SASSARI: UN BALLO IN MASCHERA 6 novembre 2016
Melodramma in tre atti su libretto di Antonio Somma
musica di Giuseppe Verdi
Direttore dell’Orchestra: Myron Michailidis
Regia: Pier Francesco Maestrini
Personaggi e interpreti:
Riccardo: Alessandro Liberatore
Renato: Ernesto Petti
Amelia: Cellia Costea
Ulrica: Bruna Baglioni
Oscar: Giuliana Gianfaldoni
Silvano: Federico Cavarzan
Samuel: Gianluca Lentini
Tom: Enrico Rinaldo
un Giudice – un Servo: Francesco Congiu
ASSISTENTE ALLA REGIA Regista collaboratore: Alain Lepore
SCENE: Alfredo Troisi
COSTUMI: Alfredo Troisi
DISEGNO LUCI: Pier Francesco Maestrini
ALLESTIMENTO “La Bottega Fantastica” di Daniele Barbera
ORCHESTRA Ente Concerti Marialisa de Carolis
CORO Ente Concerti Marialisa de Carolis
MAESTRO DEL CORO Antonio Costa
La stagione di Sassari, pur nella sua geograficamente isolata posizione, non per ciò è priva di sorprese e di stimoli musicali, operistici e, in questo caso specifico, “melomaniaci“.
La produzione di Un ballo in maschera, procedente da Liegi, regia e disegno luci di Pier Francesco Maestrini, scene e costumi a firma di Alfredo Troisi, ripresa fedelmente in Sardegna dal regista collaboratore Alain Lepore, si dimostra assolutamente godibile, fedele alla drammaturgia, sebbene l’azione si sposti alla vigilia della guerra di secessione americana e il Conte di Warwick si trasformi di conseguenza nel presidente Abraham Lincoln con uno sviluppo storicamente prevedibile, ma non scontato. Quel che più conta, è stata apprezzatissima dal pubblico. Eppure il motivo di attrazione principale, non me ne vogliano i pur bravi protagonisti e colleghi in scena, il richiamo dal Continente insomma, è stata la sorprendente partecipazione del mezzosoprano Bruna Baglioni nel ruolo della maga Ulrica.
A distanza, si badi, di quarantuno anni della sua presenza a Sassari nel medesimo ruolo -correva il 1975- quando ormai da un bel po’ di tempo ha abbandonato le scene per dedicarsi proficuamente all’onerosa fatica di maestra di canto. “Fu proprio in occasione di una master class” ci ha confidato in camerino durante l’intervallo a fine del primo atto “che il direttore artistico Marco Spada sentendomi esemplificare a piena voce ai partecipanti, lanciò quest’idea che, in principio rifiutai schermendomi. Troppi anni fuori dal giro. E poi, essendomi ritirata nel pieno ancora delle mie possibilità, perchè rischiare? Infine fu mia figlia Priscilla che mi convinse, per la sua gran voglia di sentirmi in un ruolo che non aveva mai potuto ascoltare dal vivo! Mesi di studio, ed eccomi qua”
Essendo di natura un mezzosoprano acuto, famosa per le sue Amneris, Adalgise e Leonore ne La Favorita, ora si può notare che la zona grave è piuttosto costruita e che qualche fiato risulta accorciato, rispetto ad una ventina di anni fa. La grinta, però, e la zampata felina è sempre la stessa. Dove però rimane sbalorditiva è nella fermezza del suono, che non conosce oscillazioni e nell’acuto che possiede tutt’ora una sopranile consistenza.
Tanto di cappello! Una lezione magistrale, infine, se si aggiunge l’autorità dell’interprete, al di sopra di ogni lode: si può concludere che la sfida è stata vinta. Una seconda primavera, chissà? Sembra che la prodezza sia destinata a ripetersi e quindi di cuore “in bocca al lupo”!
Ovviamente non era sola: per primo va lodato il Maestro greco Myron Michailidis, attuale direttore all’Opera di Atene, che con polso deciso e grande professionalità ha tenuto le redini dell’eterogeneo plot, guidando in porto con sicurezza lo spettacolo, offrendo una lettura avvincente e convincente. In ciò seguito dalla sempre ottima Orchestra dell’Ente Concerti “Marialisa De Carolis” e dal solvente coro, istruito a dovere da Antonio Costa.
Nel cast si sono distinti e prodigati tutti. Il valente tenore Alessandro Liberatore, che ripete l’ormai collaudato Riccardo, dotandolo di una linea nobile, appassionata con un fraseggio veemente e con il giusto accento. La voce corre, l’acuto è sicuro e ciò, sommato alla brillantezza dell’interprete, gli ha garantito un successo lusinghiero. Pure il soprano rumeno Cellia Costea, Aida la scorsa stagione a Sassari e di casa sui palcoscenici italiani, ha tratteggiato una vibrante ed innamorata Amelia, raggiungendo l’apice interpretativo con una toccante esecuzione del “Morrò, ma prima in grazia” dopo essere piaciuta molto sia nella grande aria del secondo atto, che nel successivo duetto col Conte, interrotto a scena aperta da frenetici applausi e grida di “bravo”. Notevolissimo, per materiale e per presenza scenica, il baritono Ernesto Petti, assai giovane e dotato in natura di una voce rigogliosa e squillante. Molto concentrato nell’aria “Eri tu che macchiavi quell’anima”, è lecito attendersi da lui una progressiva maturazione che lo porterà, con studio e perseveranza, ad imporsi sulle scene e non solo italiane. Meritevoli di lode i due bassi, il Samuel di Gianluca Lentini ed il Tom di Enrico Rinaldo, assai ben assortiti e perfettamente complementari. Ottimo pure il sonoro, musicalmente preciso Silvano del baritono Federico Cavarzan e puntuale il tenore Francesco Congiu, doppiamente impegnato quale Primo giudice e Servo d’Amelia. Buon ultimo l’Oscar del soprano Giuliana Gianfaldoni, trasformata dalla regia nel piccolo Rusty, perennemente accompagnato dal fedele Rin Tin Tin, un bel esemplare di pastore tedesco che guardava in quinta il padrone mugolando per poterlo raggiungere al più presto. Sebbene inguaiato tra guinzaglio e cane, al soprano ha sostenuto assai bene la parte, tanto nelle due danzanti arie del primo e dell’ultimo atto, quanto nei concertati che l’hanno vista emergere da protagonista, specie quello nell’antro di Ulrica che prende il via con la celeberrima frase del tenore “E’ scherzo od è follia”.
E nell’opera, un po’ di “follia organizzata” ci sta sempre bene!