VI RACCONTO UNA FAVOLA

VI RACCONTO UNA FAVOLA

Milano

BASTIEN UND BASTIENNE

Wolfgang Amadeus Mozart

Teatro “la Barca” – 11 marzo 2016

  • Bastienne: Arianna Stornello (soprano)
  • Bastien: Stefano Gambarino (tenore)
  • Colas: Cesare Costamagna (basso)
  • Piano: Gianfrancesco Amoroso
  • Regia: Valentino Klose
  • Scena: Fabiana Sabina
  • Costumi: Federica Bellati
Firenze

HANSEL UND GRETEL

 Engelbert Humperdinck

Teatro Goldoni

 

Direttore: Farhad G. Mahani, Nikolas Nägele (10)

Regia: Gianmaria Aliverta

Personaggie e Interpreti:

  • Hänsel: Veta Pilipenko, Ana Victoria Pitts (4, 6, 9, 11, 13)
  • Gretel: Eleonora Bellocci, Francesca Longari (4, 6, 9, 11, 13)
  • Il Padre: Qianming Dou, Dario Shikhmiri (4, 6, 9, 11, 13)
  • La Madre: Eunhee Kim
  • Knusperhexe (La Strega): Antonella Carpenito, Chris Merritt (5, 6, 9, 12, 13)
  • Sandmann (L’omino della sabbia): Dioklea Hoxha, Paolo Anziliero (4, 8, 10, 11)

Scene: Alessia Colosso

Costumi:Gianmaria Aliverta, Simone Martini

Luci: Adriana Renna

Assistente regista e figurante speciale: Luisa Travaglini

Maestro del Coro: Lorenzo Fratini

Orchestra del Conservatorio di Musica “Luigi Cherubini” di Firenze

Coro delle voci bianche del Maggio Musicale Fiorentino

Maestri collaboratori
Fabio Maggio
Nikolas Nägele
Chiara Pulsoni
Bojie Yin

Il lettore attento sa che non sono nuovo nell’accomunare due recensioni, specie se le recite si susseguono in meno di 24 ore come è appunto il caso.

La sera di venerdì 11 a Milano, nel per me nuovo spazio del Teatro “la barca” in zona Porta Genova, si è trattato di Bastien und Bastienne, il primo Singspiel composto a soli 12 anni da Mozart. La tradizione vuole che gli fosse commissionato nientemeno dal leggendario medico ed ipnotizzatore Franz Anton Mesmer, quello della “pietra mesmerica” usata da Despina in maschera di medico, per intenderci. Così fosse, la prima esecuzione assoluta avvenne nel giardino della sua villa viennese il 1° ottobre del 1768. Sabato 12 pomeriggio, invece, mi sono spinto alla volta di Firenze, fino al minuscolo e quasi nascosto Teatro Goldoni, per la nona di dieci recite di Hansel e Gretel. Operina – si fa per dire, perché qui se n’è offerta una versione assai accorciata con organico orchestrale ridotto, ma in realtà vi fa capolino il Parsifal alla cui stesura finale collaborò attivamente Humperdinck – concepita per allietare e tener buoni i nipotini in salotto, rivelatasi poi l’autentico capolavoro del fedelissimo wagneriano.

E dunque, si dirà, questa è la storia. Nein, il tedesco è d’obbligo. La bella favola è invece quella che narra l’avventura di altri due ragazzi. Il primo, in ordine di età e apparizione Gianmaria Aliverta, ormai lanciatissimo a livello nazionale, approdato a Martina Franca, al Malibran di Venezia sotto gli auspici della Fenice ed ora al Maggio Fiorentino, sebbene in sede periferica, dopo i primi vagiti al Rosetum ed in altre sedi meneghine, sempre sotto il segno della precarietà. Il secondo si sta facendo avanti con fare meno birichino ed ammiccante, ma con caparbietà e determinazione non meno notevoli, confermando le proverbiali qualità dei suoi conterranei: è nato 26 anni fa a Castrovillari, in Calabria sebbene sia ormai a tutti gli effetti milanese per studi universitari e per formazione. Valentino Klose nel suo curriculum davvero impressionante per l’età, vanta con questa ben tre regie in differenti produzioni d’opera cittadine, iniziando da un fortunatissimo Serse di Haendel offerto integralmente un anno fa al Teatro Litta.

Non sono i soli, sia chiaro, questi rampanti rampolli della “nouvelle vague” milanese che si rimboccano le maniche e cercano di realizzare i loro sogni investendo spesso di tasca propria, facendo letteralmente salti mortali pur di poter dar vita a ciò da cui si sentono ispirati, che piace e che vogliono a tutti i costi fare. Per dovere di cronaca almeno sono da citare gli amici Davide Garattini e Renato Bonajuto, entrambi impegnati in bei progetti, che mi riprometto di “impiccionare” prossimamente, dando loro ulteriore “visibilità” (termine oggi assai in voga) da questa virtuale ribalta.

E dunque l’operina di Mozart, in questo caso risolta con l’ausilio del solo pianoforte ed in uno spazio assai raccolto – praticamente uno scantinato – capiente di circa una sessantina di persone, ma senza tralasciare nessun dettaglio scenografico né, men che meno, registico. Una nota gradita la sapiente introduzione magistralmente condotta con estrema competenza e precisione da Fabio Tranchida che ha pure esemplificato alcuni motivi sedendosi al pianoforte. La capacità della sintesi unita alla sensibilità di chi sa usare un linguaggio dotto, ma alla portata di tutti, ricco di spunti e di informazioni utilissime alla maggior comprensione del testo – il Singspiel è stato eseguito in lingua originale con l’ausilio dei sopratitoli – e dunque un esempio, pure questo, da seguire.

