Las Palmas di Gran Canaria LE PORTRAIT DE MANON – Jules Massenet LA VOIX HUMAINE – Francis Poulenc
LE PORTRAIT DE MANON
Opera comica in un atto .
Musica di Jules Massenet
Libretto di Georges Boyer.
Prima a Parigi, Opera Comique 8 maggio 1894.
- Aurore: Elisandra Melian
- Des Grieux: Manel Esteve
- Tiberge: Rubén Pérez
- Jean: Carol Garcia
LA VOIX HUMAINE
Tragedia lirica in un atto per un solo personaggio
Musica di Francis Poulenc
Libretto di Jean Cocteau, tratto dall’opera teatrale del 1930.
Prima a Parigi, Opera Comique 6 febbraio 1959.
- Elle: Angeles Blancas
E’ pur sempre un atto di coraggio in un teatro a gestione praticamente privata ed in una realtà estrema, come può essere quella di Las Palmas di Gran Canaria estremo enclave europeo piazzato in pieno oceano Atlantico, programmare titoli stimolanti, ma pure di scarso interesse per il pubblico che ama il repertorio più frequentato. E dunque una bella scommessa vinta alla grande con una produzione locale che ha unito a La voix humaine di Poulenc, titolo tutto sommato abbastanza noto anche se musicalmente non proprio “facile”, alla desueta operina in un atto Le portrait de Manon di Jules Massenet che in Italia, salvo smentite, si eseguì l’ultima (e forse la prima) volta tradotta in italiano nella primavera del 1977 al Teatro Filarmonico di Verona con interprete, nel ruolo del Chevalier Des Grieux l’allora giovanissimo Leo Nucci. E l’impiccione c’era…
A Las Palmas, con un cast interamente spagnolo e per la regia di Alfonso Romero, s’è cercato addirittura di creare un trait d’union tra i due atti unici che, in verità, di comune hanno la sola lingua francese appartenendo a due mondi completamente diversi per tematica e sensibilità musicale.
L’operina di Massenet, che vide la “prima” alla parigina Opéra Comique l’8 maggio 1894, ha una trama innocente e quasi scherzosa: il disincantato Chevalier (qui affidato alla voce di baritono anziché tenore: gli anni passano non solo per… Placido Domingo!) dopo la perdita dell’amata Manon, di cui conserva gelosamente un ritrattino nascosto in un cofanetto, si ritira nel castello avito e si prende pure la briga di allevare ed istruire Jean (mezzosoprano en travesti) nobile rampollo orfano di un lontano parente. Questi è invaghito e corrisposto da Aurore, pure orfanella e pupilla di Tiberge, amico di Des Grieux. A conoscenza dei fatti, Des Grieux nega a Jean la possibilità di unirsi ad una fanciulla senza titolo e, soprattutto, senza dote, ma durante una scaramuccia amorosa tra i due il cofanetto viene travolto, si apre e compare l’immagine della bella Manon, assai somigliante ad Aurore. Tiberge convince allora la fanciulla a vestirsi e truccarsi con i panni di Manon – vesti che non si capisce bene perché e per come egli conservi – e di presentarsi in tal guisa al severo Des Grieux. Il quale, rapito in estasi nel rivedere al naturale il ritratto, concede ai due fanciulli di sposarsi non prima che Tiberge gli abbia rivelato che Aurore, in verità, e la figlia di quel Lescaut cugino della defunta Manon.
Fandonie cha ai bamboli raccontan le nonne con lunghi preamboli per farli dormir? No, ma certo un happy end ad una storia che aveva lasciato a più d’uno, fors’anche a Massenet, l’amaro in bocca. Di certo la musica è di eleganza e squisita fattura e vive di continue citazioni ed auto imprestiti: dalla deliziosa “bergerette” che canta Aurore, al breve “Fabliau” intonato da Tiberge. Ma per il melomane più scaltro diventa un divertente gioco riconoscere sin dal preludio il tema di “Ah, fuyez douce image”, la musica del primo incontro sulla via di Parigi “Je suis encore toute étourdie”, il voluttuoso “Manon, sphinx étonnant2 ed un lungo eccetera. Innegabilmente i 40 e spiccioli minuti volano via e lasciano la possibilità di fantasticare su possibili prosiegui di opere in cui si canta di un ritratto. Per tutte la Traviata: “Prendi quest’è un’immagine”, appunto. Ed ecco il vecchio ed imborghesito Alfredo che, altro che pudiche vergini, insiste nella sua perversione di frequentare malaticce demi-mondaine. Si potrebbe dare vita a molteplici atti unici derubando quinci e quivi dagli spartiti originali. Anzi, ci si stupisce che nessuno ci abbia ancora pensato, specie con titoli ormai fuori dal vincolo dei diritti d’autore.
E dunque Elle, avvinghiata al filo del telefono in disperato colloquio con l’amante che l’ha abbandonata, altra non è che la cugina di Manon, a sua volta lasciata da Jean: del resto, come recita la Principessa Elisabetta Kuddenstein ne La contessa Maritza: “qual è l’amore eterno che dura più di una settimana?”.
Lo si potrebbe intuire dalla scena unica: una ricca biblioteca e sullo sfondo un giardino per Le portrait de Manon che si presenta rovinoso, con le librerie devastate ed i libri sparpagliati attorno al letto disfatto, ne La voixhumaine. Colpo di scena finale: Elle si allontana nella luce soffusa nel giardino e Jean, Des Grieux e Tiberge sopravvenuti all’ultimo ne scoprono, sotto le lenzuola, il cadavere.
Scena di grande impatto, costruita assai bene da Carlos Santos, costumi vagamente anni Venti dello scorso secolo di Claudio Martin, luci ben amministrate da José Fernandez Txema, ma che in qualche maniera scippa la chiusura teatrale alla protagonista di Poulenc. In questo caso la splendida Angeles Blancas, che del ruolo è diventata quasi una “specialista” e che assolve con una naturalezza e con una verità d’attrice proporzionale alla squisita musicalità. Molto bravi anche gli interpreti dell’opera di Massenet, iniziando dal baritono Manel Esteve, autorevole e anche molto nostalgico nei panni di Des Grieux, le fresche vocalità del soprano Elisandra Melian (Aurore) e del mezzosoprano Carol Garcia (Jean) cui si è sommata la paterna presenza del tenore Ruben Pérez, Tiberge.
Ottima la prova dell’orchestra Filarmonica di Gran Canaria diretta con vigore e buon senso del ritmo da Juan Luis Martinez, abile nel seguire i tempi imposti dalla protagonista de La voix, che di fatto dirige l’opera determinandone le pause e l’ampiezza delle frasi. Il coro, diretto da Olga Santana, ha avuto una prova marginale nel Portrait massenettiano, ma lo aspetta ora un grosso impegno nel prossimo Nabucco
Andrea Merli