BARCELLONA: La traviata – Giuseppe Verdi, 17 gennaio 2025

BARCELLONA: La traviata – Giuseppe Verdi, 17 gennaio 2025

LA TRAVIATA

Giuseppe Verdi


Direttore Giacomo Sagripanti

Direzione di scena David McVicar

 

Personaggi e Interpreti:

  • Violetta Valéry Nadine Sierra
  • Flora Bervoix Gemma Coma-Alabert
  • Annina Patricia Calvache
  • Alfredo Germont Javier Camarena
  • Giorgio Germont Artur Ruciński
  • Gastone Albert Casals
  • Barone Douphol Josep-Ramon Olivé
  • Marchese d’Obigny Pau Armengol
  • Dottor Grenvil Gerard Farreras
  • Giuseppe Carlos Cremades
  • Servo di Flora / Comissionario Pau Bordas

 

Coreografia Andrea Giorgio

Scenografia e costumi Tanya McCallin

Illuminazione Jennifer Titton

Coro del Gran Teatre del Liceu (Pablo Assante, direttore)

Orchestra Sinfonica del Gran Teatre del Liceu

Assistenza alla Direzione Musicale Daniel Perpiñán

Produzione Gran Teatre del Liceu, Scottish Opera (Glasgow), Teatro Real e Welsh National Opera

Teatre Liceu, 17 gennaio 2025


Il 2025 prende felicemente l’avvio al Gran Teatre del Liceu con la ripresa de La Traviata, titolo popolarissimo che fa arricciare il naso ai melomani più incalliti, quelli che vorrebbero allargare vieppiù il repertorio, ma che garantisce invariabilmente il “tutto esaurito”, nel caso per le previste dodici recite in cui si alterna, ovviamente, un doppio cast.

Nemmeno si può dire che sia una novità l’allestimento, ripreso al Liceu già per ben due volte l’ultima in “clima di pandemia” ad assistenza “contingentata” nel mese di dicembre 2020 e nato in coproduzione con il Teatro Real di Madrid, la Scottish Opera di Glasgow e la Welsh National Opera. Trattasi del fortunatissimo e molto apprezzato spettacolo firmato per la regia da David McVicar -che si sta imponendo giustamente sulle scene spagnole- ripreso in quest’occasione da Leo Castaldi, scene e costumi di Tanya McCallin, luci di Jennifer Tipton, coreografia di Andrew George, tutti ripresi con fedeltà estrema e con ottimi risultati complessivi. Si tratta di una produzione classica, fedele a drammaturgia e rispettosa della musica con l’unica trasposizione temporale, inaugurata in Scala da Visconti, alla seconda metà dell’Ottocento: funziona benissimo. Spettacolo godibile e, soprattutto, che permette un abile gioco scenico senza inutili e pretestuosi stravolgimenti, anzi stimolando la recitazione e la partecipazione pure psicologica, oltre che attoriale, di solisti e del coro, caratterizzato in diverse “macchiette”, come sempre preparato in maniera ineccepibile dal bravissimo Maestro Pablo Assante.

Non meno felice la prestazione dell’orchestra, in grande spolvero sotto la bacchetta di Giacomo Sagripanti. Il 42enne Maestro abruzzese si conferma una bella realtà nel pur ricco panorama di direttori italiani. Oltre a dirigere senza partitura – ma si sa “La Traviata se sa, non se studia!” – ha il pregio di assecondare e sostenere idealmente il palcoscenico senza rinunciare a un’impronta personale: dinamiche accese e brillanti nei momenti di festa, apertura atto primo e poi in casa di Flora, impalpabili evanescenze non solo negli intensi preludi, specie al terzo atto, ma soprattutto nell’accompagnare i momenti lirici di maggior slancio amoroso, “Un dì felice eterea” finalmente sognante, “Parigi o cara” detto con la soavità e nostalgia di chi, nel rincorrere un passato perduto sa di non avere un futuro prossimo. Grande direzione, accolta giustamente con un il pubblico in piedi.

Pubblico che è scattato con un applauso misto a fischi (all’americana!) e urla incontenibili di “Brava!” all’apparire alla ribalta finale della protagonista, il 36enne soprano statunitense, ma di origini portoricane ed italiane con madre portoghese e padre americano, Nadine Sierra.

