MADRID: La corte de Faraòn – Vicente Lleó, 12 febbraio 2025
La corte de Faraón
Opereta bíblica en un acto y cinco cuadros
Duración aproximada: 90 minutos, sin pausa
Música de VICENTE LLEÓ
Libreto de GUILLERMO PERRÍN Y MIGUEL DE PALACIOS
Direttore CARLOS ARAGÓN
Regia EMILIO SAGI
Personaggi e Interpreti:
- Lota MARÍA REY-JOLY
- Reina MARÍA RODRÍGUEZ
- Sul ENRIQUE VIANA
- Raquel ANNYA PINTO
- Ra AMPARO NAVARRO
- Sel AMELIA FONT
- Ta LETICIA RODRÍGUEZ
- El gran faraón LUIS CANSINO / ENRIC MARTÍNEZ-CASTIGNANI
- José JORGE RODRÍGUEZ-NORTON
- El general Putifar RAMIRO MATURANA
- El gran sacerdote JOSÉ MANUEL DÍAZ
- Selhá JESÚS GARCÍA GALLERA
- Seti RAFAEL S. LOBETO
Escenografía DANIEL BIANCO
Vestuario GABRIELA SALAVERRI
Iluminación EDUARDO BRAVO
Coreografía NURIA CASTEJÓN
Orquesta de la Comunidad de Madrid
Titular del Teatro de La Zarzuela
Coro del Teatro de La Zarzuela
Direttore Antonio Fauró
Teatro de La Zarzuela, 12 febbraio 2025
La Zarzuela, risaputamente, è il genere teatrale musicale spagnolo. Come tale abbraccia vari stili nel corso di circa cento anni, anno più anno meno: il periodo di massimo fulgore a metà del secolo XIXesimo fino agli anni 50 dello scorso secolo. Si è evoluta anche verso l’operetta, sulla scia dei successi francesi di Offenbach e viennesi di Lehar, poi via via nella rivista e commedia musicale.
La Corte de Faraón, del 1910 su libretto di Guillermo Perrín e Miguel de Palacios per la musica del valenciano Vicente Lleó, è a tutti gli effetti un’operetta “biblica”, secondo gli autori, che strizza l’occhio alla rivista e al cabaret, soprattutto per la trama, definita “sicaliptica” sin dal suo debutto per la prouderie erotica: da una parte il generale Putifar non può adempiere ai suoi doveri di neo marito in quanto un’importuna freccia lo ha colpito proprio… lì, amputandolo, dall’altra il “biblico” e casto José, dai poteri divinatori purché mantenga la castità, è concupito sia da Lota, moglie di Putifar in perdurante stato di verginità, che dalla vogliosa Faraona, trascurata dal sonnolento avvinazzato coniuge. Brillante, scatenata e a tratti raffinatissima la parte musicale, orchestrata con grande sapienza, dove si citano testualmente, ed ironicamente, la verdiana Aida e, udite udite, addirittura il Lohengrin.
Giunge ora finalmente al Teatro de La Zarzuela in una fortunata produzione che ha visto la luce nel 2012 al Teatro Arriaga di Bilbao, ripresa nel 2015 e portata in tournée in altri teatri della provincia spagnola. La regia la firma il “mago” del teatro leggero in Spagna (e non solo) Emilio Sagi, il quale assieme a Enrique Viana (tenore dalle mille ed una risorse) firma la revisione del libretto, adattato ai tempi nostri. La cosa potrebbe far arricciare il naso ai “puristi” (ammesso che nell’operetta esistano) ma è un’usanza quasi obbligata nel teatro leggero, che riflette il passo del tempo, il cambio degli orientamenti anche sessuali. Ciò che parve di troppo nella precedente edizione al Teatro de La Zarzuela nel 1999 (il sottoscritto ne fu testimone e redasse la cronaca per le pagine de “l’opera”) per la regia dell’argentino Alfredo Arias, che calcò decisamente la mano riscuotendo alla “prima” una bordata di fischi e una generale contestazione, dopo 26 anni, in forma più discreta e contenuta, è assolutamente assimilabile.
