Genova – SIMON BOCCANEGRA – 22 Ottobre 2015
Simon Boccanegra
Giuseppe Verdi
Allestimento in coproduzione
Fondazione Teatro La Fenice
Fondazione Teatro Carlo Felice
Direttore d’Orchestra: Stefano Ranzani
Regia e scene: Andrea De Rosa
Costumi: Alessandro Lai
Light e video designer: Pasquale Mari
Orchestra e Coro: Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro: Pablo Assante
Personaggi e Interpreti:
- Simon Boccanegra: Franco Vassallo 22,25,28 Mansoo Kim 27,31
- Amelia: Barbara Frittoli 22,25,28 Benedetta Torre 27,31
- Gabriele Adorno: Gianluca Terranova 22,25,28 Naoyuki Okada 27,31
- Fiesco: Marco Spotti
- Paolo Albiani: Gianfranco Montresor
- Pietro: John Paul Huckle
- Un capitano: Gianpiero De Paoli 22,25 Antonio Mannarino 27,28,31
- Un’ancella di Amelia: Kamelia Kader
- Fantasma di Maria: Luisa Baldinetti – DEOS
Travagliatissimo debutto di stagione quello del finanziariamente travagliatissimo Teatro Carlo Felice di Genova con l‘opera“genovese“ che più “genovese” non si può: il verdiano Simon Boccanegra. Caduto il protagonista dal cartello, l’atteso baritono spagnolo Carlos Alvarez, caduto, ma per davvero e con seri problemi alla spalla, il giovane direttore Andrea Battistoni; caduto pure lui in quel di Pisa (sarà caso o sfortuna che la città “rivale” sia menzionata nel libretto?) Stefano Antonucci che di Boccanegra stava già vestendo i panni e cassata – e non si allude al dolce siciliano – la prevista Amelia/Maria.
Un vero disastro, con l’incombente “prima” alle porte. Poi, per uno di quei “miracoli”, di cui noi italiani siamo specialisti, e non solo in teatro, tutto è andato a gonfie vele sull’onda tranquilla di un’allestimento ben collaudato (ancora una volta in terra “nemica” e cioè nella veneziana laguna del Teatro La Fenice) approdando a risultati che, un giorno prima della prima, sarebbe stato avventuroso pronosticare ed ottenendo un franco successo.
Ad un Franco di nome, Vassallo di cognome, si deve in primis il felice esito. Mai debutto fu più fortunato in un teatro che ultimamente la “felicità” sembrava averla persa di vista. Ottimo baritono, calatosi mirabilmente nella non facile figura del Doge sin dal primo approccio, dotato sia dell’intelligenza e sensibilità per coglierne il travaglio interno e paterno, sia dell’autorità imponente per stagliarsi con vigore nella scena del Consiglio, con un: “E vo gridando Pace!” che ancora risuona nelle marmoree pareti dell’algida sala. Bravo è dir poco. Un acquisto, in termini calcistici, che non deve rimanere in panchina, ma anzi va replicato subito e presto in situazioni meno precipitose e periclitanti.
Altra sostituzione, per una sera soltanto poichè per motivi di salute ha dovuto passare il testimone ad una giovane collega, prevista per il secondo cast e che si racconta sia pure bravissima, quella del soprano Barbara Frittoli. L’incipiente stato influenzale può giustificare una presa degli acuti piuttosto avventata, ma tolto questo per altro non piccolo dettaglio la sua Amelia / Maria ha sedotto il pubblico per la suadenza della voce, che conserva un timbro pregevolissimo e carezzevole, per l’uso delle dinamiche di cui rimane una specialista, specie nelle messe in voce e nei pianissimi, per una partecipazione emotiva di grande suggestione ed una recitazione contenuta, ma espressiva quanto i colori che ha profuso nel fraseggio.
Ultimo nella lista dei “socorritori”, ma primo ai posti di comando, Stefano Ranzani: che sia una garanzia averlo sul podio lo si sa da un bel pezzo. Qui, oltre a salvare i proverbiali “capra e cavoli”, si è prodotto in una lettura di grande intensità, seguito in ciò con entusiasmo da coro, a sua volta istruito dal bravo Pablo Assante ed orchestra in grande spolvero. Precisione negli attacchi, ma anche controllo delle dinamiche cogliendo perfettamente i momenti più lirici, sostenendo sia le voci che il ritmo senza il rischio di sfilacciamenti e pesantezza, e pure quelli di maggior concitazione. Ad esempio il grande concertato che chiude il primo atto. Il “mare”, “l’ora bruna”, la “tinta” verdiana in una parola, sono stati percepiti in tutta la loro intensità.
Ottimi pure gli altri artisti, rimasti aggrappati al cartellone con le unghie ed i denti! Iniziando dallo spettrale, scenicamente efficacissimo, Fiesco di Marco Spotti: un basso che ha raggiunto l’autorevolezza necessaria in ruoli primari e che ha fornito una personalissima interpretazione del bieco, ma alla fine tenero, padre e nonno vendicativo. Tenori dove ve ne siano, schietto e squillante Gianluca Terranova, a sua volta perfetto nella parte del gagliardo, impulsivo e geloso, ma anche teneramente innamorato Gabriele Adorno. Menzione speciale per il bravo Gianfranco Montresor, baritono dal timbro individuabile e interprete sottile, senza forzature né biechi ghigni, del perfido Paolo Albiani. Di spicco pure il Pietro del basso John Paul Huckle e funzionali, nei loro meteorici interventi, tanto l’ancella del mezzosoprano Kamelia Kader, quanto il baritono Giampiero De Paoli, impegnato sia come capitano dei balestrieri che nei panni di un araldo.
Sullo spettacolo, che già si ebbe modo di apprezzare a Venezia, si aggiunga della sua pratica e suggestiva – per l’uso delle proiezioni del mare – funzionalità che permette tra l’altro rapidi cambi scena. La nota saliente sta nella materializzazione della defunta Maria (incarnata dall’attrice Luisa Baldinetti) che accompagna come un angelo custode Simone e che costituisce un credibile transfert con la figlia finalmente ritrovata. Belli i costumi di Alessandro Lai, perfette le luci di Pasquale Mari a cui si devono pare le suggestive riprese video.
prima parte
seconda parte
terza parte
quarta parte
quinta parte