TEATRO ALLA SCALA: Die walküre – Richard Wagner, 24 febbraio 2025
Die Walküre (Der Ring des Nibelungen)
Richard Wagner
Libretto di Richard Wagner
Direttore ALEXANDER SODDY
Regia DAVID MCVICAR
Personaggi e Interpreti:
- Siegmund Klaus Florian Vogt
- Hunding Günther Groissböck
- Wotan Michael Volle
- Sieglinde Elza van den Heever
- Fricka Okka von der Damerau
- Brünnhilde Camilla Nylund
- Gerhilde Caroline Wenborne
- Helmvige Kathleen O’Mara
- Ortlinde Olga Bezsmertna
- Waltraute Stephanie Houtzeel
- Rossweisse Eva Vogel
- Siegrune Virginie Verrez
- Grimgerde Eglė Wyss
- Schwertleite Freya Apffelstaedt
Scene DAVID MCVICAR & HANNAH POSTLETHWAITE
Costumi EMMA KINGSBURY
Luci DAVID FINN
Video e proiezioni KATY TUCKER
Coreografia GARETH MOLE
Maestro arti marziali/prestazioni circensi DAVID GREEVES
Teatro alla Scala, 24 febbraio 2025

photo@Brescia e Amisano
Ultima rappresentazione de La valchiria, seconda giornata della Tetralogia wagneriana che viene presentata con un nuovo allestimento alla Scala. Siegfried proseguirà in questa stagione, Il crepuscolo è previsto per il 2026, quando il ciclo completo sarà eseguito in due ondate con due diversi direttori.

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Queste sei recite, iniziate il 5 febbraio sotto la direzione di Simone Yung, sono state riprese dal quarantenne Alexander Soddy, direttore britannico tra i più richiesti della sua generazione, la cui lettura si è rivelata la cosa più interessante della serata. Come sempre sotto direttori che si impongono per personalità e fantasia, l’orchestra è stata semplicemente superlativa, con una perfetta intonazione degli ottoni e una meravigliosa omogeneità di suono. Soddy opta per una lettura romantica ed appassionata delle pagine tra Siegmund e Sieglinde, con il suo altrettanto apprezzabile ribaltamento nella brutalità di Hagen e nella veemenza di Frika, lasciando per il sublime finale un toccante duetto tra Brunhilde e Wotan, quest’ultimo con estrema dolcezza nel suo addio alla figlia rinnegata, raggiungendo pari brillantezza e luminosità nelle pagine di battaglia, nella celeberrima cavalcata delle Valchirie, dall’impetuoso preludio all’incantesimo finale del fuoco.

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È stato il suo un meritato trionfo personale quando è finalmente comparso in proscenio al termine della grande fatica.
Le note allegre e positive finiscono in gran parte con lui. Nel cast ci sono stati alti e bassi prevedibili: la Brünhilde del soprano Camilla Nylund, a parte uno sbiancato Do acuto, non ha nemmeno lontanamente il carattere e la grinta che la parte eroica richiede; si difende con buona espressività, ma la sua voce è carente in tutta la gamma. Al contrario, il soprano Elza Van Den Heever è sembrata molto più “valchiria”. Una Sieglinde con temperamento audace, fraseggio tagliente e voce ben proiettata. Molto bene, nonostante il ruolo sia relativamente breve, la Frika del mezzosoprano Okka Von Der Damerau, e perfette per musicalità e caratterizzazione vocale le otto sorelle guerriere: Caroline Wenborne, Gerhilde, Olga Bezsmertna, Ortlinde, Stephanie Houtzeel, Waltraute, Freya Apffelstaedt, Schwertleite, Kathleen O’Mara, Siegrune, Eglé Wyss, Grimgerde, Eva Vogel, Rossweisse.

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L’Hunding di Günther Groissböck, arrivato in teatro con imperdonabile ritardo, ha fatto iniziare la recita con un’ora di ritardo, costringendo gran parte del pubblico della pomeridiana ad andarsene senza ascoltare il terzo atto, specie coloro che dovevano rientrare nelle rispettive città, a seconda degli orari dei treni: francamente, non valeva la pena aspettarlo.

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Molto apprezzato il Wotan del basso-baritono Michael Volle, la cui autorevolezza, il buon fraseggio e la grande interpretazione compensano ad abundantiam l’inevitabile logorio vocale che lo vede arrivare con una certa fatica alla fine del terzo atto: tuttavia, il suo modo di “dire” l’Addio a Brühilde è stato estremamente commovente.

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Klaus Florian Vogt si è (e lo hanno) affermato come interprete wagneriano. Tuttavia, l’autentico helden-tenor è un’altra cosa: non tutto può essere risolto con pianissimi spesso afonoidi. È vero che il canto wagneriano è anche amore e lirismo, ma quando si tratta di esclamare “Nutung! Notung!”, senza evocare fantasmi del passato, ci vogliono… gli ormoni. Il che non toglie che il pubblico, ancora una volta, abbia gradito e molto.

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Poco da aggiungere sulla produzione di David McVicar, nata sotto cattiva stella con Rheingold e che continua a deludere con una scena sempre al buio, tutto nero, senza colore nemmeno nei costumi nei toni del nero e del grigio, e con una “personalizzazione” dei cavalli (altrettanti ballerini/mimi) e dei Ghibicunghi che circondano Hunding, che ha sfiorato il grottesco. Non è il caso di parlare di “regia”, almeno che per tale si spacci il trattamento maschilista di violenza di genere che Sieglinde riceve in casa.
Andrea Merli