Modena -TRISTAN UND ISOLDE- Richard Wagner 15 Novembre 2015
TRISTAN UND ISOLDE
Richard Wagner
Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”
Direttore: Marcus Bosch
Regia: Monique Wagemakers
Personaggi e interpreti:
Tristan: Vincent Wolfsteiner
König Marke: Alexey Birkus
Isolde: Claudia Iten
Kurwenal: Jochen Kupfer
Melot: Javid Samadov
Brangäne: Roswitha Christina Müller
Un pastore / Voce di un giovane marinaio: Martin Platz / Kwonsoo Jeon
Un timoniere: Romano Franci
Scene: Dirk Becker
Costumi: Gabriele Heimann
Drammaturgia: Sonja Westerbeck
Maestro del coro: Stefano Colò
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro della Fondazione Teatro Comunale di Modena
Progetto e allestimento dello Staatstheater Nürnberg
Ripresa della Fondazione Teatro Comunale di Modena
in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
Lode, in primis, al direttore artistico del Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena, il M° Aldo Sisillo, per il coraggio e la determinazione nello “sdoganare” – il termine è opportuno, vista la provenienza d’oltralpe della produzione – Wagner nel cuore dell’Emilia, terra verdiana dove ve ne siano con l’eccezione storica, più che altro, della “ribelle” Bologna, città wagneriana per definizione.
E Wagner sia! Lo spettacolo, l’intero cast ed il direttore d’orchestra fan parte di un “pacchetto” confezionato allo Staatstheater di Norimberga, nel profondo nord e a pochi chilometri dal sacro colle di Bayreuth. Orchestra e coro, mirabilmente istruito da Stefano Colò, sono invece di casa. E questa è stata la seconda, per molti versi stupefacente, novità: abbiamo scoperto nell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna una compagine sinfonica di straordinaria compattezza e precisione. Wagneriani, certo, non ci si improvvisa: qui si è avuta l’eccezione che conferma la regola. E che ci fa sentire, ancora una volta, orgogliosi d’essere italiani, di possedere questi “tesori nascosti” agli occhi dei nostri governanti ed amministratori, ignari di possederli, mentre il pubblico, quello dei melomani duri e puri, ne è ben cosciente. E dunque non stupisce l’entusiasmo e le grida di “bravo” che hanno accolto la recita domenicale e pomeridiana di ieri, festeggiata con vero e proprio giubilo, prolungati applausi e ripetute chiamate, in riconoscimento e gratitudine per lo sforzo, l’impegno e la fatica fisica particolarmente dell’orchestra e del coro maschile.
La direzione di Marcus Bosch, giovane d’aspetto, si è potuta apprezzare nel dettaglio dalla postazione “impiccionesca” del palco laterale di terz’ordine. Gesto chiaro, attenzione al palcoscenico, impeto nei momenti di slancio e passionalità, ma anche soavità, trasparenza e quella leggerezza che evocano sì la brezza del mare, l’incantesimo dell’amore e soprattutto quel senso di sospensione che si traduce in un vero e proprio orgasmo musicale.
Buone note pure dal cast, tolto re Marke tutto formato da giovani elementi da noi assolutamente sconosciuti e stabili in quel teatro. Iniziando dai due protagonisti, il tenore Vincent Wolfsteiner, Tristan, dalla voce di timbro non eccelso, ma che ha fornito una prova in crescendo sia vocale che drammatico, culminando con un terzo atto in vero coinvolgente. Resistente allo sforzo fisico pure la lirica Isolde dell’appassionata Claudia Iten, soprano dalla voce chiara, ma incisiva e dalla squisita linea di canto, incline a sfumature e dotata di grande espressività. I Do acuti presi alla garibaldina durante il lungo duetto d’amore del secondo atto ci hanno preso un po’ alla sprovvista e forse erano il segnale di un lieve stato di tensione se non di stanchezza vera e propria. Di fatto il sognante finale l’ha rivista in forma smagliante e le ha garantito un bel successo. Con punte di entusiasmo quello che ha accolto la bravissima Brangane, intonata con voce suadente e di bel colore mezzosopranile da Roswitha Christina Muller, un elemento che sarebbe da tener d’occhio anche non solo nel contesto wagneriano. Molto bravi il Kurwenal del baritono Jochen Kupfer, voce e fisico gagliardi, e il Mellot – ruolo che personalmente nel lontano 1968 mi rivelò un allora ignoto Leo Nucci al Festival di Spoleto! – di bell’aspetto e di buona voce intonato dal baritono Javid Samadov. Completavano degnamente il cartello il tenore Kwonsoo Jeon (un pastore e voce di marinaio) e Romano Franci, un timoniere.
Lo spettacolo, a dispetto di quanto ci si poteva aspettare da un allestimento germanico, è sì minimale, ma sostanzialmente tradizionale. Due strutture concentriche, una al suolo e un’altra sospesa, una fascia di neon, “alla Wilson” per intenderci, e costumi senza eccesso di cappottoni: scene di Dirk Becker e costumi firmati da Gabriele Heimann. La regia scorre, dunque, su binari quasi convenzionali e sostanzialmente rispettosi della musica, anche se la regista, Monique Wagemakers si avvale dell’ausilio di una “drammaturga”: Sonja Westerbeck. La quale per nostra fortuna si è limitata ad eseguire quello che il libretto, e dunque Wagner, prevede. Solo una nota: Il mancato senso dell’opportunità, manifestato nel far rotolare i due protagonisti in proscenio, simulando l’amplesso e, soprattutto, il presentare a torso nudo Tristano per tutto il terzo atto. O si dispone di un fisico palestrato o si risparmia al pubblico la visione dei rotoli di lardo e l’incipiente ginecomastia. Va aggiunto, a sua difesa, che il tenore ha gestito con estrema disinvoltura una situazione dove altri avrebbero opposto un netto rifiuto.
Andrea Merli
INTERVISTA Raina Kabaivanska