01 Cesare Costamagna, basso; Stefano Gambarino, tenoreGian Francesco Amoroso, da un pianoforte di non eccelsa qualità va detto, ha fatto veri e propri miracoli per garantire la tenuta musicale, gli attacchi, le entrate e gli insieme – è pur vero che si tratta di tre soli esecutori – con la perizia del direttore d’orchestra che egli è in fieri e da cui è lecito attendersi grandi cose in futuro. Bene gli interpreti: il soprano Arianna Stornello, che ripete con spirito la bella prova che aveva offerto nel Serse, soave il tenore Stefano Gambarino e sufficientemente tenebroso, oltre che altissimo, Cesare Costamagna nei panni di Colas l’indovino.

Strategicamente – lo spiega Klose nell’intervista video che si pubblica contestualmente – si è optato per una regia attualizzata, ricetta obbligata quando mancano soldi. I costumi sono stati in realtà confezionati con pochi stracci, ma è proprio in questi casi che si deve sfruttare l’inventiva: dunque il mago fruga nella borsa della distratta Bastienne e in mancanza di soldi ruba un … panino! Morti di fame sì, ma non privi di idee. Brave Fabiana Saprìa, cui si deve il fondale della scena e Federica Pellati, che ha vestito come poteva gli interpreti: entrambe allieve di Serena Sinigallia. Il pubblico in gran parte formato da amici fedeli e compagni di loggione in Scala, ha decretato un confortante successo, allettante ad altre nuove avventure.

Hansel-e-Gretel-4-©-Pietro-Paolini-TerraProject-Contrasto-940x440Nel caso dell’opera a Firenze, in un ambiente popolato da bambini chiassosi, alcuni assai – troppo – piccoli, altri piuttosto recalcitranti, la fiaba prende corpo e diventa realtà. Siamo già al punto in cui Cenerentola ha ritrovato la sua scarpetta di cristallo. Trovo assai saggio che la Direzione del Maggio Musicale Fiorentino abbia affidato ad Aliverta uno spettacolo di divulgazione, che sarebbe molto opportuno far girare a livello nazionale, poiché intuibilmente il costo del “pacchetto” deve essere piuttosto basso, ma soprattutto per la godibile realizzazione di uno spettacolo che ha una precisa cifra e una peculiare originalità. E’ stato pensato come una storia di Natale e si svolge dentro un armadio che chiude sia le gioie che i dolori e le paure. I dolori di una famiglia disagiata dove i bimbi assistono con tristezza alle continue liti tra padre ubriacone e madre stressata, le paure di chi non ha punti di riferimento come nel bosco popolato di strani personaggi, la gioia del bene ritrovato, trasformando la strega in un dolce di pan pepato. Non ci si spinga oltre con analisi psicologiche: proprio nell’irridere i “cattivi” facendoli buffi, li si trasforma in veri e propri eroi. Dunque la Strega Marzapane è molto più gustosa e simpatica del padre scopinaro dall’improbabile parlata lombarda e, soprattutto, della madre sempre arrabbiata con tutto e tutti, in primis con sé stessa. Oltre ad ai tagli, molto drastici, la riduzione musicale con un organico di circa 20 elementi può essere sdoganata per la contingenza, ma certo non rende le sottigliezze dello spartito a cui ha cercato di dare credibilità con una direzione ben sostenuta nel ritmo il giovane direttore iraniano Farhad G. Mahani.

Assolutamente censurabile la versione ritmica datata ed infelice realizzata a suo tempo da Lorenzo Arruga. Girate e volgete, quando non si può eseguire l’originale, meglio rifarsi alla vecchia traduzione che, quanto meno, conserva il profumo del bel tempo andato. Sentire la parola “Merda” in bocca ad Hansel o cantare le lodi del Chupa Chups, ha lasciato più di uno… basito.

Hansel-e-Gretel-3-©-Pietro-Paolini-TerraProject-Contrasto-940x440Il cast ha potuto contare con la determinante partecipazione di Chris Merritt, al suo rientro sulle scene italiane, il quale, seppure annunciato raffreddato, ha dato un rilievo monumentale al grottesco ruolo della strega, alla presa con i fornelli più che con la scopa. Alla replica a cui ci si riferisce si sono apprezzati la Gretel italiana, assai fresca anche vocalmente, di Eleonora Bellocci, l’Hansel russo della slanciata e fisicamente perfetta Veta Pilipenko, il nano Sabbiolino, sorta di fantasmino Casper, del soprano Dioklea Hoxha (che si immagina albanese) e con loro un padre cinese, ma dalla bella voce baritonale, Qianming Dou e la madre koreana di Eunhee Kim, idealmente scontrosa. Menzione speciale all’aiuto regista tutto fare, Luisa Travaglini, che ha dato vita pure ad una sorta di “maggiordomo” che si materializza nel sogno che fanno i bimbi addormenti nel bosco, quando hanno la visione di una casa felice e serena. Lode pure alle bravissime voci bianche che intervengono nel festoso finale e così pure all’intero team di Aliverta: la scenografa Alessia Colosso, il costumista Simone Martini e la dispensatrice di luce Adriana Renna. Senza i quali la favola difficilmente si sarebbe conclusa con un lieto fine.

Andrea Merli

 

 

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