MILANO:  La Tilda – Francesco Cilea, 20 gennaio 2025

MILANO: La Tilda – Francesco Cilea, 20 gennaio 2025

LA TILDA

melodramma in tre atti

di

Anneldo Graziani

(pseudonimo di Angelo Zanardini)


Direttore Nicola Ferraresi

 

Personaggi e Interpreti:

  • Tilda Denia Mazzola Ferraresi
  • Gastone Yan Wang
  • Cecilia Wonjung Kim
  • Agnese Syuzanna Halobyan
  • Gasparre Giorgio Valerio
  • Mario Fulvio Ottelli

Coro Ab Haromoniae diretto da HsiaoPei Ku

Orchestra Sinfonica Colli Morenici

Sala Verdi del Conservatorio, 20 gennaio 2025


 Irriducibile paladina del repertorio dimenticato, specie il Novecento, la Giovane Scuola e la Scapigliatura, Denia Mazzola Gavazzeni, grazie all’instancabile lavoro di studio e ricerca operato dall’Associazione Ab Harmoniae Onlus di cui è presidente e fondatrice, propone per la prima volta dopo oltre cento anni e, soprattutto, dopo che la partitura era stata distrutta durante il primo conflitto mondiale nel 1915 da un malaugurato spezzone incendiario, La Tilda, opera giovanile di Francesco Cilea, la “prima” il 7 aprile 1892 a Firenze, che pure aveva goduto di una certa popolarità varcando persino i confini nazionale ed approdando nientemeno che a Mosca.

Il lavoro certosino di orchestrare lo spartito superstite, canto piano e per altro pieno di errori dovuti alla trascrizione, se lo è assunto Giancosimo Russo; dell’opera si era già eseguita una selezione a Parma nel 2021, ma solo ora giunge, seppure in forma di concerto, nella sua completezza.

Interessantissimo spartito che delinea già un Cilea maturo, ma soprattutto “diverso” pure nel Verismo innegabile del libretto di Angelo Zanardini, che si firmò al pari di Arrigo Boito per La Gioconda di Ponchielli di cui La Tilda è in gran parte debitrice, con lo pseudonimo Anneldo Graziani. La trama è presto detta: Tilda, cantatrice di strada al pari di Gioconda, appunto, s’innamora del ricco e borghese Gastone, a sua volta innamorato di Agnese (il parallelo con Laura di Ponchielli è evidente) e che tenta di sedurla col denaro trattandola quale donna facile senza capire i veri sentimenti che la animano. Per vendicarsi, l’offesa Tilda, libera il galeotto Gasparre, baritono che qui fa le veci di un bonario Barnaba, il quale per sdebitarsi sequestra Gastone ed Agnese. Finalmente, e in virtù di una provvidenziale Ave Maria, Tilda rinuncia all’azione malvagia, ma quando Gastone torna con la cifra del riscatto e, di nuovo, la offende, lei dichiara di aver pugnalato l’innocente Agnese. Preso dal furore, Gastone la ferisce con lo stesso stiletto e, al comparire di Agnese (il finale di Gioconda di nuovo) capisce il suo errore; mentre, Tilda muore perdonando tutti e benedicendo la coppia.

Tre atti assai brevi, per una durata totale di circa un’ora e mezza, caratterizzati da musica melodicamente ricca, ritmicamente varia – vi si inserisce pure un balletto nel secondo atto: il popolare Saltarello – e un trattamento delle voci, seppure in un’ottica già novecentesca, ancora legato alla tradizione romantica, motivo per cui l’opera e l’autore furono salutati come la prosecuzione del dettato verdiano dell’opera italiana, più e meglio di altri suoi colleghi contemporanei, iniziando da Mascagni ai tempi punta indiscussa dello stil novo.

Denia Mazzola, vi si getta anima e corpo e funge da motore trainante dell’intera operazione, poiché a lei corrisponde l’intera organizzazione, dall’orchestra, ottima quella Sinfonica Colli Morenici, al piccolo ma sufficiente coro a rendere anche le brevi parti di fianco, e pure il pur valente e dinamico direttore, Nicola Ferraresi che si lancia in una lettura appassionata, imprimendo un ritmo ed una tenuta teatrale senza cedimenti. Al suo fianco il veterano e sempre apprezzato baritono Giorgio Valerio, Gasparre, il tenore di bella voce e buona linea di canto Yan Wang, Gastone, il soprano Wonjung Kim, nella parte di Cecilia, figlioccia di Tilda, cui Cilea dedica due sognanti ed ispiratissime arie, il mezzosoprano Syuzanna Halobyan Agnese, la quale, oltre a partecipare alla toccante “Ave Maria”, duetta con Tilda come fecero prima Gioconda e Laura e come faranno poco più tardi Adriana Lecouvreur e la Principessa di Bouillon; infine Fulvio Ottelli nella doppia parte di Marco, fratello di Agnese e di Bisto, lo sbirro che conduce i condannati al patibolo nel primo atto.

Poco ma buono il pubblico che ha decretato un franco successo. La speranza che La Tilda possa essere rappresentata scenicamente, come sempre, è l’ultima a morire.

Andrea Merli

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