Martina Franca – 42° Festival della Valle d’Itria: COSI FAN TUTTE
COSI FAN TUTTE
Wolfgang Amadeus Mozart
Palazzo Ducale, 1 agosto
La seconda ed ultima replica di Così fan tutte ha costituito l’ultimo dei cinque spettacoli a cui, grazie alla nuova organizzazione del Festival, si è potuto assistere in rapida successione dal 28 luglio al 1° agosto. Frutto del lavoro certosino dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” 2016, promossa ed organizzata dalla Fondazione Paolo Grassi fin dal 2010 e guidata ora dal Maestro Fabio Luisi che ha concertato e diretto per la prima volta il capolavoro mozartiano. Il maggior interesse era dunque puntato sulla direzione d’orchestra, nello specifico l’Orchestra Internazionale d’Italia raccolta e formata per la manifestazione e che, come si è già anticipato nella recensione precedente di Francesca da Rimini, pare trasfigurata quando a dirigerla è il Maestro genovese. Oltre ad offrirne una lettura integrale, salvo il taglio opportuno dell’aria di Ferrando “A lo vedo anima bella”, si è trattato di una vera e propria lezione di levigatezza e pulizia estreme, di accompagnamenti precisi, ben sostenuti senza mai prevaricare le voci e. soprattutto, di grande sensibilità nel cogliere le mille ed una raffinatezze del prezioso spartito, ivi compresa la caustica ironia, la brillante leggerezza, l’emozione e non ultimo il tocco nostalgico. Valga un esempio per tutti: “Soave sia il vento”, uno dei tanti momenti magici della serata. Salutato da un successo a dir poco trionfale.
Peccato che alla musica non corrispondesse lo spettacolo, quasi proditoriamente rinunciatario, malamente imbastito, con sdruciture nel ritmo e scarsa tenuta dell’azione, da Juliette Deschamps, per altro docente pure lei dell’Accademia. “Costo zero” non vuol dire, come si evince da altri spettacoli nel corso della presente manifestazione, poche idee o che quelle poche messe stentatamente in riga fossero scontate quando non devianti: per tutte, ancora una volta, il duettino delle due sorelle Dorabella e Fiordiligi all‘inizio del secondo atto, travisando una frase di Despina: “contare le mosche” sta a indicare, figuratamente, perdere il tempo, non darne necessariamente la caccia.
Senza il sostegno di una regia valida e nemmeno istruiti a dovere nel rendere la spigliatezza goldoniana dei recitativi del Da Ponte, il cast non si è sollevato da quello che potremmo considerare un buon saggio fine corso. Benissimo e puntuali, questo sì, nei pezzi d’assieme, nei duetti e terzetti, ma assai scarsi nelle singole arie I due maschietti, aitanti e belli certo, ma vocalmente debolucci: il tenore Bryan Lopez Gonzales, Ferrando, che dopo un inizio promettente è parso esaurirsi poco a poco, e il timbricamente pregevole, ma tecnicamente immaturo baritono Laurence Meikle. Molto meglio è andato il valente Daniele Antonangeli, baritono chiamato a sostenere la parte di Don Alfonso, dalla voce altrettanto interessante e tecnicamente molto più preparato, con in più la possibilità di articolare e pronunciare a dovere la nostra lingua in un ruolo essenziale per lo svolgersi della commedia. Limite che invece ha avuto il soprano giapponese Nao Yokomae, pungente e mercuriale Despina, che però non ha saputo cogliere appieno gli spunti attoriali che i suoi divertenti recitativi le riservano. Delle due fanciulle scambiate e scambiste, è piaciuta la Fiordiligi di Shaked Bar, solo un po’ debole nella zona grave, ma molto precisa nelle agiltà e soprattutto la spigliata e convincente Dorabella del mezzosoprano giapponese anch’essa, Nozomi Kato.
Infine il brillante coretto dell’Accademia del Belcanto, nella cui compagine han trovato posto pure diversi giovani solisti che si è avuto modo di apprezzare negli altri spettacoli, Baccanali e Don Chisciotte della Mancia, e che forse avrebbero brillato maggiormente se impegnati nei sei ruoli principali. Ma anche ciò fa parte del gioco.