XLI Festival della Valle d’Itria – Martina Franca LE BRACI 01-08-2015
LE BRACI
Opera in un atto
Libretto e musica di Marco Tutino
dal romanzo omonimo di Sándor Márai
Prima rappresentazione assoluta della versione definitiva dell’Opera
- Maestro concertatore e Direttore: Francesco Cilluffo
- Regia: Leo Muscato
Personaggi e Interpreti
- Kristina: Angela Nisi
- Nini: Romina Tomasoni
- giovane Konrad: Davide Giusti
- giovane Henrik: Pavol Kuban
- Konrad: Alfonso Antoniozzi
- Henrik: Roberto Scandiuzzi
Orchestra Internazionale d’Italia
Scene Tiziano Santi
Costumi Silvia Aymonino
Disegno luci Franco Machitella
Coreografie: Mattia Agatiello
Danzatori Fattoria Vittadini: Chiara Ameglio, Mattia Agatiello, Cesare Benedetti
Coproduzione tra il Festival della Valle d’Itria e la Fondazione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Cedo la parola al collega Domenico Gatto con cui, ancora una volta, concordo nel giudizio delle opere viste assieme a Martina Franca la scorsa estate.
Andrea Merli
In un decadente palazzo viennese il vecchio Henrik, già ufficiale dell’esercito austriaco, accudito dall’anziana governante Nini, attende l’arrivo dopo quarantun’ anni di assenza di Konrad, amico di un tempo, quasi un fratello, scappato ai Caraibi dopo una battuta di caccia in cui aveva tentato di uccidere l’amico per fuggire, quindi, con la di lui moglie Kristina, in seguito morta precocemente di malattia. In questa attesa i ricordi si confondono col presente e Kristina appare al vecchio marito ancora piena di vita mentre viene contesa fra i due giovani. Con l’arrivo di Konrad tutti i misteri racchiusi all’interno del palazzo vengono a poco a poco chiariti, dai motivi dell’odio nutrito verso il suo fraterno compagno, a quello che è veramente accaduto durante la fatidica caccia mattutina, fino alla sconcertante verità.
L’opera in un atto unico si presenta con una forte coerenza drammaturgica e con una musica dal grande impatto evocativo. Marco Tutino, che ha anche curato personalmente la riduzione del romanzo di Sándor Márai a libretto, è fra i compositori contemporanei quello che opta per il coinvolgimento del pubblico e per la comunicazione. In poche parole, compone “musica” e non scrive operazioni algebriche sul pentagramma realizzate per compiacere se stessi ed un ristretto numero di addetti, spesso in colpevole malafede. La musica è evocativa, le citazioni sono dichiarate ed esibite; segue il corso di una scuola italiana che non si è arresa, che soprattutto non si vergogna di esserlo e che sembrava estinta dopo i preclari esempi di Giancarlo Menotti e di Nino Rota. Non si tratta del solo canto di conversazione, per altro efficacissimo: Tutino sfrutta consapevolmente le formule più tradizionali, i pezzi chiusi: vere e proprie arie e, nel finale, addirittura un concertato di stampo quasi mozartiano. Tutta la partitura ha una perfetta coesione col testo cantato, anche i valzer incalzanti, che vi fanno capolino, hanno qualcosa di macabro che preannuncia il cadaverico finale.
Il giovane maestro Francesco Cilluffo esibisce una notevole capacità tecnica ed una propensione per questo spartito moderno ma classico nello stesso tempo, riuscendo a trarre il massimo dall’Orchestra Nazionale Italiana, che l’ha seguito con entusiasmo e convinzione.
Certamente Tutino si è avvantaggiato della presenza e partecipazione insostituibile di due massimi artisti della scena lirica internazionale: Roberto Scandiuzzi e Alfonso Antoniozzi. Il primo ha dato vita ad un Henrik di una nobiltà assoluta; la sua voce elegante e profonda, ricca di armonici e di sfumature è da sola capace di evocare appieno i tempi passati della nobiltà austriaca, di fine ‘800 quando Vienna era il centro del mondo. Presente sulla scena dalla prima all’ultima battuta non ha un attimo di cedimento. Anche la sua figura in alta uniforme è l’immagine ha il fascino della nobiltà della Belle Epoque, e quel tanto di Sensucht che conferisce ulteriore emozione al melanconico protagonista.
Alfonso Antoniozzi, che ha ricevuto l’ambito premio “Bacco dei Borboni” assegnato all’artista che si è distinto nell’attività del Festival, rende da par suo, con talento da attore consumato, le contraddizioni che animano Konrad. Il suo canto è quasi sussurrato, intimista; straordinario il fraseggio in un ruolo introverso in cui risaltano le sue capacità drammatiche, rendendo appieno il tormento di questo personaggio definito dagli altri protagonisti: “Codardo”.
Prezioso l’apporto del giovane soprano Angela Nisi dalla squisita musicalità e tenuta vocale, che ha dato voce e vita al fantasma di Kristina cha nei ricordi del vedovo marito appare sempre giovane e bella.
Davide Giusti, tenore dotato di ottimo materiale vocale ha dato vita ad un credibile Konrad Giovane così come il basso Pavol Kuban è stato un eccellente alter ego di Henrik.
Nel ruolo della vecchia governante Nini il mezzosoprano Romina Tomasoni, si è esibita in una convincente interpretazione in un ruolo, corto, ma drammaticamente determinante. Accorata e partecipe degli eventi, l’unico personaggio veramente consapevole di quello che sta avvenendo, a cui si deve il commento finale: “Siamo tutti morti!”
La regia di Leo Muscato si è avvantaggiata dalla presenza in scena di due autentiche volpi del palcoscenico. Ha giovato, sicuramente, la supervisione dell’autore, presente a tutte le prove. La messa in scena è stata dunque e pure molto apprezzata dal pubblico, in virtù della bella scena di Tiziano Santi, dei preziosi costumi di Silvia Anymonico ed al suggestivo disegno luci di Franco Macchiella. Efficaci pure le coreografie cresate da Mattia Agatiello, coi danzatori della Fattoria Vittadini: Chiara Ameglio, Mattia Agatiello, Cesare Benedetti, rispettivamente alter ego di Kristina, Henrik e Konrad.
Trionfo per tutti. Si rimane in attesa di veder Le braci replicate con lo stesso cast al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino il prossimo novembre.
Domenico Gatto