TEATRO ALLA SCALA: La forza del destino – Giuseppe Verdi, 16 dicembre 2024
La forza del destino
Giuseppe Verdi
Melodramma in quattro atti
Libretto di Francesco Maria Piave
Direttore RICCARDO CHAILLY
Regia LEO MUSCATO
Personaggi e Interpreti:
- Il marchese di Calatrava Fabrizio Beggi
- Donna Leonora Anna Netrebko
- Don Carlo di Vargas Ludovic Tézier
- Don Alvaro Luciano Ganci
- Preziosilla Vasilisa Berzhanskaya
- Padre guardiano Alexander Vinogradov
- Fra Melitone Marco Filippo Romano
- Curra Marcela Rahal
- Un alcade Huanhong Li**
- Mastro Trabuco Carlo Bosi
- Un chirurgo Xhieldo Hyseni*
*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
**Ex allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
Scene FEDERICA PAROLINI
Costumi SILVIA AYMONINO
Luci ALESSANDRO VERAZZI
Coreografia MICHELA LUCENTI
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala
Teatro alla Scala, 16 dicembre 2024
La stagione 2024/25 non poteva iniziare meglio al Teatro alla Scala con un nuovo, fortunato allestimento de La forza del destino nella versione che debuttò in questo teatro nel 1869 e che oggi, grazie alla direzione di Riccardo Chailly, è stata è stata proposta nella sua totale integrità, cosa non frequente poiché la lunghezza e la complicata drammaturgia di quest’opera comportano spesso tagli, anche se quasi impercettibili alla maggior parte del pubblico. Una lettura, oltre che esaustiva, emozionante per la sua vemenza, ritmo incalzante nella narrazione di questa partitura monumentale, ricca di effetti, di emozioni in cui il dramma del “sino”, suggerito da Saavedra e reso immortale dalla inesauribile vena musicale, si completa con grandi quadri popolari, che nel terzo atto di Velletri è debitore al Wallestein Lager di Schiller.
Questo enorme affresco, dove il romanticismo ispanico si unisce idealmente al melodismo italiano, non sarebbe possibile senza il contributo di una formidabile orchestra, senza dubbio “specialista” del repertorio italiano e in particolare di Verdi e del non meno imponente coro, il cui livello superiore si manifesta anche nelle voci solistiche, senza rivali e magnificamente istruito da Alberto Malazzi.
Anche il cast è parso superlativo: a cominciare dall’accattivante e carismatica protagonista, Anna Netrebko, superlativa Leonora. Trovarne i “difetti” sembra essere lo sport prediletto di alcuni e pochi, ma chi non ne ha? Le si può imputare qualche scivolata d’intonazione, l’incupimento di alcuni suoni sulle vocali, ma l’interprete e la personalità sono indiscutibile, gli acuti proiettati come argentee saette, l’uso della tavolozza dei colori semplicemente “caravaggesca” per la luce che illumina sfumature che si manifestano in pianissimi celestiali, in messe in voce angelicate. Il trionfo è stato atteso e scontato. Brian Jadge, dopo aver cancellato l’ultima recita al Liceu per correre a provare in Scala, alla terza recita ha dato forfait per tornarsene a casa essendo diventato nel frattempo papà. A spezzare la fama di “opera jettatrice” è arrivato Luciano Ganci per altro previsto nelle riprese, confermando le innegabili doti nella parte di Don Alvaro. Il tenore romano, salutato da un meritato successo personale, dimostra di possedere una tecnica solida che gli permette un’invidiabile estensione, ma la cosa più importante è la sensibilità e pertinenza nel fraseggio, nel dare senso alla parola cantata con accenti e un’incisività che ci riporta alla “vecchia scuola” italiana sempre invocata. Ludovic Tezier è semplicemente perfetto nella parte di Don Carlo: spinto dal demone della vendetta, ma sempre nell’ottica di un nobile spagnolo. Linea di canto e interpretazione impeccabili.
Molto bene i ruoli “di fianco” che in quest’opera acquistano un’importanza fondamentale: il Padre Guardiano del basso Alexander Vinogradov, nonostante un’articolazione un po’ slava della parola, è stato molto convincente. Ancor di più la Preziosilla del mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya, facile all’ascesa in acuto in una parte molto esposta proprio in questo settore. Ottimo, per canto e comicità contenuta, il Fra Melitone di Marco Filippo Romano, in un ruolo al quale Verdi teneva tantissimo e che ha una determinante importanza musicale e drammatica. Perfetti nelle relative parti il Trabuco del tenore Carlo Bosi, erede degno del mitico Piero di Palma, la Curra di Marcela Rahal, il notevole Alcalde del basso Huanhong Li e anche l’episodico Chirurgono di Xhieldo Hyseni.
L’allestimento è faraonico, come si conviene a un’inaugurazione alla Scala. Una piattaforma circolare che crea la sensazione di guardare un film non solo in TV ma anche dal vivo, per la sua efficienza nel creare le diverse scena, e che implica un’enorme mole di lavoro per macchinisti e attrezzisti. La firma Federica Parolini. Leo Muscato sviluppa una regia piuttosto tradizionale, l’idea di indicare gli orrori della guerra attraverso quattro epoche, il Settecento del libretto, la metà dell’Ottocento del Risorgimento nazionale nel secondo atto, la Prima Guerra Mondiale nel terzo e la realtà di un campo profughi dell’attualità, stride con le indicazioni del libretto e crea non poche contraddizioni con il testo, prevedibile e certo non nuova. Belli e centrati i costumi di Sylvia Aimonino, bene le luci di Alessandro Verazzi e la coreografia, se tale può essere definita l’agitazione di una figurazione predominante, si deve a Michela Lucenti. Bisogna però riconoscere che è il tipico “spettacolone” che piace alla maggioranza del pubblico: quello scaligero non fa eccezione.
Andrea Merli