ROMA: LA PADRONA DI CASA 1° Dicembre 2016

ROMA: LA PADRONA DI CASA 1° Dicembre 2016

George Sand racconta Fryderyk Chopin

Teatro Palladium, Roma 1° dicembre 2016

Testo di Sandro Cappelletto

 

Musiche di Fryderyk Chopin

Daniela Mazzucato, attrice e soprano

Marco Scolastra, pianoforte.

Con l’occasione di festeggiare I “primi” 70 (sì, avete letto bene, SETTANTA) anni di un’Artista davvero unica, Daniela Mazzucato, si è riproposta al Teatro Palladium di Roma, nel quartiere Garbatella, un’altrettanto unica recita del monologo, interrotto dal canto e dal pianoforte solista, “La padrona di casa”, un testo scritto da Sandro Cappelletto – che si conferma così, oltre che esperto e colto musicologo, autore teatrale di tutto rispetto – e cucito su misura per mettere in evidenza, con raffinata sintesi di una storia piuttosto tormentata, l’estro inesauribile e la bravura interpretativa e vocale della intramontabile cantante-attrice veneziana.

Un’ora ed un quarto di filata, che l’ha vista elegantissima in un abito “vintage”, come oggi è di moda dire, firmato da Ferrè e che solo una donna di gran classe e stile, che ha per giunta conservato una figura da fare invidia a una trentenne, può indossare e gestire in palcoscenico. Qui, accompagnata dal bravissimo e sensibile Marco Scolastra, pianista che da tempo ha ormai preso confidenza con il soprano sia per serate dedicate all’amata operetta, di cui la Mazzucato è considerata regina assoluta, che nel precedente spettacolo di Cappelletto, cui partecipava pure un altro monumento del nostro teatro, Elio Pandolfi: La perla delle donne.

Daniela io la conosco e frequento da tempi immemorabili, ma ben fissi nella mia memoria. Io ero iscritto ad Architettura nella sede di Ca’ dei Tolentini a Venezia e lei già era una stella al Teatro La Fenice. L’intesi prima nelle operine di Malipiero, quindi me ne innamorai perdutamente ammirandola quale pepatissima Corilla Petronilla Scortichini ne Le convenienze ed inconvenienze teatrali andate in scena nella primavera di quel 1970. Figuratevi, per qualche tempo dimorammo sotto lo stesso tetto, vicino a Campo San Fantin a due Passi del Conservatorio, nella pensione dei signori Carrara, un ambiente in tutto simile a quello dei Rusteghi e del Campiello di goldoniana memoria.

Poi io a Trieste a studiar medicina e lei al Festival dell’Operetta, in quegli anni felici in cui faceva coppia con Sandro Massimini, incontrastato “brillante” idolo del pubblico triestino: in coppia facevano faville. Ci fu un’edizione della Donna Perduta di Pietri, seguita da una non meno fortunata Acqua cheta, che è ancora ben presente nella memoria e nel cuore di tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di assistervi, là sotto il tetto infuocato del Politeama Rossetti prima che vi si installasse l’aria condizionata e con un pubblico surriscaldato sia dal caldo che dalla gioia e dalla complicità che si sprigionavano dal palcoscenico. Ero “studente e povero”, ma lavoravo al bar della Casa dello Studente a 800 delle vecchie lire all’ora per poter scappare a Milano, a sentire le opere alla Scala senza gravare sulle spese dei genitori che non hanno mai visto di buon occhio questa mia impiccionesca passione.

E dunque alla Scala la sua splendida Susanna nelle Nozze dirette da Abbado, con Herman Prey, la Berganza e la Freni, tra gli altri, tutti illustrissimi. E poi L’amore delle tre melarance, ancora con direttore Abbado e la regia di Strehler, e il Werther con Kraus, dove letteralmente “ricamava” il ruolo di Sofia con freschezza e grazia nel canto e nel portamento, la Despina del Così fan tutte, la Blonde del Ratto. E ancora a Trieste in quel Don Pasquale con il futuro compagno, Max René Cosotti, il giovane Nucci e Fernando Corena, e poi Roma, Napoli con quelle Vedove “storiche” con la Kabaivanska che iniziò a chiamarla “la mia Mazzuchina” e Palermo, -d’inverno al Teatro Politeama e l’estate al Teatro di Verdura, quando si faceva l’operetta! E Parigi, Londra, Barcellona…

Quanti ricordi, quanti bei momenti, quanta fraterna amicizia.

Ed ora a Roma un’altra rimpatriata, con il “fratellone” Armando Ariostini, mio compagno di viaggio da Milano e suo compagno in tante Vedove allegre e Pipistrelli, con Alfonso Antoniozzi con cui c’è un filing speciale, con Ugo Maria Morosi ed Elio Pandolfi, attori con cui si è trovata spesso in scena e che le sono amici veri e fedeli nella vita. E ancora il “nostro” Stefano Consolini e la Teresa da Bologna, Tiziana ed il Maestro Edoardo Lanza da Padova, Sandro Corelli che stava in compagnia di Massimini in veste di ballerino e coreografo, Michele Suozzo compagno barcacciano che mi ha pure ospitato nella sua bella casa romana e tanti altri amici che ora sarebbe lungo, e forse noioso per il lettore, ricordare.

Alle volte capita che mi si rimproveri l’essere amico dei cantanti: e che male c’è? Sarebbe preoccupante il contrario e cioè che dopo cinquant’anni di frequentazione “attiva” del teatro non ne avessi, di amici.

E perciò sono anche grato a Daniela, poiché molti li ho conosciuti grazie a lei.

Senza la Mazzucato, per concludere, la mia vita avrebbe avuto un altro colore.

Ti voglio bene Daniela e sono lieto dell’affetto che mi dai. Grazie di cuore.

Andrea Merli

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