Così nella presente versione sparisce il personaggio di Arikón (“maricón” in spagnolo equivale a “frocio” in italiano), parte affidata ad un attore comico, caricatura gay esagerata con tutti i tic “politicamente scorretti” tipici di un’epoca in cui l’omosessualità, tollerata di nascosto, veniva messa alla berlina. Viceversa i consigli delle tre vedove tebane alla novella sposa, da asservimento totale alla volontà del marito: “ cuidalo, mimalo, no le digas a nada che no” (curalo, vezzeggialo e non dire mai di no) si ribaltano in emancipata presa di coscienza della condizione femminile, se non addirittura “femminista”, senza per altro perdere lo spirito e l’ironia insiti nell’insolito terzetto.
Infine, colpo di teatro e di genio, il personaggio di Sul – la procace fanciulla babilonese offerta in omaggio al Faraone – è affidato a Enrique Viana, stupenda Drag Queen: non solo interpreta magistralmente i famosi couplets “babilonici”, talmente celebri da essere stati plagiati dal “nostro” Carlo Lombardo trasformandoli in “Tango delle manequins” nell’operetta Madama di Tebe, ma prende in mano il pubblico abbattendo la quarta parete e lo incita, prima i soli uomini poi tutti quanti a qualsiasi sesso e stato civile appartengano, a ripetere il celebre refrain: “Ay ba, ay ba, ay babilonio que marea, ay va, ay va, ay vamonos pronto a … Judea” con accompagnamento della non meno complice orchestra.
Il successo è stato delirante, con pubblico in piedi ad applaudire anche alla undicesima replica, a cui si riferisce la cronaca, delle 15 in cartello, tutte esaurite da tempo. Il cast ha risposto assai bene: le parti “liriche”, praticamente tutte, sono molto esposte e nel corso dell’atto unico della durata di circa un’ora e trenta (senza intervallo) sono richieste musicalità e vocalità proprie di titoli operistici. Ovviamente in questo caso la credibilità scenica, in particolare della bella Lota (il soprano Maria Rey-Joly) del baldanzoso generale Putifar, mutilato nelle parti intime, (il baritono Ramiro Marturana) ed il Casto José, che compare in scena praticamente nudo (il tenore Jorge Rodriguez-Norton, dal fisico palestrato) è di vitale importanza. Non di meno sono stati vocalmente, e soprattutto attorialmente, bravissimi. Molto bene la debordante Faraona del mezzosoprano María Rodríguez, il Faraone sempre brillo del baritono Enric Martínez-Castignani, la sognate Raquel del soprano Annya Pinto e l’imponente Gran Sacerdote, il Ranfis dell’operetta, del basso José Manuel Díaz. Molto divertenti gli attori Jesús García Gallera e Rafael Lobeto, rispettivamente Selha e Seti, attendenti del generale e menzione speciale alle tre esilaranti “vedove”: Ra, Amparo Soler, Sel, Amelia Font e Ta, Leticia Rodríguez.
Ottima l’orchestra della Comunidad de Madrid e sempre inappuntabile, molto partecipe scenicamente, il Coro Titular del Teatro de la Zarzuela preparato da Antonio Fauró. A dirigire il tutto, con grande spirito, ma anche con la dovuta ironica magniloquenza nelle scene corali e d’assieme, Carlos Aragón, il quale ha dispensato tempi, colori ed intenzioni adatti alla commedia, con divertita partecipazione anche nei dialoghi. La messa in scena, che andrebbe benissimo pure per un’Aida, si arricchisce con la scenografia perfetta firmata da Daniel Bianco, con i costumi fantasiosi, in parte attualizzati, di Gabriela Salaverri; perfetta l’illuminazione di Eduardo Bravo e scatenate le coreografie di Nuria Castejón, affidate a sei ballerini assai spiritosi pure nella recitazione.
A fine recita, coro e solisti si sono attardati nel ripetere, variando il testo, i fatidici couplets seguiti dal pubblico che, ripetendo a gran coro il ritornello, non si stancava di applaudire. Un’ora e mezza di spensieratezza allo stato puro: che gran medicina!
Andrea Merli