ELISIR D’AMORE Milano 26 Ottobre 2015
Elisir d’Amore
Gaetano Donizetti
Allestimento scenico e Regia: Gianmaria Aliverta
Costumi: Agostino Deledda
Luci: Adriana Renna
Personaggi e interpreti:
- Adina: Barbara Massaro
- Nemorino: Costa Latsoz
- Belcore: Kristian Lindroos
- Dulcamara: Alberto Comes
- Giannetta: Alessandra Torrani
Coro e Ensemble strumentale di VoceAllOpera
Arrangiamento di Damiano Cerruti
Ed eccoci di nuovo a parlare di VoceAllOpera. Di questo straordinario fenomeno nato quasi in sordina in un teatro parrochiale e periferico milanese ed assurto ormai definitivamente alla fama internazionale, al riconoscimento ufficiale d’istituzioni di primaria importanza quali il Festival della Valle d’Itria, il Teatro La Fenice e a momenti il Maggio Musicale Fiorentino. L’inarrestabile ascesa di Mister Aliverta, cameriere di una pizzeria sulle rive del lago Maggiore d’estate e produttore, regista d’opera in bassa stagione. Inventore dell’opera “low cost” che col suo entusiasmo, i suoi inarrestabili, ed irresponsabili, volontà e coraggio, vuole fare l’opera per i giovani, con i giovani a tutti i costi, ma con un budget dichiarato e pubblicato che non sfori la manciata di euro: duemila nel caso di questo Elisir andato in scena per una sola recita pomeridiana al Teatro Nuovo, in piazza San Babila a Milano, in pieno centro ed in piena Expo, ma senza avvantaggiarsi di un solo euro di contributo pubblico. Con il solo sponsor della fata madrina: la Dottoressa Carla Morosini. Una “fata Smemorina“, di disneyana memoria, che di attenzioni per questi giovani rampolli della lirica ne ha tante, non solo in fatto di monetizzazione, bensì mettendo a disposizione casa e cascina, foraggiandoli e addirittura nutrendoli: prendessero esempio le tante damazze, non solo e lombarde e la “bella gente” che frequenta assiduamente la Scala e che d’estate si spinge a Salisburgo.
“O scarrafone è bello a mamma soja” ed io che Gianmaria, e con lui Vittorio Dante Ceragioli, Gaetano Moraca, Damiano Cerruti, Luisa Travaglini, Elena Caccamo, ho adottato come “nipotini“ facendo quel poco che posso e mi permette la mia ordinaria follia impiccionesca, cioè lasciandoli letteralmente giocare nella sala di una casa ridotta a spelonca in vista di un incipiente trasloco assieme ai cast che via via si sono alternati nella Voix humaine e Cavalleria Rusticana, nelle due edizioni di Traviata, non posso che tesserne lodi sperticate. Conscio, ovviamente, dei limiti miei e loro. Che sono innanzitutto economici, poichè – mi ci metto pure io – siamo tutti in lotta per far quadrare i conti, per arrivare a fine mese, ma animati da uno spirito imbelle e dal comune amore, viscerale ed appassionato, per il teatro per la musica.
Era ora che ci si accorgesse di loro, perché Aliverta – e lì sta la sua forza – non è solo. Non è solo il “regista rampante” appena trentenne, bensì rappresenta la gioventù sana, volenterosa, disposta a mettersi in gioco a spingersi oltre, con idee proprie e con grande forza di volontà, che ci fa sperare. Che ci fa capire che non tutti sono “bambocci” piagnoni attaccati alle gonne di mammà. Che c’è una folla di giovani talenti che sono stufi di aspettare in panchina un tram che per loro non passerà mai e che piuttosto che starsene seduti crogiolandosi nei piagnistei e accusando il mondo intero, la strada sono disposti a farsela a piedi anche a piedi nudi!
Ci mancavano gli artisti, al pari dei medici, “scalzi”? Eccoli! Li abbiamo in casa, tra noi. Svegliamoci, sosteniamoli. Lo stato (volutamente minuscolo) il Potere ignorano la cultura? La cultura siamo noi: investiamo noi, singoli cittadini, nella cultura. Io penso che il messaggio di VoceAllOpera, che naviga a vele spiegate in un mare in tempesta, sia proprio questo: rimbocchiamoci le maniche.
