COMO – COSI’ FAN TUTTE 6 ottobre 2016
COSÌ FAN TUTTE
Dramma gioco in due atti su libretto di Lorenzo Da Ponte.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Direttore: Gianluca Capuano
Regia: Francesco Micheli
Personaggi e Interpreti:
- Fiordiligi: Gioia Crepaldi
- Dorabella: Victoria Yarovaya
- Ferrando: Matteo Mezzaro
- Guglielmo: Pablo Galvez
- Despina: Barbara Massaro
- Don Alfonso: Andrea Porta
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano
Coro OperaLombardia
Maestro del coro: Giuseppe Califano
Scene e luci: Nicolas Bovey
Costumi: Giada Masi
Training e Laboratori teatrali: Eleonora Moro
Coproduzione Teatri OperaLombardia
Como, 6 ottobre 2016
Nel corso di una brillante serata di gala al Teatro Sociale di Como, stracolmo di pubblico tirato a lucido, ha debuttato Così fan tutte, completando nel giro di tre stagioni per il circuito lombardo la Trilogia Mozart-Da Ponte, iniziata con Don Giovanni per la regia di Graham Vick nel 2014, proseguita nel 2015 con Le nozze di Figaro per quella di Mario Martone.
Si cimenta, in questa nuova produzione, Francesco Micheli, direttore artistico a Bergamo e coinvolto dunque su più fronti nel progetto “Opera Lombardia”. In un preambolo pubblicato nel programma di sala, Micheli confessa che questa è l’opera da lui più amata e che ha segnato, vent’anni fa – come vola il tempo, signora mia! – il suo debutto in qualità di regista.
E dunque, prendendo spunto dal sottotitolo dell’opera, ossia La scuola degli amanti, si prefigge uno scopo gioiosamente didattico, coinvolgendo di fatto di piazza in piazza e cioè cambiandoli in ogni città e teatro in cui avranno luogo le future repliche, una quarantina di giovani “stagisti”, come diremmo oggi in linguaggio moderno, guidati da sei tutor attori professionisti. La loro funzione è quella di un coro alla greca, più o meno muto, ma che ha un ruolo determinante nello svolgersi dell’azione.
Micheli, infatti, individua nella “piazza” rappresentata dai social network quali Facebook, Twitter, Instagram, il caffè napoletano con cui si apre l’opera, che poi si sviluppa con un’ambientazione squisitamente cameristica, ma di una camera con vista, e cioè con puntato l’occhio delle telecamere, come avviene nei talent show e nei reality televisivi.
Ne sortisce una specie di “Uomini contro donne” o di “X factor”, che dir si voglia, che indubbiamente anima la scena con un’azione continua e coinvolgente, anche ricca di spunti divertenti, ma che si esaurisce presto, una volta capito dov’è il “trucco e l’inganno” e che sfocia in uno spogliarello collettivo, chissà mai perché, a conclusione del primo atto.
Provati dall’esplicitare le funzioni corporali nel precedente Don Giovanni, questo spettacolo al confronto è praticamente da educande, poiché qualche eccesso di troppo – il “pezzo di calamita, pietra mesmerica” trasformato in un argenteo vibromassaggiatore, per esempio – passa quasi inosservato. Però nella seconda parte dell’opera si è ha come l’impressione che la vena di “genialità” si esaurisca progressivamente, cedendo a stereotipi del Regietheater tanto in voga, del genere “tanto per far qualcosa” possibilmente di “diverso”, ma che non solo non c’entra con la drammaturgia originale (non sia mai detto, per carità!) ma perde il filo conduttore dello stravolgimento iniziale.
Presentare Ferrando e Guglielmo combinati come Tognazzi nel film Splendori e miserie di Madame Royale, cioè con parrucche incipriate, guardinfante ed imbellettati come la Contessa di Coigny nel primo atto dell’Andrea Chenier e quel che è peggio, complice il direttore d’orchestra, farli cantare in falsetto come Marcello nella Bohéme quando accenna i passi di mazurca con Rodolfo, toglie ogni senso alla seduzione che sottintendono parole e musica.
Una bizzarria che prosegue con l’esecuzione della temibile aria “Per pietà ben mio perdona” intonata da Fiordiligi in vasca da bagno e sotto la doccia da cui – ma in teatro non dovrebbe essere tutto finzione? – esce dell’acqua che le si augura sia stata almeno calda e che inzuppa la povera esecutrice forse per farci capire che si “bagna” in un altro senso. Non parliamo poi dei rotolamenti “erotici” di Ferrando e Fiordiligi, entrambi corazzati dalle mutande ovviamente, nel letto a fine del duetto e, per concludere, della povera Despina costretta a spogliarsi dell’abito notarile rimanendo mezza nuda in proscenio. Comunque il pubblico ha gradito ed applaudito ed è ciò che conta.
Scene – se così si possono chiamare un impianto fisso di gradinate ed un tendone – di Nicolas Bovey, che ha curato anche le luci, costumi azzeccatissimi nella loro follia di Giada Masi.
Il pubblico ha dimostrato di gradire anche la direzione di Gianluca Capuano, che parte con una sinfonia fracassona, in cui le percussioni parevano stessero suonando Nabucco o Turandot; ha imposto tempi quasi insostenibili per giovani -ma anche per più navigati- cantanti, qui alle prime esperienze e debuttanti; siano d’esempio le precipitose “Furie indomabili” e “Come Scoglio”. Che poi dichiari, in un’altra nota del programma di sala, che il suo Mozart è una “conseguenza di Monteverdi” e non “una anticipazione di Beethoven” lascia il tempo che trova. Piuttosto che “rispolverato”, Mozart va eseguito con maggior sensibilità e senza mai perdere d’occhio il palcoscenico.
Palcoscenico dove ha dominato con paterna cura la personalità travolgente di Andrea Porta, un Don Alfonso in versione Maurizio Costanzo o Andrea Papi, poco cambia, ma dotato sì di verve, esperienza, professionalità ed un sostanziale tenuta della linea di canto, mai tradita nemmeno quando la regia gli impone delle buffonate. Esempio illuminante per il resto del cast costituito da giovanissimi talenti. Più talentuose, a dire il vero, son sembrate le femminucce: incominciando dall’interessante vocalità ed ottima musicalità di Gioia Crepaldi, soprano che ha dato un bel rilievo a Fiordiligi, passando alla bella prova di Victoria Yarovaya, dalla bella grana vocale, Dorabella che ha dispiegato notevole disinvoltura scenica, dote questa assai rilevante in Barbara Massaro, soprano di cui si segue sin dagli esordi la carriera con speciale interesse. E’ già stata squisita Susanna, appena pochi mesi fa nella recita delle Nozze al Conservatorio milanese, ed ora è Despina scatenatissima, ma quel che più conta ineccepibile per linea di canto e gusto, abile nelle variazioni, felice nelle puntature acute ed, infine, godibilissima nei travestimenti da medico e notaio.
Tra i due maschietti che mettono a prova la fedeltà delle loro belle, ha trovato una migliore messa a fuoco il tenore Matteo Mezzaro, Ferrando dalla voce interessante ed assai ben cantato, seppure “Un’aura amorosa” sia stata un po‘ carente, ai nastri di partenza, nell‘intonazione; il pur valente baritono Pablo Galvez, Guglielmo scenicamente spigliatissimo, è parso vocalmente ancora un po’ acerbo.
Il successo schietto e insistito che comunque ha assolto tutto e tutti, preannuncia un fortunato giro nel circuito lombardo.
Andrea Merli