cedimenti nel ritmo, cadenzato pure da abili movimenti coreografici, in virtù dell’eccellente preparazione di un cast di giovani, quasi imberbi cantanti, molto bene amalgamati nel lavoro di equipe, assai divertiti e divertenti nei rispettivi ruoli: segno che all’Accademia fiorentina si lavora sodo e bene. Il Maestro Gianni Tangucci, che ne è il direttore e che era presente in sala, mi ha dichiarato: “Il nostro compito non è solo quello di sgrezzare delle voci, che poi sul palcoscenico e nella vita avranno destini e risultati diversi, ma di garantire loro quella professionalità che sarà poi il biglietto da visita indispensabile per intraprendere il volo e la carriera”.

E appunto in tal senso son parsi bravi tutti: con punte di eccellenza nel talentuoso baritono koreano Benjamin Cho, Blasio spiritoso e cantato oltre che con la necessaria verve, con una voce di tutto rispetto, nella vivace e pepata Ernestina del soprano Eleonora Bellocci, nel baldanzoso ed ammiccante Conte Bandiera del tenore congolese Patrick Kabongo, nei pur assai apprezzabili servitori Lumaca, il baritono cinese Qianming Dou, e Carlotta, l’avvenente mezzosoprano del Brasile An Victoria Pitts e nel ventenne tenore di belle speranze Manuel Amati, insinuante e mercuriale Tenente.

Una menzione speciale la merita, però, il soprano Francesca Longari, Contessa Bandiera, impegnata con straordinario risultato nelle due difficili ed impegnative arie di cui si è detto sopra: voce estesa, assai ben modulata in piani e pianissimi, capace di messe in voce e dominio del legato che fanno intravedere in lei, appena ventenne, un radioso futuro. Lo si augura a tutta la bella compagnia; come ho avuto modo di dire ad alcuni di loro: è sempre una grande consolazione trovare tra I giovani dei ragazzi entusiasti e talentuosi.

Andrea Merli


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