Ora, date pure la colpa alla vecchiaia che rende sensibili e nostalgici, devo ammettere che in circa sessant’anni di frequentazione teatrale non ricordo una Violetta così coinvolgente, intensa e commovente. Vorrei entrare nel dettaglio puramente tecnico e dire della sua voce, di qualità superiore, di timbro seducente, estesa, ricca di dinamiche che sfumano su tutta la gamma dei suoni, arricchita da una tecnica superiuore che le permette fiati prodigiosi, emissione fluida e sostenuta dal pianissimo al fortissimo, acuti stratosferici, messe in voce prodigiose come il legato perfetto, ed un ulteriore lungo eccetera. Di fronte ad un’interprete così completa e assoluta, è del tutto superfluo. Questa sua sicurezza vocale e musicale le permette un’interpretazione strepitosa per il senso che riesce a dare alla parola cantata, dosata nelle pause e nei tempi con un’abilità e bravura che si riconoscono solo in consumate attrici di prosa (grazie ancora a Sagripanti che la segue e che la “spinge” a recitare!), per il fraseggio incandescente, ma sempre misurato e volto a dare un senso alle note, alla musica. Oltre alla bravura nelle cadenze, alcune di firma propria e assolutamente inedite, ma di gusto controllatissimo, alle agilità sciorinate senza apparente sforzo e con estrema naturalezza, la sua Violetta conferma il dettato verdiano che vorrebbe tre soprano, una per ogni atto: la Sierra ci riesce perfettamente in un crescendo vocale e drammatico che conduce ad un terzo atto da antologia, con la completa esecuzione di “Addio del passato”, che solo così acquista la sua vera valenza musicale e drammatica, con un “Gran Dio morir si giovane” semplicemente da brivido. Lei, di modestia e cortesia impagabili, ammette di avere tenuto presente le “lezioni” della Callas e della Scotto, ma -si badi- senza tentarne inutili e nocive imitazioni, anche perchè la sua personalità e la “farina del suo sacco” (è ricca ed abbondante, credetemi) si impongono senza bisogno di paragoni. Che dire poi della bellezza che sprigiona dalla sua figura, dell’eleganza dei movimenti, della simpatia del suo sorriso che riesce a trasformarsi in maschera di dolore? Insuperabile.

In cotanta … ricchezza, il debuttante Alfredo del 48enne tenore messicano Javier Camarena, sebbene afflitto dai postumi di un raffreddore, è parso assolutamente all’altezza. Linea di canto controllatissima, acuti timbrati e sicuri, soprattutto lo stesso gusto della protagonista nel colorire, trovare intenzioni, fraseggiare con levità ed intensità nel contempo, da vero innamorato e senza eccessi testosteronici e dunque senza “spingere” cantando tutto sul fiato, con un’emissione perfetta. Bravissimo in “Un dì felice, eterea”, convincente in recitativo ed aria, e nella diffida della seconda scena del secondo atto, poi toccante, emotivamente partecipe nel finale dell’opera. Benissimo anche il 48enne baritono polacco Artur Rucinski, un nobile Papà Germont, autorevole ma non cinico, paterno con Violetta all’estremo di abbracciarla, effettivamente, qual figlia. Il suo “Di Provenza” e successiva cabaletta molto ben eseguiti così come i successivi interventi alla festa di Flora e nel finale.

Ben assortita la lista delle parti di fianco, iniziando dai cameo eseguiti da elementi del coro, il Commissionario di Alessandro Vandin, il Servo di Flora di Pau Bordas ed il Giuseppe di Carlos Cremades. Bene l’Annina di Patricia Calvache, esuberante la Flora di Gemma Coma-Albert e ben assortiti, sia vocalmente che scenicamente il Grenvil, con tendenza ad alzare il gomito, di Gerard Farreras, l’aitante Douphol di Josep-Ramon Olivé, il baffuto d’Obigny di Pau Armengol ed il calvo Gastone, Viscontino di Latoriere, di Albert Casals. Pubblico plaudente a teatro esautiritissimo, frequenti ovazioni a scena aperta, giubilo e delirio finale per oltre dieci minuti di applausi che non sarebbere terminati se non fosse calato il sipario.

Andrea Merli

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