MILANO: (dittico Aliverta) IL COMBATTIMENTO DI TANCREDI E CLORINDA – CARMEN, 7 novembre 2019
Milano – Dittico Aliverta
IL COMBATTIMENTO DI TANCREDI E CLORINDA – Cludio Monteverdi
CARMEN – Georges Bizet
Spazio 89, 7 novembre 2019
La VAO, VoceAllOpera, diretta da Gianmaria Aliverta, apre la sua stagione allo Spazio 89, ormai adottato in attesa di un teatro vero quale Spazio Aliverta, situato in una delle zone, impiccionescamente parlando, più scomode di Milano.
Ciò detto, va anche aggiunto che lo Spazio in questione si presta perfettamente, anzi è “la cornice ideale” per le sperimentazioni del “Pierino” della regia italiana, ormai in cammino verso i suoi primi quaranta con lo spirito del teenager che lo contraddistingue e che lo rende assolutamente unico ed irripetibile, lo si prenda come uno sperticato complimento.
Solo tanta voglia di fare, entusiasmo con un pizzico di incoscienza, possono spingere questi ragazzi a sostituirsi alle istituzioni, a parlare il loro linguaggio, a “crederci” e, ciò che conta ancor di più, a farci credere in loro, al di là di quanto e molto e buono riescono a produrre.
In questo specifico caso si è trattato d’abbinare in un dittico quanto meno inusuale: la cantata monteverdiana Il combattimento di Tancredi e Clorinda, affidato per la regia ad un nome che si farà strada, quello di Daniele Piscopo, con il suo elemento scenico-scultoreo (nientepopodimenochè un cavallo- fontana!) oltre alle mani dello scultore Saverio Bonelli, con la popolarissima Carmen di Bizet “riprendendo in punta di piedi”, come si scrive nelle note di sala, l’idea di Peter Brook, riadattandola cioè a misura “alivertesca”.
La prima è stata risolta molto elegantemente con un’azione coreografica (bravissimi i due ballerini, entrambi di Cosenza: Francesco Rodilosso, già Matador nella Traviata impiccionesca a Reggio Calabria, e Carola Puglisi, lei Clorinda lui Tancredi) mentre la parte musicale ha visto impegnato al pianforte il pur bravo M° Andrés Gallucci e la promettente Isabel Lombana Marino, soprano italo-colombiano, poi dolcissima Micaela nella successiva Carmen. Lo spazio dello… Spazio era quello della platea, il pubblico tutt’intorno e in gradinata. A definire la scena un groviglio di plastica che simulava rovi tra cui aveva luogo il combattimento, tinto di sangue “vero” che ha impregnato in parte i bei costumi dello stesso Piscopo, il quale ha creato con le luci un ambiente buio e notturno in cui si aggirava l’interprete a metà strada tra un’agitata Lucia di Lammermoor ed un’allucinata Lady Macbeth.
Bello, suggestivo e assai ben eseguito.
Tutt’altra temperie quella della Carmen, un concentrato dell’opera in un’oretta circumcirca, che senza sangue e arena, senza sigaraie e sigari, ci ha immersi in un ideale clima almodovariano, con un piccolo omaggio e debito, per la presenza di un’utilitaria smembrata, con la Carmen del Calixto ispanico, ovvero Bieito. Carmen è qui una procace riparatrice di automobili, nei panni della inconfondibile Rossy De Palma l’irresistibile Elena Caccamo, spiritosa e drammatica nel contempo e vocalmente molto ben individuabile, il mastodontico Escamillo di Oscar Camata, voce tonante di venditore ambulante di porchetta che sfida Don Josè, l’atletico tenore Leon De La Guardia, nei panni di un novello Rambo tutto canotta e muscoli, a cui si sono affiancati la già nominata Lombana Marino e, nella parte recitata con un ottimo francese, l’attore Gianluca Cavagna, Lillas Pastia. Danilo Coppola, su progetto di Aliverta, ha realizzato gli elementi scenici e l’attrezzo – in parte acquistato ai mercatini dell’usato: ne sono stato testimone ed ho la responsabilità di avercelo condotto – ma è scenografo costumista, laddove ci siano i soldi, di largo respiro, i costumi perfettamente in tono sono di Sara Marcucci mentre le luci si devono a Elisabetta Campanelli. Lo spettacolo, a dire il vero, è nato l’estate scorsa alla Cascina Pau, dove a detta di molti ha avuto maggiore sapore e per l’ambiente campestre e, soprattutto, per il generoso e squisito buffet che solitamente segue nel bel giardino la recita in cortile.
In mancanza di buffet e di … coro, che la versione non prevede, al posto della trasportabile tastiera si è puntato su un’orchestra piuttosto nutrita, per la media degli spettacoli della VAO, che stava in palcoscenico e che è stata diretta con slancio e precisione da un’altra nuovissima e fiammante bacchetta, quella impugnata del Maestro Davide Levi da cui aspettiamo altre belle conferme. Pubblico di aficionados e fan, tra i quali mi annovero anch’io, assieme all’immancabile “Fata Madrina”, la Dottoressa Morosini, senza la quale quest’avventura avrebbe un respiro affannoso. Invece siamo grati a questi ragazzi per le boccate di ossigeno che ci dispensano in mezzo all’asfittico mondo italiano dell’opera.
Andrea Merli