LI PRODIGI DELLA DIVINA GRAZIA NELLA CONVERSIONE E MORTE DI SAN GUGLIELMO DUCA D’AQUITANIA
Jesi, Teatro G.B. Pergolesi
LI PRODIGI DELLA DIVINA GRAZIA NELLA CONVERSIONE E MORTE DI SAN GUGLIELMO DUCA D’AQUITANIA
Dramma sacro di Ignazio Maria Mancini
musica di Giovanni Battista Pergolesi
Revisione critica di Livio Aragona
Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini
XVI Festival Pergolesi Spontini, 1/25 settembre 2016
Jesi, Maiolati Spontini, Monsano, Montecarotto, Castelbellino, Cupramontana, Loreto, Ostra, Serra De’ Conti.
direttore al cembalo e all’organo: Christophe Rousset
regia: Francesco Nappa
Personaggi e Interpreti:
- San Guglielmo: Raffaella Milanesi
- San Bernardo – Padre Arsenio: Sofia Solovyi
- Cuosemo: Clemente Antonio Daliotti
- Angelo: Arianna Vendittelli
- Demonio: Maharram Huseynov
scene: Benito Leonori
costumi: Giusi Giustino
Les Talens Lyriques
Nuova produzione Fondazione Pergolesi Spontini
“Vento di Soave, Papi, imperatori, armi ed amori sotto l’aquila sveva”
LI PRODIGI DELLA DIVINA GRAZIA NELLA CONVERSIONE E MORTE DI SAN GUGLIELMO DI AQUITANIA
La sedicesima edizione del Festival Pergolesi Spontini si svolge dal 1° al 25 di settembre e mai come prima pare interessante e ricca di appuntamenti, oltre che nella sede preposta del Festival e cioè il Teatro Pergolesi di Jesi, in una miriade di altre location, a gara una più suggestiva dell’altra, che coinvolgono i vicini comuni di Maiolati Spontini (e stupisce sempre che due località così vicine, ma pure defilate nella ricca geografia nazionale abbiano dato vita a due indiscussi geni della musica) di Monsano, Montecarotto, Castelbellino, Cupramontana, Loreto, Ostra e Serra De’ Conti, coniugando musica, architettura e la rigogliosa bellezza delle Marche, regione tra le più feconde nel pur ricco panorama nazionale.
“Vento di Soave”: la citazione dal Paradiso dantesco è un dichiarato omaggio alla stirpe degli Hohenstaufen, alla quale appartenne Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia, nato a Jesi nel 1194. E dunque, storie di Papi, Imperatori, armi ed amori sotto l’aquila sveva. Si debutta con “Il volo dell’aquila” all’aria aperta in Piazza Federico II a Jesi, una festa teatrale con voci, cori polifonici, strumenti elettronici, artisti di circo e campane, drammaturgia del direttore artistico del Festival Vincenzo de Vivo, musica di Fabrizio Festa e regia di Giampiero Francese, si continua a Montecarotto con “La Saracina” opera “non” musicata di Wagner e raccontata da un cantastorie, un puparo e un negromante, si segue con altri spettacoli, tra cui l’esecuzione dei Carmina Burana nel giardino del museo delle arti monastiche di Serra De’ Conti e ci si ritrova finalmente a Jesi, il venerdì 9 settembre per l’evento clou, nuova produzione del Festival al Teatro Pergolesi.
Il titolo wertmulleriano, che per praticità abbrevieremo impiccionescamente in Guglielmo d’Aquitania, non è stato per alcuni una novità, in quanto già eseguito in passato in Italia e pure più recentemente da Les Talents Lyriques sotto la guida del loro mentore, lo specialista Christophe Rousset, l’hanno tra gli altri già eseguito in altra sede. Qui però si offre la versione critica curata da Livio Aragona e, soprattutto, il Dramma Sacro di Ignazio Maria Mancini conosce per la prima volta in Italia – salvo smentite – la forma scenica che, pur trattandosi sostanzialmente di un oratorio, è parsa non solo convincente, ma teatralmente efficace e assolutamente determinante al successo che ha coronato la serata. Merito della scorrevole e ritmicamente efficace regia di Francesco Nappa che sfruttando al meglio una scena scarna, animata dallo scorrere di pannelli su cui si proiettavano suggestive composizioni (scene di Benito Leonori, videodesign di Mario Spinaci e ludi di Fabrizio Gobbi) ha offerto una lettura chiara ed avvincente, sia della storia di Gulielmo di Aquitania, prima sostenitore dell’antipapa Anacleto II e quindi pentito e converso all’autentico papa Innocenzo II, rendendo anche con sagace comicità il lato buffo della vicenda, impersonato dal napoletano Capitan Cuosemo e pure nei grotteschi travestimenti del Demonio, immediatamente smascherati dall’Angelo, pur esso cangiante non solo di luce, bensì di aspetto e personalità. Belli e pertinenti pure i costumi di Giusi Giustino.
Il San Guglielmo si eseguì per la prima volta nell’estate del 1731 a Napoli, nel chiostro del monastero annesso alla Chiesa di Sant’Angelo, e costituì il compimento dell’apprendistato di Pergolesi. Il quale colse appieno la duplicità insita nel libretto, tra il lato teologicamente morale e quello esplicitamente comico, amplificandola con la musica. L’opera si snoda con un susseguirsi di recitativi ed arie, la maggior parte con da capo, quattro duetti e l’interessante quartetto che chiude il primo dei tre atti. Di spicco i due recitativi accompagnati, affidati il primo a San Bernardo nel primo atto “Così dunque si teme” e l’altro a Guglielmo nel terzo atto, quando si ritrova cieco “E’ dover che le luci”, che esprimono appieno la genialità del compositore, il quale non è da meno nel versante comico, anticipando nella buffa figura del capitano quelle più famose degli intermezzi, e il pensiero corre all’Uberto de La serva padrona.
Christophe Rousset, pur con scarso tempo per le prove, ha condotto mirabilmente i bravissimi componenti de Les Talents Lyriques, che eseguono le musiche rigorosamente in piedi e con un afflato ed una partecipazione palpabili. Di ottimo livello pure il cast, iniziando dalla superba interpretazione del ruolo protagonista da parte del soprano Raffaella Milanesi, tanto precisa vocalmente quanto credibile e brava scenicamente nel ruolo in travesti. Il baritono Clemente Antonio Dalioti è stato assai godibile Capitano Cuosemo con il suo napoletano stretto, abile nei sillabati e negli effetti onomatopeici che le arie a lui affidate comportano. Arianna Venditelli, nelle vesti candide dell’Angelo, ha offerto una prova maiuscola nelle sue difficili arie e così ha stupito, per aderenza e sicura vocalità il giovanissimo basso Maharram Huseynov, Diavolo in rosso. Menzione speciale per la superlativa prova di Sofia Soloviy, nei panni prima di San Bernardo e poi di Padre Anselmo, tra le cui braccia muore ed ascende in Cielo Guglielmo, dalla voce emessa con vigore, vivida nel fraseggio e di forte personalità scenica.
Andrea Merli