TEATRO ALLA SCALA: La Calisto – Francesco Cavalli, 13 novembre 2021

TEATRO ALLA SCALA: La Calisto – Francesco Cavalli, 13 novembre 2021

La Calisto

dramma per musica in un prologo e tre atti

del compositore Francesco Cavalli

su libretto di Giovanni Faustini

basato a sua volta sul poema epico Metamorfosi di Ovidio

 

Direttore Christophe Rousset
Regia David McVicar

Personaggi e Interpreti:

  • Calisto Chen Reiss
  • Diana Olga Bezsmertna
  • Giove Luca Tittoto
  • Giunone Véronique Gens
  • Endimione Christophe Dumaux
  • Silvano Luigi De Donato
  • Mercurio Markus Werba
  • Linfea Chiara Amarù
  • Furia/Eternità Federica Guida
  • Furia/Destino Svetlina Stoyanova
  • Pane/Natura John Tessier
  • Satirino Damiana Mizzi

Scene Charles Edwards
Costumi Doey Lüthi
Luci Adam Silverman
Coreografia Jo Meredith
Video Rob Vale

Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici – Les Talens Lyriques

Nuova Produzione Teatro alla Scala

 

Teatro alla Scala, 13 novembre 2021


Il tardivo debutto scaligero di un’opera di Francesco Cavalli, La Calisto su libretto di Giovanni Faustini (molto liberamente) tratto da “Le Metamorfosi” di Ovidio, autentico capolavoro poetico e drammaturgico, non poteva avvenire sotto miglior segno: splendido allestimento, firmato da David McVicar – scena di Charles Edwards, costumi di Doey Luthi, luci di Adam Silverman, coreografia di Jo Meredith e video proiezioni di Rob Vale – squisita esecuzione musicale di Christophe Rousset a capo de Les Talents Lyriques e professori dell’orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici, cast semplicemente ideale.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Per quest’ultima produzione scaligera che precede il Macbeth inaugurale della stagione 2021/22 sono state proposte cinque recite, purtroppo non seguite da una risposta massiva di pubblico, vuoi per via del titolo e del fatto che il genere barocco non gode in Italia, in generale, della meritata fama, vuoi per il prezzo dei biglietti, che perdurando la pandemia Covid ed una crisi economica evidente, andrebbero comunque calmierati.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Sta di fatto che all’ultima recita, quella a cui si riferisce la cronaca, la sala offriva un consolante aspetto di tutto esaurito, vuoi per il passa parola mediatico, suscitato in gran parte sui Social, e soprattutto per la messa in vendita dei biglietti a prezzo ridotto, con affluenza di un pubblico nuovo, di giovani, come sarebbe auspicabile vedere sempre. Si aggiunga, in conclusione, che costoro hanno prestato un’attenzione assoluta, partecipando con evidente interesse a quanto avveniva in scena, ridendo addirittura per le situazioni davvero insolite, “sessualmente moderne” in tempo di pansessualità, che il pittoresco e divertente testo offre ai protagonisti.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Quest’opera in particolare, potrebbe essere davvero, incredibilmente per molti, il gancio per avvicinare un nuovo pubblico: innazitutto il recitar cantando, con l’ausilio dei sottotitoli ed in virtù anche dell’ottima dizione italiana dell’intero cast, rende fruibile e comprensibile il testo cantato, sebbene si tratti di un italiano ricco di una terminologia colta e che, in principio, richiede una conoscenza previa non solo della storia in sè, ma anche della mitologia, per altro ben illustrato il tutto dal succoso e preziosissimo programma di sala. Gli stornelli, infine, hanno il non trascurabile pregio della brevità. Le cadenze, i vocalizzi non appesantiscono l’ascolto, che viceversa può diventare difficoltoso a chi non è esperto e cultore dei dacapo e delle variazioni che infiorettano le arie delle opere successive. Insomma, ed in poche parole, siamo un passo avanti al pur divino Monteverdi, ma ancora distanti dalle “convenienze teatrali” a favore di virtuosi di vario genere.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

L’originalità di una musica e di un testo che nel 1651 non scandalizzava nessuno e che ci illustra con quale libertà, anticipando il sorgente secolo dei lumi, si vivesse a Venezia senza pregiudizi di sorta, imputando all’arcadia, agli dei dell’Olimpo le licenziosità che erano abbondantemente praticate da nobili e popolani. Tutto è garbatamente sottinteso, ma ci vuol poco a capire quanto si prodigasse con gioia la cofusione di genere, prima che ciò, quattro secoli più tardi, venisse regolamentato dal politicamente corretto. Calisto crede di amare Diana che è Giove travestito, Diana ama Endimione, contravvenendo le leggi divine che la vorrebbero casta. Nel mentre satiri e ninfe, capeggiati gli uni da Pan e da Silvano, da Linfea le seconde, ne combinano di tutti i colori, alla barba di un’acida, quanto impotente se non nel vendicarsi, Giunone.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Rousset dirige ammirevolmente il tutto con competente scorrevolezza e sostanziale aderenza stilistica senza mai perdere di vista il palcoscenico. Qui un unico ambiente ricrea l’osservatorio di Galileo Galilei, in cui si identifica Endimione, lo straordinario controtenore Christophe Dumaux, dalla musicalità perfetta e dalla voce preziosa, perfettamente in parte. Un enorme telescopio rotante al centro, un pavimento con i segni dello zodiaco ed una cupola stellata che si apre per farci vedere la Luna (Diana, qui chiamata con tutti i vari nomi: Cintia, Febea, ecc.) mentre ad intervalli regolari sulla circolare biblioteca si aprono delle enormi porte finestre da cui, con stupende proiezioni in movimento, si scorgono i vari passaggi di stagione e di ambiente, compreso un sggestivo cielo stellato e, nel commovente ed intenso finale, l’apparizione della costellazione dell’Orsa Maggiore. McVicar, grazie all’uso della passerella, riesce non solo a lavorare mirabilmente sul singolo artista, ma anche a creare quella complicità col pubblico che risulta un’ulteriore carta vincente della straordinaria rappresentazione.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Del cast si è nominato Endimione, tutti gli altri non son stati da meno: iniziando dall’intensa protagonista, Chen Reiss, passando alla veterana Giunone, l’imponente Veronique Gens ed il mercuriale, il caso di insistere, Mercurio di Markus Werba, il baritono di Villacco amatissimo alla Scala, qui a dir poco superlativo. E con loro il baldanzoso, sia vocalmente che scenicamente, Giove del basso Luca Tittoto, “doppiato” nelle vesti di Diana da Diana stessa, la bravissima Olga Bezsmertna, sia nelle vesti femmnili di donna innamorata, che in quelle gagliardamente maschili. “Bravi tutti” verrebbe da concludere: Pan e La Natura nel prologo, il tenore John Tessier, Silvano, il basso Luigi Di Donato, Federica Guida, L’Eternità ed una delle due Furie e Svetlina Stoyanova, Il Desiderio e Furia pure lei.

La Calisto – ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Meritano una menzione speciale il soprano Damiana Mizzi, Il Satirino che corteggia l’esilarante Linfea, il mezzozoprano Chiara Amarù. Entrambe gratificate da un irrefrenabile applauso a scena aperta ed entrambe godibilissime, sia per la spiccata vitalità scenica che per la rigogliosa ed inappuntabile vocalità. Bravissime!

Alla fine un trionfo assoluto, con ripetuti ed insistiti applausi. Manco fosse stato un Rigoletto od un Barbiere di Siviglia. Evviva Francesco Cavalli!

Andrea Merli

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