BARCELLONA: OTELLO – Giuseppe Verdi, 6 aprile 2021

BARCELLONA: OTELLO – Giuseppe Verdi, 6 aprile 2021

OTELLO

Giuseppe Verdi

Dramma lirico in quattro atti
su Libretto di Arrigo Boito basato sul dramma Othello di William Shakespeare

 

Direttore d’Orchestra Gustavo Dudamel
Regia Amélie Niermeyer
Personaggi e interpreti:
  • Otello Gregory Kunde
  • Jago Carlos Álvarez
  • Cassio Airam Hernández
  • Roderigo Francisco Vas
  • Lodovico Felipe Bou
  • Montano Fernando Latorre
  • Desdemona Krassimira Stoyanova
  • Emilia Mireia Pinto’
Scene Christian Schmidt
Costumi Annelies Vanlaere
Luci Olaf Winter
Vídeo Philipp Batereau
Produzione Bayrische Staatsoper Muenchen
Orchestra Sinfonica e Coro del Gran Teatre del Liceu
Direttore del Coro Conxita Garcia

 

Gran Teatre del Liceu, 6 aprile 2021


Nel perdurare della pandemia e nonostante la vaccinazione di massa predisposta a livello europeo proceda col contagocce, in Catalogna al Gran Teatro del Liceu – come del resto in tutta la Spagna – continua la programmazione teatrale, con la riduzione al 50 % del pubblico cui si impone l’uso della mascherina per tutta la durata dello spettacolo (ma va aggiunto che qui la mascherina fa parte ormai dell’abbigliamento quotidiano e non si vedono in giro volti scoperti), la misurazione della temperatura all’ingresso e la distribuzione del gel disinfettante per le mani: tutti protocolli richiesti ed obbligati, come del resto si è resa necessaria l’abolizione dei programmi di sala, scaricabili gratuitamente dal sito del teatro, del guardaroba e del ristoro durante gli accorciati intervalli, durante i quali si invita il pubblico a non abbandonare innecessariamente il proprio posto. Insomma, a dimostrazione che se un luogo sicuro esiste è ipotizzabile sia proprio il teatro.

Dal 27 marzo sono iniziate ben undici repliche del verdiano Otello, con un doppio cast: la cronaca si riferisce alla sera del 6 di aprile, terza replica, con il primo. Gregory Kunde oggi trova in Otello il ruolo più consono alla sua straordinaria longevità ed evoluzione vocale. Dirò di più: Kunde è sicuramente l’Otello di riferimento. La voce, sempre incredibilmente ferma, corre come si dice in gergo, proiettata con un’emissione esemplare che fa sembrare potentissimi anche i “pianissimo” dove mai si rifugia nel falsetto e con morbidezza stupefacente, ubbidisce sempre e solo alle regole del Belcanto, in cui è stata a lungo e con profitto adoperata. La tecnica, del resto, è una sola: quella… giusta! Il Nemorino, l’Ernesto donizettiani, l’Almaviva ed il Lindoro rossiniani, ora sono confluiti in questo straordinario “Moro di Venezia”, che ovviamente dati i tempi del politicamente corretto “moro” più non è, cui non difettano l’accensione violenta, ma mai gridata platealmente, la scansione perfetta della parola scenica, qui più che altrove determinante, il fraseggio infiammato, ma anche l’introspezione lacerante e commovente di questo invero monumentale personaggio verdiano. Si aggiunga la continua, ormai giunta a vette che sembrano insormontabili, maturità dell’artista che sviscera l’animo del personaggio con dovizia di colori, di dettagli nel saper dosare opportunamente il mezzo e, buona ultima, con una partecipazione attoriale davvero impressionante. L’accoglienza trionfale alla ribalta finale era, più che prevedibile, scontata. Seppur imbavagliata dalle mascherine la salva di “bravo” ha rintronato nella spaziosa sala.

Non minore il successo arriso allo Jago altrettanto straordinario di Carlos Alvarez, baritono malaghegno molto amato al Liceu. Personalmente ho avuto la sorte di seguire l’evoluzione in questa parte sin dal suo (credo) debutto a Siviglia circa venti anni fa. Già allora fu una presa di ruolo notevolissima, ora in piena forma vocale e, pure lui, raggiunta una maturità di interprete difficilmente superabile, il personaggio mefistofelico, seduttore e affascinante nella sua perversa malvagità, ne scaturisce in forma totale e piena. Il “Credo” è stato, sebbene la regia lo mettesse in difficoltà, come del resto tutti gli altri, proprio nel momento di massima concentrazione esecutiva, un momento di grande teatro musicale, una vera e propria “Master class” sulla esecuzione di un brano dove ogni sillaba va dosata, accentata ed interpretata. Pure nel “Sogno di Cassio” è parso superlativo per come ha reso le varie situazioni descritte dalla musica e dai versi. Un’altra memorabile interpretazione di cui si serberà a lungo la memoria.

Desdemona, costretta alla onnipresenza dalla demenziale regia e vestita in maniera imbarazzante specie nel terzo atto, era il soprano bulgaro Krassimira Stoyanova, ideale per dolcezza di emissione e colore della voce a rendere l’innocente vittima e pure dotata del giusto temperamento nell’affrontare, nel duetto del terzo atto, il geloso ed irascibile marito: festeggiatissima. Come del resto adeguato l’intero cast, scelto con cura tra elementi locali tutti tutti validissimi: una bella sorpresa, per qualità musicali e timbriche, il Cassio del tenore Airam Hernandez, una sicurezza scenica e vocale sia il tenore Francisco Vas, Roderigo che l’amorevole Emilia del mezzosoprano Mireia Pinto’. Altrettanto apprezzabili, pur nella brevità dei loro interventi, il basso Felipe Bou, Lodovico e il baritono Fernando Latorre, Montano.

A capo dell’orchestra del Liceu e del coro, questo istruito come sempre da Conxita Garcia, il venezolano Gustavo Dudamel, pure assai applaudito: una lettura infuocata e spinta nelle dinamiche più estreme, con pericolosa tendenza a coprire le voci, che ha garantito comunque una sostanziale tenuta teatrale.

Sullo spettacolo, importato dalla Bayrische Staatsoper Muenchen, sarebbe meglio sorvolare; raramente in scena alla noia e bruttezza (cosa fossero i costumi di Amelies Vanlaere è difficile da descrivere: una via di mezzo tra il trovarobato ed il mercato dell’usato) si è vista sommarsi una tale insulsa ed incongruente stupidità drammaturgica. La regia di Amelie Niermeyer prevede, tra l’altro, il “gioco” del fazzoletto, che nel secondo atto passa per tutte le mani, ivi compresa una seconda volta tra quelle di Otello, la presenza ossessiva del letto, spesso duplicato su più piani, e soprattutto come già detto, tenere in scena praticamente sempre Desdemona, la quale quindi assiste ai duetti tra Jago ed Otello. Una logica in tutto ciò? Mah! Mi metto sempre nei panni di chi vede per la prima volta l’opera e, in questo caso, è messo nella condizione di non capirci nulla.

Andrea Merli

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