Poi si pretende una recensione: che dire, cosa scrivere? E’ la terza produzione che Aliverta propone dell’Elisir. Io che le ho viste tutte e tre, dai frati del Rosetum prima, al Teatro Filodrammatici poi, ed ora qui al Nuovo, riesco sempre a sbracarmi in risate, senza ritegno. Al punto di essere stato pubblicamente rimproverato. E non me ne vergogno: puntualmente Gianmaria mi coglie “impreparato” (anche se le prove si svolgevano in casa tra un soffritto ed un minestrone, ma io non ci ficco il naso… e se lo faccio è solo per garantirmi che non rovinino il parquet!) ancora una volta con l’ineffabile scena di Giannetta nel secondo atto.
L’azione, è stato già scritto, si svolge in pieni anni Ottanta, l’epoca in cui nelle TV private imperversava la dottoressa Tirone vendendo improbabili sistemi dimagranti e beveroni infallibili a base di erbe. Siamo in una palestra dove Adina insegna l’aerobica, Belcore si allena come pugile e Nemorino, trasformato in un incrocio di Mister Bean e Jerry Lewis ed armato solo di un tenero orsetto, cerca goffamente di imitarne le gesta. Dulcamara sopraggiunge con la valigetta da dottore (per inciso, la mia) a vendere appunto il celebre “specifico”, buono per tutte le occasioni, per ammazzare le cimici e contro il mal di fegato che in moda diventò. Ovviamente straordinario per il mal d’amore, che risulta, non a caso, curabile con una bottiglietta mignon di liquore … Strega! Il colpo di grazia, però, lo riceve lo zio di Nemorino, finalmente in carne ed ossa in scena (in una delle due precedenti edizioni si era assistito al suo funerale, con tanto di camera ardente, prefiche e bara in scena: ciò provocò le proteste dei frati francescani, non disponibili in casa a questo tipo di macabra ironia) e pronto a farsi massaggiare dalla procace Giannetta. Talmente procace da provocargli un colpo apoplettico che lo stende definitivamente. Dopodiché, come parafrasando un celebre film, al posto del week end, l’elisir procede col morto trascinato in un frenetico ballo dagli istruttori della palestra. Irresistibile!
Musicalmente le cose sono andate pure molto bene: con un rimpolpo notevole dell’orchestra. Siamo arrivati a oltre dieci elementi ed al lusso asiatico di avere pure la banda in proscenio, ben 5 strumenti! A Damiano Cerruti il merito di una “riduzione” che non toglie quasi nulla, ivi compresa l’apertura di diversi tagli di “tradizione”, e della guida e preparazione di questi scalpitanti, spesso recalcitranti, giovani talentuosi. Iniziando dalla prima scommessa vincente, quella della giovanissima ed imberbe per natura deliziosamente femminile oltre che per età, direttrice: la milanese Azzurra Steri, al suo felice debutto. Il tenore Costa Latsoz, Nemorino di belle speranze e di provenienza australiana nonostante le origini greche, è stato scenicamente perfetto, anche se le note non erano sempre giuste in una sorta di rincorsa tra buca e palcoscenico a chi arriva prima: comunque dopo la “lacrima” s’è beccato una bella dose di applausi da parte di un pubblico disposto anche a perdonare. Idem il vivace, ma ancora acerbo, Dulcamara del basso (o baritono? Ancora da definire) Alberto Comes che si è apprezzato soprattutto nella seconda parte quando conciato come Enzo Paolo Turchi ha ballato il Tuca-Tuca con la procace Adina, l’elemento più brillante dell’intero cast, la appena ventunenne Barbara Massaro, vocalmente agguerrita, svettante con sicurezza, e musicalmente inappuntabile. La verve e la presa del personaggio non sono una novità poiché con VoceAllOpera era già stata una notevole Giannetta ed una preziosa Annina. Bellissimo, ma raffreddatissimo, il baritono finlandese Kristian Lindross, Belcore a torso nudo e vestaglia alla Stallone, e pungente e guizzante quanto basta la vivace Giannetta di Alessandra Torrani.
Si citino il sarto che ha confezionato I costumi a titolo gratuito, tagliandoli in cucina (la mia): Agostino Deledda, la bravissima Light designer Adriana Renna e verrebbe voglia di menzionare uno ad uno I bravi e solerti coristi, ma mi limito per affetto alla sola Eleonora Boaretto che ho visto letteralmente crescere sin da piccolissima.
Cosa aggiungere? Gianmaria, mantieni questa originale freschezza. Non farti traviare da mode e “facili costumi” teatrali. La cifra è tua e riconoscibile e “tu caro rimani così” … da intendersi con l’intonazione della Rosina rossiniana da dietro la gelosia, prego.
Andrea Merli
primo atto
secondo atto